Scena madre

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C'è una canzone di Eddie Cochran allo stereo. I cantanti rock'n'roll degli anni '50 e '60 sono il suo mondo, quando li ascolta Val balla senza fermarsi nella sua stanzetta finché le fanno male le gambe e non riesce più a muoversi. Di solito quello è il momento di dormire. O meglio, cenare e poi dormire, ma spesso si dimentica della cena e i suoi le portano qualcosa su. O la trovano che dorme già, e allora buonanotte e ci si rivede domani. La canzone è Summertime Blues. Tristezza estiva. Le sue estati sono sempre un po' tristi, ma perché il blu è associato alla tristezza? Valerie non riesce proprio a capire. Le sembra un colore così bello, non se lo merita. Anche le mura di camera sua sono blu. Azzurre, in realtà, tendenti all'indaco. Questa, prima, era la camera di suo fratello Simon, che i suoi avevano fatto ridipingere appena scoperto il sesso del loro primogenito.

Dopo un'altra piroetta la canzone finisce, e lo sguardo di Val viene catturato di nuovo sul volume di fisica acustica aperto sulla scrivania. Sono due giorni che lo legge senza sosta, da quando è andata a prenderlo in biblioteca, e non ci ha ancora capito niente. Ma ne ha bisogno, se vuole andare avanti col suo piano di comunicare con i Grigi. Due giorni che legge e due giorni che non dorme. Non è che non ci riesce, è il bisogno stesso di dormire a essere assente. Negli ultimi tempi capita spesso.

Anche la sera dopo l'incontro con quei due ragazzi della band, John e Jason, non aveva dormito. Qualcosa nel suo cervello le aveva imposto di suonare, un desiderio sicuramente nato dopo aver visto i loro strumenti così belli.

Non riusciva a pensare ad altro, quella sera, così appena era tornata a casa con suo fratello si era fiondata sul pianoforte in salotto e, una volta seduta sullo sgabello, si era messa a fissare i tasti neri e bianchi, e subito una certa angoscia l'aveva assalita. Suonare il pianoforte non è mai stato qualcosa che abbia fatto con piacere, ma i suoi da piccola l'avevano costretta a prendere lezioni; per disciplinarla, dicevano.

Quindi era là, Val, terrorizzata dal pianoforte ma desiderosa di suonare qualcosa, qualsiasi cosa. Era un bisogno impellente e mai sentito prima. Uno di quei desideri che ti nascono dal cuore dopo aver osservato gli altri fare qualcosa di figo.

Se loro lo fanno, posso anch'io, aveva pensato.

Così aveva portato le mani in alto, in corrispondenza dei tasti, e piano piano le aveva abbassate, fino al diretto contatto, sussultando alla sensazione dell'avorio totalmente liscio sulle sue mani, sgradevole come sempre. Aveva provato a suonare una semplice melodia blues, ma dopo nemmeno un paio di minuti era stata costretta a fermarsi e a spostare le mani da quello strumento così intimidatorio.

Anche i Grigi avrebbero paura di quel coso, è sicuro.

Un'altra canzone è quasi finita, e Valerie scuote con forza la testa per liberarsi di quei pensieri. Si avvicina al letto e vi si lascia cadere, poi incrocia le mani sopra lo stomaco, osservando con aria assorta il soffitto.

Chissà come se la passano John e Jason in questo momento. Staranno suonando ancora? La batteria di John può davvero sentirsi anche dallo spazio? Da casa sua non si sente proprio niente. Ecco perché ha bisogno della fisica acustica. In quel librone ci sarà di sicuro un modo per risolvere la cosa.

Valerie sospira, mentre una malinconica canzone di Buddy Holly – è sicura di sapere il titolo ma non le viene in mente – inizia a risuonare nella stanza. Ha voglia di suonare, ha bisogno di suonare. Uno strumento qualsiasi.

Tranne il piano. Il piano, no.

Ancora adesso, se ci ripensa, si sente male.

Gli angoli di quel dannato pianoforte le mettono i brividi.

***

Lo skate park non è molto affollato.

A dirla tutta, lo skate park non è nemmeno uno skate park. I ragazzi di Urbana lo chiamano così, ma non è altro che un vecchio parco giochi, riconvertito in parcheggio per un centro commerciale che avrebbero dovuto costruire nelle vicinanze, i cui lavori sono ormai fermi da anni. L'unica cosa compiuta è proprio quel parcheggio, una distesa di asfalto con alcune panchine alle estremità, e pieno di tubi e assi sparpagliati in giro, recuperati dal cantiere vicino e portati lì dagli stessi skater.

UrbanaWhere stories live. Discover now