Sguardo della verità

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Toni's pov
La Florida non ha mai trovato un posto nel mio cuore. Le sue tempeste imprevedibili e il clima mutevole non hanno mai suscitato in me alcuna emozione positiva. Mentre per molti rappresenta il paradiso soleggiato e caldo per eccellenza, per me è sempre stato il contrario. Ci sono stata un paio di volte mentre ero all'università e lo sfondo di questo stato non mi è mai piaciuto. Le tempeste si scatenano con una violenza impareggiabile. E quando il sole finalmente fa capolino tra le fessure del cielo tempestoso, il suo calore è solo un pallido ricordo di ciò che dovrebbe essere la Florida. Nasconde quasi une bellezza contorta, un'intricata rete di contrasti che non so apprezzare. Non mi piace neanche il mare, che nasconde chissà cosa nelle sue profondità. Vivendo ormai da anni a Detroit, credo che quest'ultima sia la città perfetta per me. Sempre coperta da una tonalità cupa e misteriosa, con la sua storia di decadenza e crimini. C'è un qualcosa di inspiegabile a Detroit, un'adrenalina che mi fa respirare a pieni polmoni. Trovo quasi conforto nei suoi vicoli bui e nella paura che risiede nel cuore dei suoi cittadini. Lì ho imparato a trovare la mia forza interiore. Ho imparato che la bellezza non è sempre ovvia, che talvolta si nasconde dietro il velo dell'oscurità.  Ormai però è troppo tardi per lamentarmi delle condizioni climatiche di Miami dato che siamo già sull'aereo diretto verso quella città della movida notturna. Sono seduta accanto a Sweet e un ragazzino di dodici anni, mentre Allin, Jug e Fangs sono seduti più avanti. Continuo a guardare fuori dal finestrino immersa nella vastità del cielo che si estende all'infinito, tanto da confondere la percezione della profondità. Non so dire se viaggiare mi piaccia o meno. Da bambina, bramavo sempre il movimento, il desiderio incessante di viaggiare, di cambiare scenario ogni pochi mesi. Eppure, da quando Detroit ha incrociato il mio destino, mi sono fermata. Questo è il primo viaggio che facciamo dopo quasi un anno. Siamo stati così presi da piani e obblighi che il viaggiare è sembrato un lusso impossibile. Ho sempre creduto che la capacità di scegliere fosse una forma di coraggio. Dovremmo sempre avere il potere di decidere, di determinare in parte il nostro destino. Scegliere cosa fare, dove andare, con chi circondarci. Eppure, per me, queste scelte sono sempre state imposte. Non ho mai avuto il lusso di scegliere a dove appartenere; la mia unica opzione era finire in un orfanotrofio. Quando ho compiuto diciotto anni, non ho potuto permettermi andarmene da Chicago perché non avevo abbastanza soldi. Sono stata fortunata ad essere ammessa all'università con una borsa di studio completa. Studiare era l'unica cosa che potevo fare per migliorare la mia vita. All'orfanotrofio, se dicevi di fare i compiti, ti portavano in una stanza silenziosa, lontana da distrazioni. Ho sempre studiato, sfruttando ogni momento libero. L'università riconosceva il mio potenziale, ma io stessa avevo smesso di vederlo. I voti eccellenti mi affaticavano, l'essere considerata la ragazza modello per la sua introversione e la sua calma cominciava a infastidirmi. Guardandomi allo specchio, provavo un senso di disgusto. Non volevo essere un burattino della società, desideravo di più. Volevo dominare la società, trasformare la percezione che gli altri avevano di me.
La risata di Jug cattura la mia attenzione costringendomi a voltarmi con curiosità. Lui e Allin sono intenti a guardare qualcosa sul telefono di lui, mentre le loro risate risuonano nell'aria. È strano come quel ragazzo stia seduto tranquillamente accanto ad una delle killer più famose della nazione. Non sarebbero male come coppia tutto sommato. Lui, un ragazzo un po' nerd con un certo fascino e amante dei film. Lei, chiunque sia, avvolta da una tenebra di mistero. Sono trascorse tre settimane da quando ho incontrato Allin per la prima volta, eppure ogni incontro con lei sembra riportarmi indietro nel tempo, come se il suo volto fosse sempre una rivelazione nuova. Ogni volta che la vedo, il mio corpo reagisce con un sussulto. Non so se riuscirò mai a fidarmi di lei completamente.

