Via col mare

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Cheryl's pov
Molti erroneamente credono che essere un killer significhi vivere nell'ombra, isolati dal mondo, intrappolati in una bolla di solitudine e silenzio. Li fanno sorridere le immagini di individui cupi e distaccati, usciti dalla trama di un qualche film noir. Ma la realtà è ben diversa. Chi è un killer deve conoscere le persone dieci volte meglio di un comune passante per strada. Prima di diventare cacciatori, noi serial killer siamo amici, chiacchieroni, amanti delle feste. Non mi sono mai considerata parte della schiera di quei killer con la mente distorta, alienati dal mondo a causa di qualche disturbo mentale. Non dico che la mia mente funzioni perfettamente, ma quando è in sintonia con il mio lavoro, le cose sembrano andare più lisce. Ho incrociato centinaia di vite grazie alla mia abilità di conversazione. Ho studiato uomini e donne, scovando i loro punti deboli in pochi minuti di chiacchiere, tanto che dopo una cena o un semplice incontro sociale, avevo già tracciato il piano perfetto per eliminarli. Credevo fermamente di avere un talento superiore nell'analisi psicologica degli altri, di poter scrutare nell'anima di chiunque. Ma in questi giorni, quella convinzione è stata messa alla prova. Nella mia vita ho visto persone implorarmi, piangere ai miei piedi, supplicare per la loro vita. Ma non ho mai sperimentato cosa significhi essere messi alle strette. La frase che ho sussurrato in macchina era verità pura. Da quel primo incontro, quella ragazza ha catturato la mia attenzione. Ogni singolo secondo trascorso con lei è stato ripetuto nella mia mente come un ritornello ossessivo. Ero infuriata, più di quanto avrei mai ammesso. Ho reagito nell'unico modo che conosco: uccidendo. Ho fatto fuori l'uomo coinvolto nell'omicidio di mio padre. Mi ero ripromessa di evitare chiunque fosse stato coinvolto nella sua morte, ma dopo quel breve scambio di parole, ho ceduto alla rabbia. È la persona più irritante che abbia mai conosciuto eppure, ironicamente, sto iniziando ad apprezzarla. Non sto dicendo che diventeremo migliori amiche, ma potremmo essere due compagne di squadra con un rapporto... Pacifico, almeno. Le lancio un'ultima occhiata dal finestrino prima di parcheggiare, osservando il suo viso pallido e affaticato. I suoi occhi chiusi suggeriscono che abbia perso coscienza di nuovo, un'evasione necessaria da tutto ciò che la sta tormentando. Gocce di sudore le bagnano la fronte, tracciando un percorso di debolezza e sforzo. Senza esitazione, mi affretto a prenderla in braccio, sentendo il suo peso contro il mio petto come un carico di responsabilità che non posso ignorare. Con il gomito suono il campanello, pregando che quell'uomo sia qui. Che sarà lui ad uscire e non qualche persona normale che cercherà di chiamare la polizia. I secondi passano senza risposta e suono il campanello di nuovo. Lo suono una, due, tre volte fino a quando non sento finalmente dei passi provenire dall'interno della casa. Quando un volto appare di fronte a me, un senso di sollievo mi pervade come un'ondata di calore. I miei polmoni si riempiono di aria fresca, il mio cuore rallenta il suo ritmo frenetico, e la mia mente ritrova la sua lucidità.
: -Allin, cosa diamine- la sua voce si spezza mentre sposta lo sguardo da me ad Antoinette, avvolta tra le mie braccia. Non conosce il mio vero nome, nessuno l'ha mai saputo eccetto i miei genitori.
Cheryl: -mi serve il tuo aiuto- dichiaro con un tono che non ammette repliche. Lui mi osserva per un istante, il dubbio dipinto sul suo volto, mentre io sono pronta a tutto pur di far entrare quella moretta in questa casa e vedere lui all'opera. So che può farlo, e non mi fiderei di nessun altro oltre a lui.
: -suppongo di non avere scelta...- mormora, aprendo la porta per farmi entrare. Liberato il tavolo della cucina, mi fa cenno di posizionare Antoinette proprio lì, supina.
: -cos'è successo?- domanda con la sua consueta calma, mentre io mi avvicino al tavolo.
Cheryl: -eravamo in missione e le cose non sono andate come previsto," spiego, cercando di nascondere l'ansia che mi stringe la gola.
: -posso immaginare. Lavori in squadra adesso?- chiede con un sarcasmo che non riesco a non apprezzare. Nel mentre che conversiamo, lui prende delle forbici, punti e una bottiglia di vodka. La versa prima sulle sue mani e successivamente sulla spalla di Antoinette. Osservo il suo volto contorcersi in una smorfia di dolore, mentre la sua mano cerca una superficie alla quale aggrapparsi. Trova la mia mano e la stringe con forza. È una sorta di vendetta, lo so, eppure la lascio fare. Sento il dolore che la sta tormentando.
