Capitolo 28: Segreti

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"La barca dell'amore si è spezzata contro gli scogli banali della quotidianità. La vita ed io siamo pari, inutile elencare offese, dolori, torti reciproci. Voi che restate, siate felici."

Lettera di commianto di Vladmir Majakovskji  

Non toccai la bara bianca, perchè in fondo non volevo credere che lei fosse davvero lì dentro, preferii immaginare che fosse diventata una di quelle stelle, custodi silenziose della nostra storia.

Scesi lentamente le scale, ad ogni gradino era come precipitare a testa in giù nel vuoto più assoluto, quello che ti inghiotte, per poi risputarti masticato e ammaccato da un dolore incomprensibile agli occhi altrui.

Continuai a mantenere lo sguardo fisso sulla tessera del mosaico e ad oggi ci ho ripensato forse un milione di volte, ma ancora non sono riuscita a capire se esso cadde davvero proprio in quell'istante o se me lo immaginai. 

Ci sono tanti particolari di questa storia su cui ho diversi dubbi, ho vissuto gli ultimi giorni d'estate, come una maratone da portare a termine, senza fermarmi, senza guardarmi intorno, senza fiato, con il cuore che batteva all'impazzata per la paura di perdere tutto un'altra volta. Al tempo la mia testa era bombardata di domande a tal punto che mai mi chiesi cosa fosse vero e cosa no. 

Il giorno del funerale non mi avvicinai a Sonia, perchè il suo sguardo, quando si posava su di me, diventava di fuoco, si infiammava di una rabbia radicata nel profondo dell'anima, il sentimento d'odio verso la mia persona era talmente evidente da incuotermi paura. Gliela leggevo nelle iridi blu quella maledetta frase, le sue parole seguivano il contorno delle sue pupille, scalavano le vene rosse,si facevano sempre più grandi ogni volta che lei sbatteva le palpebre.

"Lui ha salvato te e non lei"  urlavano quegli occhi stanchi, cerchiati da profondi solchi neri e colmi di lacrime. 

Quel giorno pensai che tutti in quella chiesa fossero inavvicinabili, persino il prete e coloro che non conoscevo, soltanto quando raccontai per la prima volta questa storia, mi accorsi che in realtà l'unica irraggiungibile da tutti e da sè stessa ero io.

Avevo appena varcato il portone quando una mano mi toccò leggermente la spalla, non so come feci ad accorgermene, perchè quel tocco ebbe la stessa intensità di un battito d'ali di una libellula, eppure mi voltai. 

- Mi dispiace tanto Rosa, ti faccio le mie più sentite condoglianze, Anna era una ragazza fantastica e un'amica meravigliosa- Il suono della sua voce mi colpì, perchè realizzai di averlo sentito forse per la terza volta in vita mia e in qualche modo questo affidò maggior importanza a quelle parole, sapevo bene che lui parlava soltanto se strettamente necessario.

- Grazie, Enrico...- risposi quasi sussurrando. 

Egli mi osservò attraverso le lenti spesse dei suoi occhiali blu, poi si passò nervosamente una mano fra i capelli, lo vidi prendere un respiro profondo e fu come sentire la voce nella sua testa ripetergli: "Dai, Enrico, dì qualcosa! Dì qualcosa, ti prego!"

Strinse le mani a pugno nevosamente ed immaginai le sue unghie affondare nella carne del palmi, lasciandone il segno, successivamente iniziò a ciondolare prima su una gamba poi sull'altra, sembrava un bambino che sta per recitare la propria poesia a mamma e papà.

- Rosa, io....- non fece in tempo a completare la frase, perchè la mia attenzione fu catturata da una lunga chioma di capelli castani, talmente lunghi e talmente lisci da poter appartenere soltanto ad una persona.

