Battiti di Paura

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Toni's pov
La notte scorsa ha avvolto la città come un sudario di ghiaccio, stringendo le strade deserte in un'unica grande preoccupazione. Tutti erano attaccati ai televisori, le luci bluastre degli schermi illuminavano i volti contratti dalla tensione, mentre le notizie si susseguivano con un ritmo incessante. Chi imprecava, chi tremava, chi pregava di non essere il prossimo sulla lista di quell'assassino. Il killer di cuori è tornato. E nessuno sa chi sarà la sua prossima vittima. Provo quasi una certa invidia nel sapere che gli è bastato un solo omicidio a Detroit per guadagnare la completa attenzione delle autorità locali e internazionali. Il nostro passato oscuro, le nostre azioni sanguinose sono rimaste nell'ombra, dimenticate dalla storia. Abbiamo ucciso decine di persone negli ultimi tre anni e il massimo che abbiamo ricevuto è stato un minuscolo articolo sull'ultima pagina di un giornale sconosciuto. La gente avrà visto la carta accanto al cadavere ed è impazzita. È solo un modo narcisista per farsi conoscere. Ridicolo. Prima di addormentarmi la scorsa notte ho cercato di ricordare l'esatto momento in cui ho sentito lo sparo. La mente si attorciglia in un labirinto di ricordi confusi, ma nulla emerge dalla nebbia. Il vuoto assoluto. Mi chiedo chi sia questo killer e perché abbia scelto proprio il nostro bersaglio. Che motivi lo hanno spinto a sabotare la nostra missione? È stato un caso o ci conosce? È questa la domanda che non mi dà pace. Mentre esco di casa, abbraccio il freddo che avvolge la città come un mantello. Il mio respiro si trasforma in vapori di nebbia, sospesi nell'aria gelida. Il vento ulula tra i vicoli bui, portando con sé il sapore acre dell'incertezza. Avvolta nel mio cappotto nero, avanzo con passo deciso. Il freddo mi penetra fin dentro le ossa e non posso fare a meno di guardarmi le spalle. Molti pensano che essere un killer significa non avere paura. È il contrario invece. La sentiamo il doppio, semplicemente non lo mostriamo. Uccidiamo la paura così come uccidiamo le nostre vittime. Senza pietà. La brutalità di questa città ci ha formato. Abbiamo imparato ad uccidere solo grazie a noi stessi, mai stati membri di una gang o killer di persone importanti. Non abbiamo mai voluto dipendere da qualcuno. Subito i miei pensieri vanno al nostro nemico. Da chi ha imparato? Lavora per qualcuno? Con le abilità di Jug nel rintracciare chiunque, sono sicura che presto avremo delle novità. Mentre la mia giornata inizia nel diner, la città di Detroit è in preda a una frenesia silenziosa, come se ogni angolo nascondesse un segreto oscuro pronto a emergere. Le strade sono deserte, tranne per qualche anima che si affretta a sbrigare le proprie faccende. Tutti sembrano essere in allerta. Il killer con cui abbiamo a che fare è versatile. Non importa se sia giorno o notte, il suo colpo arriverà comunque. Il diner è il mio rifugio apparente, il luogo dove posso fingere di essere una persona normale. Parlo con le persone, accetto le mance dei ragazzi, talvolta partecipo nei pettegolezzi di studenti universitari. Indosso il mio grembiule con un sorriso sulle labbra, mentre la mia mente pensa a come uccidere la prossima vittima del nostro piano. Non ho ancora idea di chi sia, ma questa volta non mi farò scappare la mia preda. La città è sconvolta mentre io aspetto solo che l'assassino si faccia vivo di nuovo. Mentre servo caffè e colazioni, il mio sguardo si sposta costantemente tra i volti dei clienti, cercando un qualsiasi segno di nervosismo o tensione che possa tradire la loro identità nascosta. Domande innocenti si dipanano dalla mia bocca come fili di seta, intrecciandosi nei discorsi casuali con i clienti mentre cerco disperatamente di catturare qualche frammento di informazione utile. Hai sentito parlare dell'assassino arrivato ieri?, Hai visto qualcosa di strano? Le risposte sono vaghe, evasive, nessuno sa niente. I flashback dei giorni universitari affiorano nella mia mente. Ricordi di notti insonni passate a preparare gli esami per la mia facoltà di psicologia. Ognuno di noi andava bene a scuola, ma l'adrenalina dei nostri piani era imparagonabile ad un esame andato a buon fine. Ricordo ancora la serata in cui abbiamo deciso di iniziare questo percorso insieme. Eravamo seduti nella sala comune, i laptop accessi e decine di fogli sparsi mentre analizzavamo l'ennesimo criminale. Ricordo di come Sweet si sia lamentato della