: -te lo ribadisco anche oggi, non posso garantirti nulla- annuisco mentre sento le sue unghie affondare nella mia pelle con un leggero brivido. Sam afferra un coltello dalla lama affilata e inizia a incidere la ferita, facendo scaturire un fiume scarlatto di sangue. È abile nel suo mestiere, eppure non posso negare la vaga preoccupazione che mi attraversa.
: -la pallottola è conficcata abbastanza in profondità. Dovrò tagliare di più- spiega Sam mentre il suo sguardo serio si posiziona sul mio.
Cheryl: -rischierà di perdere il braccio?-
: -possiamo solo sperare di no- risponde spingendo con decisione la lama ancora più in profondità e Antoinette urla a pieni polmoni.
Cheryl: -va tutto bene- la sua mano stringe ancora la mia, con talmente tanta forza che potrebbe rischiare di rompermi il polso. L'uomo accende il fornello e posiziona la lama sopra il fuoco.
: -questo farà male, molto. Potrebbe subire uno shock. Ma è necessario-
Cheryl: -procedi- dico senza pensarci. Non posso permettere che perda il braccio o peggio che muoia su questo tavolo in mezzo al nulla. Sam procede con attenzione, posizionando la lama bollente sulla ferita aperta. La reazione di Antoinette è immediata, mentre si contorce sul tavolo gridando. Entrambi cerchiamo di mantenerla ferma e le lacrime le scorrono rigogliose lungo il volto. Il suo petto si alza e si abbassa a intervalli regolari e ben presto inizia a tremare. Sam va in camera e appoggia un lenzuolo sopra quel corpo così forte ma che adesso sta lentamente cedendo al dolore. Alla fine riesce ad estrarre il proiettile con delle pinze mentre entrambi esaliamo un sospiro di sollievo. Come previsto, ha avuto uno shock a causa del dolore troppo grande però Sam dice che si riprenderà. Dormirà forse per qualche altra ora e poi serviranno all'incirca quattro settimane per riprendersi completamente.  
: -bene, mi dispiace dirtelo ma avrò degli ospiti tra mezz'ora e devo ripulire tutto...-
Cheryl: -certo, grazie- gli stringo la mano abbracciandolo, ringraziandolo altre due volte prima di uscire dalla casa. Posiziono Toni sul sedile in modo tale che sia sdraiata e subito dopo siamo già partite.
Cheryl: -stiamo tornando all'hotel, è tutto a posto, voi?- dico nel microfono.
Jughead: -stiamo tornando anche noi, abbiamo chiamato un taxi. Lei come sta?-
Cheryl: -è in uno stato di shock a causa del dolore adesso. Dormirà per qualche ora ancora. Il medico mi ha detto che serviranno all'incirca quattro settimane prima che la spalla si riprendi completamente- loro non sanno che è colpa mia, non ancora, ma se dovessero scoprirlo, non credo che avrò speranze di raggirare la loro rabbia.
Con un ultimo sforzo riesco a mettere Antoinette a letto. La vedo muoversi leggermente e quasi sospiro nel vederla cosciente. Prova solo più dolore in questo modo. Mi siedo sul materasso, guardandola attentamente. È la prima volta che si mostra debole. Cerca di mettersi a sedere ma strizza gli occhi lasciandosi ricadere con un gemito.
Cheryl: -resta sdraiata, cosa pensi di fare?- dico alzando forse di troppo il tono.
Toni: -non voglio dormire qui, non voglio sentire il tuo odore- sospiro.
Cheryl: -è per il tuo bene Topaz, starai più comoda- riesce ad aprire gli occhi guardandomi con odio. Prende grandi boccate d'aria prima di parlare.
Toni: -sai, odio ammetterlo ma tu sai proprio come farmi piangere. Mai nella vita avrei pensato di incontrare qualcuno che sarebbe riuscito a farmi soffrire così tanto in così poco tempo- si ferma per qualche secondo prima di continuare. Se il suo modo di distrarsi dal dolore lancinante è quello di sferrare odio su di me che lo faccia senza pietà. Me lo merito.
Toni: -siamo sempre stati un'ottima squadra. Le missioni andavano bene, eravamo felici. E poi sei arrivata tu. E da allora tutto sta andando a rotoli-
Cheryl: -è la prima volta in una squadra per me-
Toni: -non sto parlando solo della missione di oggi. Sto parlando del nostro primo incontro, della festa, di quando sei venuta a lavoro. Sei la creatrice del mio caos interiore- parla lentamente, come se da un momento all'altro dovesse perdere coscienza.
Cheryl: -ne discuteremo dopo. Devi riposare adesso-
Toni: -no Allin, ne discuteremo adesso, perché sono stanca di vedermi rovinare la vita da una come te-
Cheryl: -da una come me in che senso?- cerco di mantenere il controllo, lo sto facendo per lei, ma neanche con tutti i tentativi del mondo riuscirei a diminuire l'odio che prova per me.