Asia mi corse incontro per poi abbracciarmi, mi strinse talmente forse a sè che potei sentire il suo cuore martellarle nel petto. Soltanto quando sciolse l'abbraccio mi resi conto che piangeva, ma non come avrebbe pianto un'amica con la quale si è trascorsi pochi giorni in un cammpeggio, no, lei piangeva come se avesse perso parte della sua esistenza, ciò per cui aveva sempre creduto e fu allora che inizia a capire.

- Rosa, oh, Rosa, non ci sono parole per dirti quanto mi dispiace, davvero...- la voce venne spezzata dal pianto, che come un fiume in piena esplose dentro di lei.

- Scusa, Rosa, Asia è molto provata, sai... lei ed Anna...- Enrico mi gettò una rapida occhiata e adesso so che voleva dire "Ei, ma aspetta, davvero tu non lo sai?" , la risposta è no, non sapevo cosa stesse succedendo in quel momento e tanto meno potevo immaginare cosa mi riservava il futuro. 

Capii più avanti che noi esseri umani siamo talvolta dei veri e propri creduloni, perchè ci facciamo manovrare dalle stelle, dal futuro, dalla fortuna... quando ci succede una cosa brutta, una di quelle che ci stravolge la vita, la taglia a metà, lasciandoci soltanto due fette di niente in mano, crediamo che non possa mai andare meglio o peggio di così. Ci convinciamo stupidamente che quella sia la fine, ma  in realtà molto spesso non è altro che il trailer di ciò di ciò che deve ancora succedere. Questo perchè una vita tagliata a metà da un evento, potrebbe essere sempre divisa in altri migliaia di frammenti, finchè non ne rimane che un mosaico scomposto.

Mi fermai ancora qualche minuto a guardare Enrico consolare Asia, poi senza dire una parola, mi voltai e mi incamminai velocemente verso l'uscita, volevo andarmene, tornare in casa, chiudere a chiave la porta della mia stanza e lasciarmi andare, buttarmi sul pavimento come fosse stato un materasso e restare immobile, finchè non fossi stata più sicura di essere in vita. 

Stavo attraversando la strada, quando feci un passo più lungo per scansare due gocce di sangue sull'asfalto, soltanto dopo averle superate mi chiesi perchè ci fosse del sangue in terra, nel farlo alzai il capo e vidi un ragazzo suduto a gambe incrociate, con la testa piegata verso l'alto e un fazzoletto sporco stretto in mano.

Avevo capito chi fosse, ricordavo il suo nome, ricordavo quella notte davanti i bagni del campeggio, la paura che ebbi, le parole che lui mi diceva mentre mi toccava e mi tirava a sè e poi l'arrivo di Tommaso, le spinte, le urla e infine quel bacio. 

Nonostante tutto però, il corpo non ubbidì allo stimolo irrefrenabile di correre via, l'adrenalina che mi attraversava, invece che portarmi lontana, mi condusse proprio verso di lui.

-Ciao Simone- dissi con voce assente, quasi non fossi davvero lì, seduta al suo fianco.

Abbassò il capo e finalmente vidi i suoi occhi verdi, fece per dire qualcosa, ma non ci riuscì, scoppiò a piangere e come Enrico ed Asia, quello non era il pianto di un amico di qualche estate fa, era qualcosa di più profondo. 

- E' anche colpa mia- mi sussurrò ad un orecchio.

- Io le ho lasciato la mano, l'ho fatta annegare- ribattei.

- Te l'ho detto io di farlo- la voce di Tommaso mi colpì alle spalle come una pugnalata, mi voltai e li vidi tutti lì, dietro di noi, in piedi, avevano attraversato la strada per raggiungerci e non me ne ero nemmeno accorta.

- Io l'ho abbandonata- disse Asia.

- Io non l'ho aiutata quando mi ha confidato cosa stava succedendo- consluse Enrico, - Rosa, questa è per te- mi porse una lettera, era piegata a metà senza busta e sul retro c'era scritto: "Da Enrico, scusa se non te l'ho detto prima, ma questi erano i suoi segreti, non i miei" 










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