9: nastro n.4, 8 Giugno 1997.

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L' A R T E
D I
U C C I D E R E

Guarda un po', che bel pensiero! Ad essere onesto.. non me lo sarei mai aspettato, però lo apprezzo moltissimo. Mi manca usare i miei diari per annotare le cose che succedono nella mia vita, ora non ne succedono molte, ma mi ci metterò d'impegno per usufruire del tuo regalo.

Son proprio contento, non riesco a togliermi il sorriso dalla faccia. Però dobbiamo continuare, alla fine sei qui per lavorare. Allora, dove eravamo rimasti? Fammici pensare.. 
Oh! Stavamo parlando dei miei diari e credo di non aver menzionato un dettaglio importante riguardo al contenuto d'essi.

L'ultima volta che ci siamo visti ti ho parlato dei miei diari preferiti: di quello rosso e di quello verde. Ho dimenticato di menzionare il fatto che non ci annotavo mai quando avrei ucciso una delle mie vittime uomo o come succedeva. Semplicemente non era di mio interesse. Non li uccidevo perché volevo farlo, ma ero costretto a farlo.

Non amavo particolarmente dover uccidere gli uomini, non mi davano alcuna soddisfazione quando capivano che stava per arrivare la loro ora. Semplicemente accettavano ciò che stava per succedere, ormai era fatta, non lottavano per la propria vita. Che noia!
Non meritavano un posto speciale nei miei diari, non meritavano nemmeno la mia attenzione. Nemmeno alla polizia importava più di tanto, molti di loro all'inizio erano stati definiti morti per overdose. La feccia di New-Orleans. Non li avrebbero certo collegati a me.

Li uccidevo perché era.. inevitabile. Alcuni di loro sapevano troppo, oppure non avevano saldato i loro debiti, oppure avevano visto, inconsapevoli di aver visto. Non potevo certo mettere la mia libertà nelle loro mani, che loro scegliessero se dovevo vivere la mia vita con la mia famiglia oppure in prigione, rinchiuso in isolamento... Già, non era compito loro.

Quando parli di debiti, cosa intendi esattamente?

Non ne ho la faccia, lo so bene. Ma tendevo a giocare d'azzardo ed ero molto bravo. Capitava di rado una brutta mano, o la sfortuna che mi girava attorno. Così più vincevo, più mi piaceva aiutare le persone in difficoltà. Sai, non volevo che mia moglie lo scoprisse che giocavo d'azzardo, perciò quando vincevo cifre abbastanza alte che l'avrebbero fatta sospettare di qualcosa, aiutavo quei disgraziati malati di gioco. Mi faceva sentire bene, e meno in colpa con me stesso per qualche assurda ragione.
Loro promettevano di saldare il debito entro una determinata data ed io mi segnavo, su un taccuino nero, il loro nome, la somma che avevano preso in prestito e la presunta data di ritorno... Peccato che la maggior parte di loro non rispettavano mai le loro stesse scadenze e mi venivano a supplicare in ginocchio di avere più tempo, sempre più tempo.. Quanto tempo avrei dovuto dargli? L'eternità?!

Io odio dover fare la parte del cattivo e loro mi rendevano il lavoro così difficile, perché mi toglievano il divertimento di vederli supplicare, strisciare a terra come insulsi vermicelli e perdere la dignità.

Voglio dire, avrei dovuto ridere delle loro misere vite, invece mi obbligavano a rendere onore alle promesse mantenute. Potresti pensare, ma quali promesse?
Quando prestavo loro dei soldi, indossando il mio miglior sorriso, non mi restava che concludere la serata dicendo loro che se non me li avessero restituiti – e cito le mie esatte parole – "giuro su Dio, se non me li restituisci mi toccherà ucciderti".
Non sono di certo un sadico, ci mancherebbe altro, aggiungevo una leggera risatina alla fine di quella frase cosicché non si cagassero addosso immediatamente. Ma, purtroppo per loro, io sono un uomo di parola.

Così loro non mi restituivano i miei soldi ed io dovevo attenermi a ciò che avevo promesso loro, non che ne avessi molta voglia. Come dicevo prima, uccidere gli uomini non mi recava le stesse soddisfazioni che provavo qualora uccidessi una donna. Non avevo adrenalina in corpo. Mi sembrava d'essere un tiratore scelto, non prova nessun tipo di emozioni ad uccidere una vittima la quale qualcun altro voleva morta. Per il tiratore scelto era una lavoro che veniva eseguito in cambio di soldi.
Non provavo nessuna emozione, quasi mi sentivo apatico mentre gli iniettavo la pozione magica e piano piano questi esalavano l'ultimo respiro. Quand'era tutto finito, me ne andavo, li lasciavo lì, non mi importava di nascondere il cadavere perché per me la vittima uomo non era così importante come il mio solito standard di vittime.
Mi consideravano un sicario, avevo svolto il mio lavoro e non mi restava altro che andarmene e lasciarmi tutto alle spalle.

Sai qual è la cosa divertente? Non scuotere la testa, è una domanda retorica, è ovvio che non sai la risposta.
La cosa divertente è come ho ricevuto il soprannome l'esecutore di New Orleans. Ci sarebbe da pensare che questo mio soprannome sia arrivato dopo che i media hanno collegato il modus operandi dei miei omicidi sulle donne ritrovate, ma non è così.
Quando ho ricevuto questo soprannome le forze dell'ordine incaricate di indagare sugli omicidi, erano convinti ci fossero due diversi serial killer a piede libero, poiché il modo in cui mi liberavo delle donne era diverso, più curato e meticoloso, quasi non volessi che nessuno le trovasse, mentre con gli uomini non mi impegnavo molto.

Ecco, ho letto in un quotidiano che le autorità pensavo che chiunque fosse responsabile degli omicidi di quei poveri uomini stesse portano a termine un lavoro ben specifico, che mi stessi liberando di loro sotto ordine di qualcuno più potente di me – tipo qualche mafioso che mandava i suoi tirapiedi a riscuotere il pizzo. Perciò per loro quelle morti erano diventate delle esecuzioni, avevano capito che quelli non avevano mai saldato i loro debiti e così avevano scontato la loro pena. Avevo letto che secondo loro avevo un complesso di superiorità e che li trattavo come le guardie carcerarie trattavano un condannato a morte alla sua esecuzione.

È divertente perché avevo già ucciso quasi una decina di donne quando loro avevano iniziato a collegare gli omicidi degli uomini. Questo mio soprannome mi è stato appioppato a causa degli omicidi che ritenevo noiosi, privi di adrenalina, non l'ho ricevuto per la mia arte, ma per le mie bozze incartocciate nel cestino.

"Andiamo, oggi dobbiamo staccare prima"-

L'arte di uccidereWhere stories live. Discover now