14. Katharina

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Il tragitto dall'ufficio all'ospedale non mi parve mai così lungo. Il cuore batteva a un ritmo forsennato e io temevo di sentirmi male sull'autobus, continuava a tornarmi in mente il discorso fatto il giorno prima e non potevo fare a meno di pensare che mio padre stesse già male e me l'avesse nascosto.

Quando avevo visto il nome del dottor Baumgarten lampeggiare sullo schermo dello smartphone, avevo capito subito che era successo qualcosa, ci eravamo scambiati i numeri privati proprio per situazioni del genere e in anni di cure non aveva mai chiamato.

Entrai nel reparto quasi di corsa, intenzionata ad andare dritta alla camera di mio padre, ma Sarah, che era di turno quel giorno, mi chiamò facendomi fermare.

«Cosa è successo? Ieri stava bene.» Sentivo il panico espandersi dentro di me ad ogni respiro, mi ero autoconvinta che fossi pronta per qualsiasi cosa, la verità invece era che non riuscivo a far altro che pregare che stesse bene perché non volevo perderlo.

Pronta un cavolo. E quella domanda seguita da un'affermazione così ingenua lo dimostrava.

«Ti spiegherà tutto il dottor Baumgarten.»

Se c'era una frase che avesse il potere di spaventarmi ancora di più non lo sapevo, ma quella, pronunciata con un tono così serio, fece aumentare ancora una la mia paura.

«È stabile almeno?» Esalai pregando per una risposta positiva, avevo un groppo in gola che rischiava di farmi scoppiare in lacrime ad ogni parola che riuscivo ad articolare. Sarah strinse le labbra in un'espressione contrita che non mi piacque per nulla ma alla fine annuì e mi fece strada fino allo studio poco vissuto del medico.

Ero stata lì dentro poche volte da quando eravamo venuti a conoscenza del cancro di mio padre ma era diventato velocemente uno di quei luoghi che si odiano solo perché ogni volta che vi ci si ritrovava all'interno si ricevevano cattive notizie e quella volta sembrava non essere destinata a far eccezione.

«Sta peggiorando non è vero? E le ha chiesto di non dirmelo.» Andai dritta al punto non appena mi accomodai sulla sedia davanti alla scrivania. Dietro di essa, l'espressione austera del chirurgo non prometteva nulla di buono.

«Avevo le mani legate finché suo padre era cosciente, mi dispiace, altrimenti glielo avrei detto subito.»

Avevo immaginato una risposta del genere, il consenso implicito era un terreno pericoloso per qualsiasi medico e quando ricevevano istruzioni precise da un paziente circa il non dire qualcosa ai propri familiari non potevano far altro che attenersi a quelle indicazioni. Quando però si verificavano casi del genere e bisognava prendere delle decisioni importanti tutto decadeva e il parente più prossimo doveva essere informato di tutto, mia madre ci aveva lasciato prima ancora che io compissi quindici anni quindi rimanevo solo io.

«Capisco.» Replicai quindi asciutta, non era colpa sua ma in quel momento un pizzico di rabbia verso mio padre aveva fatto capolino e io non ero in grado di processarla in maniera del tutto razionale. «Quanto è stato brutto l'attacco? Si è trattato ancora di epilessia?»

Era la conclusione a cui ero giunta prima ancora di entrare nella struttura, da una parte le convulsioni erano un male familiare in maniera quasi confortante, sapevamo come combatterlo e io mi ero documentata talmente tanto che forse mi faceva un po' paura, d'altra, proprio perché ne sapevo abbastanza da temerle, ero fin troppo coscia di quali e quanti danni potessero fare.

Baumgarten annuì prima di spiegare.

«Le convulsioni sono durate più del solito e suo padre ha perso conoscenza durante mentre erano ancora in atto, motivo per cui abbiamo preso la decisione di tenerlo sedato per almeno ventiquattr'ore. Questi episodi si stanno facendo sempre più frequenti e i farmaci anticonvulsivanti stanno progressivamente perdendo la loro efficacia motivo per cui terremo suo padre sotto un controllo più stretto.» Con la familiarità di chi fa quel gesto molte volte ogni giorno, si sfilò gli occhiali e cominciò a pulirli con il bordo del cardigan che indossava mentre aggiungeva: «Non le mentirò, la situazione si sta aggravando e sta cominciando ad intaccare i reni.»

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