Toni: -sicura di sé stessa, che pensa che le sue azioni non abbiano nessun impatto sulle persone circostanti. Sai, il mondo non gira intorno a te, ma chi sono io per convincerti del contrario-
Cheryl: -va bene, il nostro primo incontro non è stato pacifico. Io non conoscevo te e dovevo proteggermi. Pensi che solo perché sono un'assassina di fama mondiale non mi preoccupi di certe minacce?- qualcosa cambia nel suo sguardo.
Toni: -mi consideravi una minaccia?- ho due scelte di fronte a me. Mentire, la più semplice o dire la verità. Non ho nulla da perdere in fondo. Non è un uomo, tanto meno un nemico. Posso aprirmi. Per la prima volta.
Cheryl: -sì. Prima del nostro incontro ho spiato tutta la tua squadra, ma ho spiato soprattutto te. Vedevo come lavoravi al diner, di come camminavi per i vicoli bui da sola senza paura, di come ribattevi ad ogni commento di qualche uomo malizioso. Sono cose che attirano- continua a guardarmi, un'espressione mista a dolore e curiosità. 
Cheryl: -purtroppo non posso farti la stessa domanda, dato che ogni cosa che faccio fa solo aumentare il tuo odio- non è una frase detta con tristezza, sto solo cercando di essere onesta e lo sa anche lei. 
Toni: -già- dice semplicemente chiudendo gli occhi. Continuo ad osservarla, non sapendo se sia sveglia o se la fatica delle ultime ore abbia avuto la meglio. Osservo completamente il suo volto, le ciglia lunghe, alcune cicatrici sugli zigomi, un taglio sul labbro inferiore, i capelli sparsi sul cuscino. Non posso fare a meno di chiedermi cosa abbia superato per diventare la donna forte che è oggi. Quali dolori ha superato e come il suo cuore è diventato di pietra. È interessante fantasticare sulla vita degli altri, ho sempre trovato conforto nel farlo. In molti mi hanno definita menefreghista ma spendo notti intere a pensare alla vita delle mie vittime o alle persone che anche per una sola volta hanno incrociato la mia strada. Do un'occhiata all'orologio e vedo che sono le nove. I ragazzi dovrebbero essere qui tra poco. Ed io non voglio vedere i loro volti preoccupati per un qualcosa che ho creato io. Suppongo che una passeggiata mi farà bene. Tolgo il vestito mettendolo nella mia borsa. Dovrò sbarazzarmene in qualche modo o le donne delle pulizie avranno dei sospetti. Mi faccio una rapida doccia e quando sento l'ascensore fermarsi al nostro piano, segno che gli amici di Antoinette sono tornati, sto ormai scendendo le scale e uscendo dall'hotel. Al contrario di Detroit, qui l'aria è calda, con un leggero vento che mi spettina i capelli. Cammino sul lungomare, guardando la miriade di gente che a quest'ora sta ancora fuori a bere qualcosa o semplicemente a chiacchierare con gli amici. Cammino a testa alta, nonostante l'enorme peso che mi schiaccia la mente. Penso al fatto che oggi è stata la mia prima missione andata male dopo anni. Potrei facilmente dare la colpa a Toni per aver aperto la porta e distratto l'uomo, dato che avevo tutto sotto controllo, ma anche una narcisista come me riesce ad ammettere una colpa del genere. Stavo perdendo tempo e sono stata punita. Mi fermo ad osservare l'oceano, dove il cielo e l'acqua si incontrano. Magari tutto ciò che stiamo facendo è uno sbaglio. Si possono combinare decine di persone forti insieme, eppure il successo potrebbe non arrivare comunque. Magari non c'è bilancio in questa squadra. Io sono abituata a lavorare da sola, loro hanno già formato il loro gruppo da quattro dove tutti i ruoli sono ormai stabiliti. So che pensano che io possa essere un'ottima aggiunta, eppure io inizio a nutrire certi dubbi. So che questa è la nostra prima missione insieme, eppure non posso fare a meno di esserne preoccupata. Antoinette ha ragione. Questa è la mia possibilità. Abbiamo collaborato per quasi un mese, un lasso di tempo che mi sembra più che ragionevole e nessuno ha mai parlato di una data di scadenza o che il mio contratto fosse a tempo indeterminato. Nonostante tutto abbiamo portato a termine la missione, ho restituito il favore. Non sono più debitrice a nessuno. Posso fuggire come la distesa d'acqua che sto guardando in questo esatto momento. Posso ritornare alla mia libertà, uccidere come mi piace senza preoccuparmi per altre quattro persone che potrebbero rovinare tutto. Eppure cos'è che mi ferma?                                            









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⏰ Last updated: Mar 30 ⏰

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Heart KillerWhere stories live. Discover now