Il popolo del sottosuolo

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John si sistema il cappellino bianco e blu, mentre una certa canzone sui netturbini continua a girargli per la testa.

Non sei un punk, moccioso... Vogliamo parlare della vera spazzatura?

L'anziana signora che gli ha appena aperto lo guarda con sospetto, e a dirla tutta John se ne compiace un po'. Vuol dire che ha ancora un certo fascino, nonostante quel maledetto cappellino e l'uniforme che è costretto a indossare. Quel fascino da persona pericolosa, insomma, qualcuno che solo con lo sguardo suscita timore e avversione nelle persone. Soprattutto negli anziani.

John sospira e si prepara a recitare la solita frase che ha imparato a memoria.

«Salve,» esclama forzando un sorriso, «sono John di U-Cycle, il programma di riciclaggio di Urbana. Vuole che l'aiuti con la raccolta differenziata? No? Beh, posso almeno lasciarle dei fogli informativi per...»

Prima che possa finire la frase, la signora gli sbatte la porta in faccia. Un classico.

Gli è comunque andata meglio dell'ultima volta, quando un anziano lo aveva minacciato di infilargli il bastone da passeggio su per il culo se non se ne fosse andato subito.

John sbadiglia, gira i tacchi e si allontana dalla casa. Prende un foglio dalla tasca dei jeans e si mette a leggere la lista delle persone che deve ancora molestare per scontare il suo debito con la legge. Il caposquadra del suo programma gli ha dato quella lista di nomi e indirizzi, che sembra essere stata presa direttamente dall'elenco telefonico, e ha diviso i quartieri della città in parti uguali per tutti i partecipanti.

Mentre scorre con gli occhi la lista di numeri telefonici e indirizzi, il suo volto si illumina: la porta cui ha appena bussato era l'ultima. E non solo l'ultima del giorno, della settimana, del mese. John ha appena chiuso con i lavori sociali per sempre.

O almeno, si spera sia per sempre.

Questo vuol dire solo una cosa: sono le due di pomeriggio e l'estate, per John Chapman, è appena iniziata.

***

«Li conosci i Twisted Mistress?» esclama John, tenendo le bacchette a mezz'aria.

Quello che dovrebbe essere il primo giorno di prove per la nuova band non è altro che un noioso pomeriggio, in cui John cerca di riprendere mano alla batteria e Jason gironzola per il garage, cercando di non sembrare troppo inquietante nell'osservarlo, anche se sono lì per quello.

Jason si blocca sul posto, passa in rassegna nella sua testa tutti i gruppi che il più grande gli aveva consigliato, quelli che ha scoperto da solo, quelli che gli ha fatto ascoltare direttamente dalla sua collezione, ma niente. Quel nome non gli ricorda nulla. Alla fine si limita a scuotere la testa, sentendosi in difetto davanti alla più ampia conoscenza musicale di John.

«Sono un gruppo di queste parti,» continua John, alzandosi gli occhiali sulla testa. «E stasera li andremo a vedere.»

«Andremo?» ripete Jason, allarmato. Non ricorda il momento in cui è diventato il portaborse del batterista.

Ma John non lo fa parlare: «Ti serve una chitarra, no?» esclama. «Per tua fortuna il chitarrista della band è un mio cliente, e ha detto che mi regalerà la sua in cambio di un po' di roba gratis a fine concerto.»

Niente male, John, vorrebbe dire Jason, ma la novità della situazione, del concerto, e di un ambiente che non sente suo gli mette solo un'ansia micidiale.

«Non possiamo andare a prenderla, che ne so, a casa sua?» risponde. «Mi sembra un po' scomodo portarsi dietro una chitarra nel casino di un concerto.»

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