Appuntamento fisso

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Guardando attraverso il vetro della bottiglia, Valerie vede il volto di Dex deformato, allargato ai lati e con una bocca enorme. Per un attimo le ricorda quella volta al loro primo concerto, quando lui le aveva fatto provare quella roba, gli acidi, e per le successive ore aveva visto tutto intorno a sé così: distorto, ondeggiante, e dannatamente divertente.

Anche il suo umore e la sua creatività avevano giovato dell'esperienza; nei giorni seguenti aveva prodotto una serie di dipinti, disegni e bozze di copertine per i futuri album della band; poi, non contenta, una notte aveva iniziato a disegnare un fumetto sulla vita di Neftali e non aveva staccato la matita dal foglio finché non era stata sua madre, infastidita, a dirle di andare a pranzare. Poi era entrata in camera senza bussare e l'aveva trovata nel buio più totale, salvo per una lampada dalla luce fioca, con le persiane abbassate e una matita in mano, gli occhi spalancati e circondati da occhiaie e una marea di fogli attorno a lei, così tanti da ricoprire il pavimento della stanza. Sua madre l'aveva guardata con aria preoccupata, ma Val non era riuscita a capire quale fosse il problema di quegli scatti di creatività: non si sentiva così creativa e soprattutto felice da un bel po'.

E al momento, anche Dex sembra essere in uno stato d'animo simile. Non riesce a stare fermo, va avanti e indietro sul divano, saltella e la intrappola in un angolo per poi arrampicarsi sui braccioli, fingendo di surfare; ride come un ragazzino, la sua è una risata acuta e impossibile da ignorare, ma che a Val non dispiace.

È tutto il resto che la lascia ancora interdetta: non è abituata a stare lì, nella punkhouse dove Dex vive con altri ragazzi della scena di Urbana. È un vecchio covo di squatter, le aveva spiegato quando l'aveva invitata per la prima volta insieme a John e Jason. E per ora è casa mia. Beh, anche mia.

«Dai, Vally,» esclama Dex, per poi lanciarsi sopra di lei. «Fai bere un po' anche a me!»

Valerie ride, riesce a sfuggirgli all'ultimo. Cade di lato dal divano e finisce con le gambe all'aria, la lunga gonna nera che indossa le ricade sulle ginocchia, tutta spiegazzata.

«È finita,» sorride poi, mostrandogli la bottiglia vuota di vodka. Era già a metà, quando Dex gliel'aveva allungata, e i pochi sorsi che aveva fatto erano stati abbastanza per farle alleggerire la testa.

«Sei stata davvero forte, stasera, sai?»

Dopo il fallimento del concerto al parcheggio, Jason aveva obbligato lei e John a provare notte e giorno in vista del concerto di apertura per i Mistress, e Dex aveva proposto di tenere lì i concerti di prova, ogni sera fino all'esibizione al Beryl, rendendo così gli incontri nell'appartamento occupato una sorta di appuntamento fisso.

«Lo so, grazie,» sorride Val, accavallando le gambe.

«Il modo in cui suoni è... cazzo, è,» Dex gesticola, incapace di trovare un aggettivo degno della ragazza che si ritrova davanti. Si limita così a farle capire a gesti come il suo modo di suonare sia più o meno la cosa migliore capitata al punk dai Black Flag.

Valerie ride delle sue esagerazioni, e lui ne approfitta per avvicinarsi di un paio di passi, poi altri due, le si avvicina sempre di più fino a chinarsi verso di lei. È così vicino che potrebbe baciarla.

«Non dirlo in giro, ma sei meglio del mio bassista.»

«Devo ancora vedervi dal vivo per essere d'accordo.»

«Te lo assicuro io,» esclama il frontman. «A Ian manca qualcosa... qualcosa che tu, invece, hai.» Dex la fissa con un sorriso enorme sul volto, mentre con uno slancio le afferra le spalle, stringendole appena. «Eccome se ce l'hai.»

Tiene gli occhi incollati ai suoi, e quelli azzurri di Valerie sembrano quasi ipnotizzarlo; lei accenna un sorriso mentre l'altro continua a squadrarla da testa a piedi senza dire niente.

UrbanaWhere stories live. Discover now