Capitolo 9: un'enorme macchia bianca

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" Se hai paura di farti male, aumenti le probabilità di fartene sul serio. " Mathias Melzieu, "La meccanica del cuore".

La mattina seguente, gli avvenimenti di quellla sera mi sembrarono solo un sogno, la scena di noi due distesi sul letto, scorreva sfuocata nella mia mente , come se qualcuno avesse dimenticato di mettere a fuoco o come se stessi guardando un vecchio film in bianco e nero. 

E fu proprio allora, che successe di nuovo, mi dissociai dalla realtà ed osservai me stessa dall'alto prepararsi per uscire, quel giorno avevo appuntamento con il dott. Giubbeni. 

Osservai il mio corpo prima vestirsi, poi prendere le chiavi, uscire di casa, salire in macchina con la mamma, che parlava, ma io non la sentivo. Il finistrino abbassato, dal quale probabilmente arrivava molta aria, che mi scompigliava i capelli, non riusciva ad attirare la mia attenzione. Il sedile bollente per il caldo, che graffiava la pelle scoperta delle gambe, si sforzava inutilmente per ottenere una mia reazione. Le macchine mi sfreccivano accanto, fuori un mondo intero mi scorreva davanti agli occhi, ma era come se non riuscissi a vederlo. Forse gli occhi non riuscivano più ad inviare le immagini al cervello, come quando c'è poco linea e non si inviano i messaggi, oppure quelle immagini le stavo solo ignorando. Non so dirlo con precisione nemmeno ora, dopo tanti anni, ma ricordo di essermi svegliata da quel sonno interiore, di essere rientrata nel mio corpo solo quando varcai la soglia dello studio del dottore.

Ancora una volta mi sentii come se qualcuno avesse finalmente acceso la luce schacciando l'interruttore, mi riconessi alla realtà, nuovamente padrona di quell'insieme di carne, muscoli, sangue e tessuti, che era il mio corpo.

- Buongiorno Rosa, come sta andando il tuo rientro a casa?- chiese il dottore, aprendo un piccolo taccuino

- Credo bene... anche se a volte è come se non fossi mai rientrata-

- Cosa intendi? Non ti senti a casa?-

- No, però qualche volta mi capita di sentire le stesse cose, che provavo in ospedale-

- Okay e sono cose negative? Prova a descriverle- prese una penna blu e scrisse la data su un foglio

- Non saprei dire se sono negative... però in ospedale mi sentivo sola, perchè fondamentalmente lo ero, inoltre mi sentivo confusa, poi era tutto bianco.-

- Solitudine e confusione sono cose che si possono provare, ma il bianco... cos'è che rappresenta davvero il bianco?- 

- Non lo so... non credo sia il colore in sè a preoccuparmi, ma il fatto che sia un solo colore uguale ovunque. In ospedale era tutto bianco ed io avevo un problema che si stava ingigantendo, come una macchia aumentava, sporcandomi. Forse ora ha ricoperto tutto...- mentre parlavo iniziai a contorcermi le mani, stavo diventando nervosa, perchè non ero mai riuscita prima a parlare così tanto

- Stai andando molto bene, Rosa, stai tranquilla, dimmi quello che ti senti, io ti ascolto-

- Okay, ecco non so proprio come spiegarlo, ma ci provo...- mi presi qualche secondo di pausa per respirare e riflettere, poi continuai: - Il problema resta sempre la paura, ecco... non so di cosa ho paura, sono tante cose insieme- 

- Prova a dirmene una- disse il dottore, mentre faceva scorrere la penna sul taccuino

- Ho paura di non imparare a vivere-

- Mmmh... ok... dunque, spiegami meglio, per te cosa significa imparare a vivere?-

- Significa imparare a tuffarsi, ad esempio fare una nuova esperienza, vincendo la paura. Oppure riuscire a dire quello che si prova a qualcuno. Oppure smettere di mentire- mentre parlavo mi ripetevo nella testa che stavo andando bene e che dovevo continuare

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