Jason sistema la visiera del cappellino da baseball, mentre tiene il conto di tutti i ragazzini sui monopattini che riesce a scorgere.
Uno, due... tre. Ed eccone un altro.
Da quella volta che Simon gliel'ha fatto notare è impossibile non accorgersi di tutti i bambini che circolano da quelle parti.
«Non so se è una buona idea,» dice, poi, rivolto a Valerie. Lei alza le spalle.
«Non mi stupisce che la pensi così,» esclama l'altra con un sorrisetto.
«Già,» risponde vago Jason. Si guarda attorno e tutto ciò che vede è la distesa di cemento dove fino a poco tempo prima faceva pratica con Adrienne per scrivere canzoni.
L'idea di suonare in quel parcheggio abbandonato è stata, ovviamente, di John. Il piano principale, a sua detta, è suonare finché qualcuno non li caccia.
Qualche giorno prima, Adrienne se n'era uscita con l'idea di registrarli con il Sony CCD trovato tra le cose di suo fratello, in modo da testare il camcorder per futuri progetti. Insomma, non c'è molto da fare per fronteggiare Adrienne, soprattutto se poi John ci mette il pensiero e vuole accontentarla a tutti i costi: è così che si sono ritrovati lì a fare da cavia. Il parcheggio era stato scelto in quanto location suggestiva, ma anche come unico luogo in cui avrebbero effettivamente attirato qualche nuovo ascoltatore.
Valerie prorompe in una risata stridula nell'osservare John fare avanti a indietro dall'auto parcheggiata poco più avanti per sistemare la propria batteria.
«Non capisco perché è sempre il batterista a sgobbare,» esclama lui, affaticato, mentre si avvicina ai due, ma Jason, troppo preso dai suoi dubbi, si accorge effettivamente della presenza dell'amico solo quando gli schiocca due dita davanti.
«Datti una mossa, Pratt! Sei tu quello giovane tra i due!»
Poi, sempre più furioso, come un padre a cui è stata spenta la TV a tradimento durante la partita di football, si volta a indicare Valerie.
«Anche tu, ragazzina, non credere che sarò io a portarti qui il basso. Il tuo essere donna non ti salverà.»
Con un sospiro collettivo i due decidono che è effettivamente arrivato il momento di sgobbare anche per loro, quindi si avviano insieme all'auto.
«Oggi non sei in ansia per suonare?» domanda Val, mentre aprono la portiera e prendono chitarra e basso, al sicuro nelle rispettive custodie.
Jason, di tutta risposta, alza le spalle. Indossa la tracolla della custodia e poi si avvicina al bagagliaio, dove hanno posizionato gli amplificatori, un microfono con tanto di asta raccattata chissà dove e un piccolo generatore che John si è fatto prestare da Dex.
«Credo che la terapia d'urto a casa vostra abbia funzionato,» ribatte lui. «Non è che non me la stia facendo addosso in questo momento, ma almeno non rischio di scappare via.»
Valerie accenna un sorriso: «Se ci pensi, vedremo quasi le stesse facce,» osserva. Poi s'illumina: «Chissà se ci sarà anche Dex. Dobbiamo continuare il discorso dell'altra volta, mi sembrava molto interessato all'anatomia dei Grigi, ne abbiamo parlato per così tanto tempo!»
Jason non è sicuro che Dex stesse davvero ascoltando i suoi discorsi, ma forse si sbaglia. Magari il frontman degli Energy Drinks e Val hanno in comune un'inusuale passione per gli alieni.
«In ogni caso, ormai ci sono troppo dentro per aver paura di suonare in pubblico.»
«Basta fingere finché non avrai più paura per davvero,» osserva Valerie. «E poi, l'unica paura che ha senso qui è la paura di essere presi a botte da qualche fan dell'heavy metal,» continua, indicando con un cenno del capo un paio di skater con i capelli lunghi fino alle spalle e i jeans pieni di catene.
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Urbana
General FictionSono degli outsider da manuale, i Neftali's Heart. Nati durante le prime settimane estive del '91 in un'isolata cittadina del Midwest, i tre fondatori del gruppo non hanno assolutamente niente in comune, a parte l'essere fuori dagli schemi in un mod...