CAPITOLO 6

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'Che diavolo ti è preso? Ti metti a fare confidenze personali all'assistente?'

Reign attraversò la reception, aprì le porte girevoli e uscì sul marciapiede, sentendosi la bocca secca e il cuore che batteva ad uno strano ritmo. Per qualche secondo, camminò avanti e indietro.

'Sei fuori di testa o cosa?!'

Fece un paio di bei respiri, permettendo al cervello di iniziare a ragionare meglio sull'accaduto. Okay, non era né pazzo, né incosciente... Non aveva divulgato segreti di stato. Non aveva infranto una specie di patto del silenzio punibile con la morte.

Aveva detto a Minerva che era stato dato in affidamento perché sarebbe stato strano tenere segreto qualcosa che era da tempo di dominio pubblico. Sì, era qualcosa che non menzionava volentieri e lo aveva detto come se fosse una cosa da niente, poco importante, ma vedere i genitori di Minerva nel suo ufficio gli faceva capire che non era così.

Mangiare con loro gli aveva riportato alla mente ricordi che erano ancora delle ferite aperte, cicatrici sul suo cuore che non sarebbero mai sparite. Poi, come spinto da qualche forza invisibile ma molto potente, Reign si era voltato e lei era lì, così presente, e viva, così rassicurante e così vicina da poterla toccare. Ed era stato così dannatamente tentato a farlo... Tentato ad abbracciarla, a baciarla, a...

"Che diavolo..." disse piano e si passò nervosamente le dita nei capelli.

Si fermò ad aspettare che il semaforo diventasse verde. Poteva ancora sentire l'ondata di calore che lo attraversava, la forza del desiderio. Non ricordava di essere mai stato così attratto da una donna, soprattutto da una donna che conosceva appena. Ma starle vicino gli aveva fatto girare la testa e guardarla negli occhi lo aveva eccitato così tanto da farlo perdere la ragione... quasi.

Il semaforo divenne verde e Reign si affrettò ad attraversare la strada. Aveva un incontro con alcuni banchieri che si erano improvvisamente innervositi riguardo ai termini che aveva proposto per l'acquisto di una fabbrica. Doveva preoccuparsi di coccolarli, non di pensare a Minerva Martin in termini poco logici.

Non aveva tempo per un'attrazione fuori luogo e ridicola, così insensata che non avrebbe dovuto neanche farci caso. Tutto quello che voleva da Minerva Martin era che facesse il proprio lavoro come da lui richiesto sin dal primo giorno.

Mentre lui... lui doveva fare il suo.

"Esattamente," mormorò, annuendo leggermente.

Entrato nella reception, Reign ripensò ai termini del contratto per ". Per lui, tutto quello che aveva già stipulato nel contratto era più che perfetto. Non avrebbe cambiato niente, neanche una virgola. Doveva far sì che i banchieri la vedessero come lui.

Dopo due ore passate a cercare di alleviare le preoccupazioni di autocrati testardi e senza una briciola di fantasia, Reign riattraversò la strada. Per quanto fosse stato persuasivo, gli avevano detto di cambiare il contratto. E anche se le discussioni con i banchieri gli avevano fatto dimenticare ciò che era successo quella mattina, non era qualcosa che lo rendeva felice.

Con la testa piena di fatti e numeri, prese l'ascensore per il suo ufficio. Era così preso dal suo lavoro che probabilmente non avrebbe neanche salutato Minerva, se non fosse stato sorpreso dal grido di... gin?!

Si fermò. Alla scrivania di Minerva, con un pacco di cibo cinese alla sua destra, una tazza di caffè alla sua sinistra e un mazzo di carte tra sé e Minerva, era seduto Rodrigo Navarro.

Basso e tondo in vita, ma vestito elegantemente con un completo sartoriale blu notte molto elegante, Rodrigo gli sorrise.

"Buon pomeriggio, caro Reign."

LA BELLA ASSISTENTE & IL CEOHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin