15: nastro n.7, 29 Giugno 1997

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La scorsa volta non mi soffermai abbastanza sulle ragione le quali avevo deciso di assecondare l'inusuale richiesta di Jed Parker e diventare un sicario per un giorno.
Ma, ad essere onesti, non c'era molto su cui soffermarsi, Ezra.

Non avevo ancora completamente accettato ed interiorizzato questo mio dono e non volevo incrementare la furia omicida. Avevo più paura di venir catturato e gettato in gattabuia che accettare questa mia vocazione.

In effetti, i giorni a seguire l'omicidio di Jed furono pesanti. Si era ripresentato il circolo vizioso della prima volta.
Mi ero completamente estraniato, di nuovo. Sembravo un bambino in punizione, come se mi fosse stato proibito di uccidere - invece avevo semplicemente deciso che era ora di reprimere questa mia parte cattiva -.

Mi ritrovavo a vagare per i corridoi dell'ospedale come un cucciolo smarrito, che non sapeva dove doveva stare.

Delegavo il lavoro a chi era di turno assieme a me, scusandomi dicendo che ero tremendamente impegnato con una ricerca a cui stavo lavorando; invece passavo il tempo a fissare la libreria nel mio ufficio e chiedermi come era riuscito Mattia Pascal a fingersi morto e crearsi una nuova vita altrove senza troppo scrupoli, mentre io ancora non riuscivo ad interiorizzare questo mio talento che, parliamoci chiaro, sapevo di star sprecando standomene con le mani in mano a maledire me stesso.

Per non pensarci più avevo iniziato a buttare giù delle bozze per una vera e propria ricerca per non far insospettire troppo i miei colleghi. La prima cosa che mi venne in mente fu lo studio di come gli abusi ed i maltrattamenti subiti da una persona potessero interferire nel cambio della loro psiche e trasformarli in assassini.
Non avevo basi solide su cui basare la mia ricerca, non si era ancora iniziato a supporre che ciò che quei bambini avevano dovuto subire si sarebbe trasformato, poi, in una furia omicida a trecentosessanta gradi.
Si sta parlando solo ora di iniziare ad analizzare i cervelli di, ormai, defunti serial killer, che avevano donato i loro resti alla scienza per testare alcune delle teorie emerse da tanti diversi studi in merito a cosa potesse spingere una persona ad ucciderne un'altra, senza un'evidente e plausibile ragione.

Abbandonai subito quell'idea, ero in anticipo con i tempi. Non fossi stato rinchiuso qui, avrei potuto pensarci un paio d'anni fa, avresti letto il mio nome su tutti quegli studi clinici, te lo assicuro.
Sconfitto, continuai a pensare a quanto mi sarebbe piaciuto essere un stravagante personaggio di Pirandello e non dovermi crogiolare su come tornare in careggiata.

Fortunatamente la mia settimana lavorativa finì. Portai il lavoro a casa, chiudendomi nel mio studio per poter riflettere sulla ricerca che, nonostante avessi avuto un paio di colpo di genio, non portai mai a termine.

Una Domenica, me ne stavo seduto sul divano a pensare, e pensare, e pensare... Mi stavo spremendo le meningi, come si suol dire. Quando Rose mi si avvicinò, mi chiese di preparare il piccolo Leonard per la messa - a cui lei non mancava mai - e mi chiese di accompagnarli.
"Lo sai, Rose, che a me non interessa di quella roba là", fu questa la mia risposta. Lei non insisteva mai, lo sapeva com'ero fatto.

Così girò i tacchi e continuò a fare ciò che stava facendo, mentre io, sorpreso, mi soffermai a pensare che, forse, starmene in Chiesa per due ore ad ascoltare il prete blaterare di Dio, Gesù e tutto il resto, avrebbe reso felice mia moglie.
"Rose, ho cambiato idea! Mi aiuti a scegliere cosa mettere?".

La messa in sé, è stata - in parte - un po' una grandissima rottura di coglioni, perdonami il francesismo. Almeno finché il prete non aveva iniziato a parlare di qualcosa che aveva catturato la mia attenzione, così avevo smesso di guardarmi attorno ed avevo iniziato ad ascoltare attentamente.

È stato illuminante, sai? Si era messo a parlare di come non dovevamo sprecare il dono di Dio, di come regalava ad ognuno un talento che avrebbe dovuto coltivare nella vita, perché era ciò che avrebbe plasmato la sua vita e reso ciò che era predestinato ad essere. In poche parole, ti regalava un talento perché era quello che voleva che tu facessi nel futuro.