quantità di pagine da studiare per il suo esame di ingegneria ed io che ho scherzato sul fatto che dovessimo creare un gruppo criminale e mollare gli studi. Tutti abbiamo iniziato a ridere tranne Fangs. Lo abbiamo guardato confusi e ricordo ancora i suoi occhi che ardevano della realtà. Per lui non era un'utopia. Ci aveva già pensato. Non avevamo nulla da perdere effettivamente. Eravamo giovani e idealisti allora, convinti di poter cambiare il mondo con la nostra determinazione e il nostro impegno. Ma la realtà crudele della vita ci ha schiaffeggiato con la sua brutalità, costringendoci a fare scelte necessarie. Il nostro addestramento è stato rigoroso e meticoloso, ogni dettaglio studiato e analizzato fino alla perfezione. Abbiamo imparato a camuffare le nostre emozioni, a mascherare i nostri intenti dietro sorrisi falsi e parole gentili. Ma ora, di fronte a questa nuova minaccia, sento la mia maschera scricchiolare sotto la pressione. Mentre il sole sorge lentamente, i miei pensieri continuano a scontrarsi. Mi ritrovo a domandarmi com'è fatto, se è il tipo da andare in discoteca o se preferisce stare in casa. Quando avevamo appena iniziato i nostri studi sui serial killer, pensavamo che fossero persone dalle abitudini singolari, e nella maggior parte dei casi era così, ma successivamente ci siamo imbattuti in killer che erano proprio come noi. Andavano all'università, uscivano con gli amici tutte le sere. E poi quegli amici sono stati trovati tagliati in pezzi nel sotterraneo. Che destino interessante. Se qualcuno vedesse il nostro gruppo per strada penserebbe che siamo tutti studenti che si ubriacano i sabato sera e cercano di portarsi avanti con lo studio. Lasciare l'università, soprattutto per Jug non è stato facile. Il piano era ancora incerto e abbandonare gli studi sembrava una pazzia. Era il miglior studente della facoltà di informatica e lasciare quel posto ha significato per lui dare il cento per cento nel nostro piano. Per me e Fangs è stato facile mollare mentre Sweet Pea continuava a rimuginarci sopra ogni giorno, tanto che ad una certa eravamo sicuri che non ci avrebbe seguito. I primi mesi sono stati difficilissimi, chi faticava in palestra, chi non riusciva a centrare un bersaglio da cinque metri di distanza, chi ancora non riusciva a sferrare un pugno decente. Non nego che ci sono stati momenti in cui ognuno di noi ha pensato che non ne valesse la pena, che era tutto troppo rischioso, un sogno di quattro adolescenti che volevano giocare ai criminali. Sweet, la prima volta che abbiamo ucciso una persona ha vomitato per tutta la notte. Ora uccide senza pensarci sopra. Fangs non riusciva neanche a toccarsi le punte dei piedi, adesso fa capriole in aria e si cala negli edifici come un ragno. Jug ed io avevamo una bassa autostima, adesso crediamo nelle nostre qualità. Grazie a questo piano siamo riusciti a tirare fuori il meglio di noi, creando una squadra letale. Mentre le ore passano ed io servo caffè ad un tavolo vicino la finestra, sento il telefono vibrare nella tasca dei jeans. Il telefono di lavoro, penso mentre mi accingo ad entrare nel bagno e chiudermi la porta alle spalle. Tiro fuori il telefono usa e getta che abbiamo tutti nella squadra e mi appoggio al lavandino.
Toni: -dimmi Jug-
Jughead: -tra quanto finisci?-
Toni: -mezz'ora, perché?-
Jughead: -hanno consegnato il pacco. Lo apriamo insieme?- i nomi in codice sono diventati anch'essi un qualcosa che abbiamo dovuto introdurre nella nostra comunicazione. Anche se usiamo telefoni usa e getta c'è sempre il rischio che le nostre conversazioni possano essere registrate.
Toni: -certo, quaranta minuti e sono lì- Jug è ossessionato dal tempo, come se ogni singolo istante fosse inciso nella sua mente con precisione chirurgica. Anche il più piccolo ritardo da parte nostra diventa motivo di reprimende da parte sua, ma del resto lo si può capire. Tardare anche di un secondo durante una missione significa andare dietro le sbarre. Dopo aver riagganciato il telefono, mi rannicchio dietro al bancone del diner, osservando il movimento monotono dei clienti mentre affrontano la loro routine quotidiana. Sono ormai le cinque del pomeriggio, il mio turno à quasi finito. All'improvviso, tre auto della polizia sfrecciano velocemente davanti al locale, rompendo la tranquillità apparente della mattinata. Tutti si voltano allo stesso istante ed io credo di sapere esattamente cosa ci sarà nel pacco.















Heart KillerOnde histórias criam vida. Descubra agora