CAPITOLO 12

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Buona domenica a tutti 🙂
Vi sta piacendo la storia?

DYLAN

Svolto ogni angolo delle periferie ma non la trovo.

«Dove cazzo sei?» dico a voce alta.

Guardo a destra e sinistra e mi blocco quando vedo due ragazze e un ragazzo che svuotano uno zainetto bianco, e lo riconosco, è quello di Alessia.

Mi avvicino frettolosamente e afferro il tizio dalla maglietta rossa sbiadita.

«Che cazzo vuoi?» afferma adirato.

«Dove hai preso questo zaino!» urlo ad un centimetro dal suo viso.

«Riprenditelo! Non ci sono soldi!» borbotta la ragazza.

«Dove l'avete preso?» richiedo agitato.
«Dietro la via del tabaccaio!»

Strattono questo coglione ed a passo veloce raggiungo la strada interna.

Rallento i movimenti quando la vedo seduta su dei gradini con le ginocchia strette  al petto e il volto nascosto sulle gambe.

Mi fermo davanti a lei con uno strano senso di pesantezza nel cuore, vederla così mi fa stare male. Mi piego alla sua altezza, senza volerlo vedo la mia mano avvicinarsi alla sua nuca.

Non farlo Dylan, che cazzo fai! Fermati!

Mi trattengo e la ritraggo.

Emetto un sospiro profondo.

«Alessia.»

La chiamo con voce calma e pacata.

Lei sobbalza e lentamente alza il volto, la osservo da vicino per molto tempo: ha un fisico bellissimo. Alta nella media, magra, le curve situati nei giusti posti che danno un tocco di sensualità al suo fisico delicato. Ha una carnagione mediterranea, con capelli biondi tinti  e due occhi color ambra, con delle ciglia lunghe naturali, ha un nasino piccolo che sporge all'insù e una bocca carnosa rosa.

«Tu...» biascica.

Ha gli occhi inondati dalle lacrime, e il mio desiderio di consolarla e abbracciarla si fa prepotente dentro di me, vorrei dirle di non piangere, che nessuno le farà del male perché ci sarò sempre io a proteggerla, ma so che queste promesse sarebbero fasulle, perché sono una persona contorta, noi due siamo sbagliati vicini.

«Dylan!» singhiozza e mi getta le braccia al collo.

E allora cedo, avvolgo le mie braccia dietro alla sua schiena e la stringo a me. Il mio cuore inizia a battere troppo forte perché soffre, sanguina, lei è una spina dolorosa del mio passato che non riesco a togliere perché è conficcata nella mia pelle e lacera la mia anima.

Subito dopo si lascia andare a peso morto e la stringo di più.

«Dylan!»

Dietro di me sento il rumore di un veicolo, mi volto e vedo Stefano nella sua auto. Scende e si avvicina a noi.

«Che succede?»

«Ha perso i sensi.»

«Cazzo che facciamo?»

«Portala a casa.»

«Io?»

«Sì tu!»

La prendo in braccio e mi avvicino al veicolo, Stefano apre lo sportello posteriore e l'adagio sul sedile, la osservo qualche istante; ha l'aria pallida e le guance rigate dalle lacrime.

«E tu?» chiede.

«Prendo l'autobus, vai, portala a Roma da suo padre.»

«Va bene, ci vediamo domani a scuola?»

«Forse» rispondo.

***

Cammino per le vie della piazza, con il cappuccio in testa della felpa e il capo chinato, osservo l'asfalto e le mie scarpe ad ogni passo che faccio.

«Dylan?»

Alzo lo sguardo e vedo Michela, la barista.

«Ciao», dico con il tono della voce stanco.

«Ti va di venire da me, ho casa libera stasera.»

Sorrido e annuisco.

Una bella scopata per dimenticare il mio passato.

Per dimenticare quella spina fastidiosa che turba il mio maledetto cuore.

Per dimenticare quella spina fastidiosa che turba il mio maledetto cuore

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