Le tre ore del viaggio passano in fretta e quasi senza rendermene conto mi ritrovo in un taxi diretto verso il nostro hotel. Miami ci accoglie con la stessa esuberanza di sempre: palme che danzano lungo le strade, odore penetrante del mare che si insinua nelle narici, e un vento carico di promesse di tempesta. Il calore avvolge la città, tanto che mi sento soffocare nella mia camicia, e decido di liberarmene, restando in top e pantaloncini da basket. Non sono abituata al sole cocente; preferisco di gran lunga i pomeriggi freddi e austeri del Michigan. Abbiamo dovuto chiamare un vero e proprio pullmino, poiché in cinque non saremmo mai riusciti a entrare in una macchina normale. Mentre salivamo a bordo, senza riuscire a contenermi ho bisbigliato a Jug un "te l'avevo detto che i gruppi da cinque non funzionano", ma al posto di rimproverarmi ha sorriso scuotendo la testa. L'autista ha iniziato a guidare con una determinazione spavalda, superando le macchine senza mai rallentare, tanto che in quindici minuti siamo arrivai al nostro hotel.
Ci troviamo di fronte a una struttura che sembra sfidare la legge di gravità, una costruzione che, a guardarla, sembra pronta a crollare da un momento all'altro. Ogni angolo di questa vecchia pensione urla abbandono, con una piscina vuota che giace come un'eco di tempi migliori e un terrazzo che sembra non aver mai conosciuto il tocco di una scopa. Non sono una persona schizzinosa ma persino i ratti rinuncerebbero a vivere in un posto tanto trascurato. Fangs va davanti la reception mostrando i nostri documenti, ovviamente falsi, alla donna seduta dietro la scrivania. Quest'ultima ci sorride; a quanto pare non è abituata ad avere clienti, e non mi sorprendo neanche del perché.
: -benvenuti. Vediamo un po', Lyra e Tom Brooks, Chase Mullen, Shia Hooper e...Allin Knox. Che nome particolare- dice rivolta alla rossa che le sorride candidamente. Che attrice, penso serrando la mascella.
: -avete prenotato una stanza da tre e una da due, dico bene?-
Jughead: -sì, tutto corretto-
: -bene. La tripla è la cinque al primo piano. La doppia è la otto al secondo- la donna gli dà cinque chiavi e il mio amico si volta verso di noi.
Jughead: -bene, Chase, Shia ed io saremo nella tripla. Lyra e Allin, voi avete la doppia- mi raddrizzo all'istante, cercando di mantenere un tono di voce basso.
Toni: -è uno scherzo?- dico ridacchiando nervosa.
Jughead: -perché dovrebbe? Penso tu preferisca stare in stanza con una ragazza che con noi. Facciamo troppo casino, lo dici sempre- gesticolo cercando di fargli capire che ha ragione, ma se la ragazza in questione è Allin allora preferisco stare in stanza con dieci giganti che urlano.
Jughead: -Lyra, per favore- sbadiglia, rivelando la sua impazienza nel chiudere questa discussione e andare a riposare dopo il viaggio.
Toni: -dio, va bene- dico prendendogli le chiavi di mano e premendo il pulsante dell'ascensore, senza aspettare nessuno. Chiudo gli occhi per un momento cercando di restare calma. Non saremo quasi mai nelle nostre stanze, solo il tempo di dormire e poi andremo nella suite di Jug per pianificare le prossime mosse. Devo ignorare la sua presenza il più possibile. È la prima volta in questi giorni che me la ritrovo così vicina e non posso fare a meno di provare una certa irritazione ribollirmi dentro. Le sue espressioni, il suo modo di comportarsi e anzi, ogni cosa di lei mi infastidisce. È una narcisista arrogante, cosa potrebbe avere di interessante? Solo le sue capacità di assassina la rendono fuori dal comune. Per il resto è come gli altri e neanche la sua bellezza la rende tanto diversa. L'ascensore sale mentre tutto il gruppo parla tranne me. Non appena le porte si aprono sono la prima ad uscire, giocherellando con le chiavi fino a quando non arrivo alla stanza numero otto. Apro velocemente e sento che Allin si muove dietro di me. Appoggio il mio borsone da viaggio sul pavimento con un gemito di sollievo e sposto lo sguardo sulla stanza. Mi blocco. Un letto matrimoniale singolo. Con passo veloce ispeziono la camera, convinta che deve esserci una seconda stanza con un altro letto, ma nulla, c'è solo un muro con uno stupido dipinto appeso.