Non era sicuramente un'illuminazione che mi avrebbe portato a recarmi a messa tutte le Domeniche per il resto della mia vita, però capii che avrei dovuto seguire questo dono di cui mi aveva omaggiato. Non avrei più rifiutato L'arte di uccidere nella mia vita. Quando la vocazione chiamava, avrei dovuto rispondere.

Mi sentivo invincibile. Nessuno mi avrebbe fermato ora che avevo accettato ciò che Dio voleva che io diventassi.
Quella Domenica, l'esecutore di New Orleans aveva iniziato la sua ascesa.

Rose non ne è al corrente, ma in parte è anche grazie a lei se ho seguito la mia arte. Immagina se non mi avesse mai chiesto di accompagnarla a messa, quel giorno... avrei sicuramente continuato a seguire quelli che pensavo fossero solo impulsi, e avrei continuato a sentirmi sbagliato.
Rose non lo saprà mai, perché ne morirebbe se lo sapesse, ma è grazie a lei se non mi sono più sentito sbagliato.

Il giorno dopo iniziai la mia settimana lavorativa sotto una nuova prospettiva, i miei colleghi mi dissero che sembravo molto più sereno e "senza pensieri", e mi ci sentivo così. Era il primo giorno della mia nuova vita.

Oggi, mio caro Ezra, ti svelo un altro segreto. Come vedi, sto giocando a carte scoperte.
Alle precedenti visite ti ho parlato di Ian, poi di Jed.. oggi, invece, ti racconterò di Amanda Collins.

Amanda Collins aveva sedici anni ed era stata ricoverata nel mio reparto dopo un tentato suicidio a scuola. Un giorno aveva deciso che ne aveva abbastanza della vita e si era recata al piano più alto della scuola con l'intenzione di buttarsi giù. È stata fermata in tempo, ma i segni della sua schizofrenia paranoica c'erano già da tempo, solo che non erano stati colti.

Amanda non era una persona molto sociale, a detta sua le voci nella sua testa le aveva proibito di relazionarsi con qualsiasi persona. "Aveva già troppa compagnia", si sentiva dire dalle voci.

Le avevano proibito di parlare persino con me, mi diceva, ma per quella volta soltanto, aveva deciso di disobbedire alle voci. Non mi svelò subito il perché, ma fu abbastanza intuitivo dal modo in cui arrossiva ogni qual volta la guardassi o le rivolgessi la parola: Amanda aveva una cotta per il suo psichiatra.

Cercai quasi subito di trasferire la paziente ad mio collega e non dovermene occupare, mi metteva alquanto a disagio sapere che quella ragazzina aveva una cotta per me. Purtroppo, però, nessuno accettò il caso. Pensavo d'essere stato molto convincente mentre cercavo di scaricarla ad altri.

Avevo trattato alcuni casi di schizofrenia paranoica, ma non avevo mai trattato un caso dove la paziente manifestava una spiccata simpatia nei miei confronti e, ad essere onesto, mi metteva quasi a disagio. Ma proseguii secondo la tabella di marcia. Avrei programmato delle sedute di terapia nel mio ufficio - come facevo con tutti i pazienti - per stabilire la cura più adeguata e avrei chiesto ad u tirocinante di presenziare a tutte quelle sedute, così da non ritrovarmi in qualche strana situazione che avrebbe recato danno all'ospedale.

Vedo che il tempo a nostra disposizione sta per terminare, quindi per rendere una lunga storia una storia breve: un giorno, nel mio ufficio, Amanda tentò di baciarmi.

Mi sembrò di mancare di rispetto a mia moglie, nonostante avessi rifiutato le sue avances. Mi sentivo di aver tradito Rose, quando in realtà, non era successo nulla.

Due sere dopo, Amanda morì. Nessuno si chiese mai il perché di quella morte improvvisa, nessuno si faceva più domande quando capotava di perdere dei giovani pazienti ricoverati in psichiatria. Amanda morì ed io mi sentii più vivo che mai. Non provavo rimorso, non più. Mi sentivo elettrizzato e libero, finalmente.

L'esecutore di New Orleans aveva iniziato la sua ascesa e difficilmente sarebbe riuscito a fermarsi.

L'arte di uccidereWhere stories live. Discover now