Il vero Jason

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Nei giorni successivi all'episodio delle riviste, Simon ha riflettuto molto. Fin troppo.

Ha passato un paio di notti in bianco a pensare a un piano, una strategia per far dimenticare a Jason il momento più imbarazzante della propria vita.

Tra le varie ipotesi, la prima e più ovvia è stata quella di tagliare tutti i rapporti: si estirpa il problema alla radice, ma è un po' drastica come scelta, e renderebbe la cosa troppo evidente. Dopo averci rimuginato ancora e ancora, ha optato per l'opzione più semplice: ignorare del tutto il problema. Se fai finta di niente, il problema non esiste. Basta avere la giusta dose di nonchalance, e quando il nemico abbassa la guardia, ecco che si cerca il suo punto debole per tornare a stringere il manico del metaforico coltello.

Così, qualche giorno dopo il concerto a Peoria, Simon riceve un'altra telefonata da Jason, che pare non volersi rassegnare alla sua costante elusione: questa volta si tratta di un invito al cinema, per un film uscito nelle grandi città da quasi un mese e che entrambi aspettano dal suo annuncio. La proposta di andare a vederlo insieme gli giunge inaspettata, e qualcosa dice a Simon che si tratta semplicemente del tentativo di mettere una toppa alla loro amicizia con più bassi che alti. Nonostante ciò, l'invito gli è subito sembrato il pretesto perfetto per mettere in atto il suo piano. Così, il giorno della proiezione, Simon si presenta a casa di Jason con largo anticipo, con la scusa di non aver niente di meglio da fare. Dopo essersi preso un paio di pizzichi sulle guance dalla signora Pratt, che per qualche motivo si è affezionata a lui sin da quando l'ha visto per la prima volta, si ritrova in camera di Jason ad aspettare che il tempo passi per uscire di casa e dirigersi al cinema.

«Allora...» il padrone di casa alza le spalle, senza saper bene cosa fare. Sotto lo sguardo indagatore di Simon si sente sotto esame, un estraneo nella sua stessa stanza. Ci sono mille cose in sospeso tra loro, e nessuno dei due sembra intenzionato a tirarle fuori. «Siamo un po' in anticipo, per uscire.»

«Già.»

Jason lo guarda, stranito. Più passa il tempo, meno riesce a capirlo. L'amico se ne sta seduto sul suo letto, senza dire niente. I vestiti che ha indosso, come sempre, sono belli larghi, jeans alle ginocchia e maglietta rossa, dritti dall'armadio di qualche parente parecchio più grosso di lui. I suoi genitori non si sognerebbero mai di comprargli dei vestiti nel suo stile, infatti dice sempre di avere l'armadio pieno di camicie e maglioncini mai indossati, che sono lì solo a prendere la polvere. Quello è il modo dei Becker per dimostrargli quanto poco approvino il suo stile di vita, per esortarlo a seguire le loro orme finché è in tempo.

«Vuoi qualcosa da bere?» Jason dice la prima cosa che gli viene in mente pur di rompere il silenzio, e Simon annuisce con foga.

Jason accenna un sorriso, un po' confuso da quell'entusiasmo, e si dilegua in cucina a prendergli qualcosa; nell'esatto momento in cui si chiude la porta alle spalle, Simon scatta in piedi e gira su sé stesso, dando un'occhiata generale alla camera.

Se fossi Jason Pratt, dove nasconderei i miei segreti?

Senza pensare oltre apre l'armadio, cerca tra i vestiti qualcosa di imbarazzante, ma niente. Solo magliette di gruppi che non conosce, camicie con le maniche tagliate, una marea di calzini sparpagliati ovunque.

Passa allora alla libreria, che ha tutta l'aria di essere infestata da diverse varietà di tarli, ma ciò che trova sono solo noiosissimi ed enormi romanzi classici e libriccini di poesie. Tutta roba che deve aver preso dalla libreria dei genitori nel salotto, per esporla nella sua stanzetta e sentirsi così un vero intellettuale. Simon si lascia sfuggire un sospiro seccato.

Si guarda intorno, mentre i poster di gruppi e film appesi alle pareti sembrano fissarlo e giudicarlo come il maniaco che, in effetti, sente di essere. Imperterrito, però, continua a cercare.

UrbanaWhere stories live. Discover now