Toni: -che cliché idiota. Sembra una barzelletta- non la guardo nemmeno, ma percepisco il suo sorrisetto stampato in faccia.
Cheryl: -che c'è, non hai mai visto un letto decente?- dice lasciandosi cadere sulle lenzuola candide.
Toni: -non ho mai visto una persona più irritante, eppure eccoti qua- inizio a sistemare i miei vestiti. Voglio che tutto sia in ordine prima di riposarmi. Sempre se ci riuscirò, ora che sto in stanza con la rossa.
Cheryl: -grazie del complimento. Non russo per tua informazione-
Toni: -tranquilla, non è quello il problema- dico sarcastica. Ho portato pochi vestiti con me, qualcosa mi dice che non ci fermeremo qui a lungo. Abbiamo pur sempre la killer di cuori con noi, penso alzando gli occhi al cielo. Quando finisco di sistemare le ultime cose nel bagno, inizio a prendere le lenzuola dalla parte sinistra del letto, mettendole sul pavimento. Allin mi guarda stranita. Non si aspettava quel gesto da parte mia.
Cheryl: -sul serio?- dice ridendo. Non le rispondo, mettendo il cuscino e tutto il resto sul tappeto. È un tappeto vecchio e ruvido, ma imbottito abbastanza da creare una sorta di materasso.
Cheryl: -grazie suppongo- mi sdraio sul mio giaciglio, sorprendendomi della sua comodità inaspettata.
Toni: -non ringraziarmi, la tua vicinanza mi dà la nausea- dico tutto d'un fiato. Non provo pentimento per le parole dette, ma in qualche modo continuano a risuonare nella stanza come un'eco fastidiosa.
Cheryl: -non fingi mai, non è vero?-
Toni: -perché dovrei? Posso fingere che tu mi piaccia e sprecare le mie energie, oppure posso dirti apertamente che mi irriti e porre fine al problema. Non tutti amiamo mentire come te- scoppia a ridere e sento la sua posizione cambiare. Adesso è seduta a gambe incrociate, guardandomi dall'alto mentre io continuo a fissare il soffitto.
Cheryl: -sai, quando capisci di essere brava a mentire non farlo sarebbe quasi un insulto alle tue capacità, non trovi?-
Toni: -stronzate. Tutti sanno mentire, ma saper dire la pura verità è mille volte più difficile- fa spallucce poggiando la testa sulla mano, non smettendo di guardarmi.
Cheryl: -ci troviamo in disaccordo Topaz. Un'altra volta. Tutti possono dire il falso, ma quasi nessuno sa controllare le espressioni facciali. Le pupille che si dilatano, o il cuore che batte più velocemente a causa dell'ansia. Io so farlo Antoinette. Tu puoi?- mi giro su un fianco, la testa appoggiata sulla mano come lei. Adesso la guardo completamente. Ha catturato la mia attenzione.
Toni: -no, non so farlo perché il mondo ha riversato su di me talmente tante bugie che la verità è l'unica arma che ho potuto trarne. Tu invece? L'onestà ti ha stancato e hai deciso di imparare a mentire?-
Cheryl: -sono nata con la faccia da poker- mentre parla mi concentro sul suo viso. Sulle sopracciglia che non eseguono nessun movimento. Sulle palpebre che sbattono lentamente, controllate. Le labbra che si schiudono solo quando stanno per parlare. Nessun gesto è dovuto al caso.
Toni: -dovrebbe essere stancante avere sempre tutto sotto controllo- dico lentamente.
Cheryl: -dopo un po' ci si fa l'abitudine. È più stancante parlare con i fissati della verità. Il mondo ha bisogno di bugie, di storie-
Toni: -il mondo ha bisogno dell'unicità che tu Allin, non hai-
Cheryl: -siamo entrambe killer Antoinette, dovresti saperlo- il modo in cui la sua bocca pronuncia il mio nome ha un che di strano. Non ha un accento americano. Lo pronuncia nella sua vera essenza, come non lo sentivo essere pronunciato da molto tempo. Il mio nome non è inglese, molto spesso le persone sbagliano addirittura a scriverlo. I ricordi del giorno in cui ha annunciato il mio nome a tutta la nazione, si fanno tutt'un tratto vividi nella mia testa. Il telegiornale mostrava il mio nome scritto su un elenco di tutti i visitatori dell'ufficio di quel giorno e il mio era scritto perfettamente. Non è americana, ma francese. Le sue parole vanno avanti.
Cheryl: -ma c'è una differenza tra te e me. I killer di gruppo vivono in branco. Un lupo non riuscirebbe a sopravvivere senza la sua famiglia. Noi killer solitari sappiamo uccidere. Ma sappiamo anche dominare. Da soli- non le do la soddisfazione di vedere la mia realizzazione eppure so per certo che può vederla. Si piega in avanti, tanto che i suoi lineamenti diventano più chiari.
Cheryl: -avevi ragione, la verità in qualche modo brilla sempre nei tuoi occhi. È una cosa così strana- prolunga una mano quasi a volermi toccare ma dopo ci ripensa passandosela invece tra i capelli ramati.
Cheryl: -è quasi puro vedere l'onestà negli occhi di qualcuno- ormai guarda persa nei miei occhi e quasi mi sento impotente di fronte a quel suo sguardo così penetrante. Apro la bocca per dire qualcosa ma le sue parole mi lasciano talmente spaesata che neanche la mia migliore battuta sarcastica riuscirebbe a mascherare il mio sgomento.
Cheryl: -i tuoi occhi mi vedono attraverso. Vedono tutto. Quello che la tua mente non capisce, i tuoi occhi lo rivelano- la guardo, sbattendo le palpebre rapidamente, cercando di riportare un velo di normalità sulla situazione. Ma c'è qualcosa di strano in tutto questo. Non nota le mie battute sarcastiche, né sembra percepire il mio odio verso di lei. Nemmeno le occhiate di disprezzo che le lancio ogni singola volta sembrano toccarla. È come se fosse interessata solo ai miei occhi, come se avesse visto qualcosa che nessuno nota. È inquietante e affascinante allo stesso tempo. Le sue parole risuonano nella mia mente. Mai avrei immaginato che qualcuno potesse leggere così profondamente attraverso i miei occhi. Com'è anche solo possibile? Eppure lei sembra padroneggiare questa capacità con naturalezza, come se fosse un dono innato. È disturbante e mi fa sentire vulnerabile, esposta a uno sguardo che scruta più a fondo di quanto vorrei. Ma devo ammettere che c'è qualcosa di straordinario in questo potere, anche se usato da una persona come lei. Riprendo fiato, cercando di nascondere la mia sorpresa dietro una maschera di calma.
Toni: -e cosa vedi nei miei occhi?- Allin sorride enigmaticamente, come se avesse già previsto la mia domanda.
Cheryl: -vedo il tuo passato e il tuo presente. Vedo il tuo dolore e la tua forza. Vedo chi sei veramente, nonostante il tuo essere una persona forte- dice con una certezza che mi fa rabbrividire. Il mio sguardo si abbassa per un istante, mentre mi sento improvvisamente nuda e indifesa di fronte a lei. Come può leggere così tanto attraverso i miei occhi? Mi fa sentire nauseata, eppure curiosa. Le ho detto che sarei stata io quella a farla sentire nuda trovando informazioni su di lei, eppure lei lo sta facendo semplicemente guardandomi negli occhi.
Toni: -interessante- mormoro mascherando ogni informazione che potrebbe farmi apparire vulnerabile. Ma dentro di me, so che quella conversazione non passerà inosservata. Ho appena scoperto che Allin è francese e a quanto pare ha visto qualcosa in me che nessun altro ha mai notato. E ora devo fare i conti con questa nuova consapevolezza.

Heart KillerWhere stories live. Discover now