Capitolo 4: "Inziamo bene"

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"Ragazzino, e sta' più attento, no?"
Asher si sentì rimproverato da una voce roca e allo stesso tempo annoiata.
"Dio buono, mi hai sporcato tutta la camicia!"
Il ragazzo con cui si era scontrato, che aveva degli occhi che, cavolo, avrebbero potuto fare invidia alla tsavorite* più costosa esistente, aveva in effetti la camicia tutta bagnata. Asher aggrottò le sopracciglia.
"La prossima volta evita di andare in bagno con il bicchiere pieno in mano, idiota!" Disse, lasciandolo lì e ritornandosene al tavolo.
Lì Birdie e Cole stavano limonando così tanto che Asher ebbe paura che la ragazza uscisse incinta senza arrivare all'atto vero e proprio. Fece una smorfia, disgustato, sedendosi al suo posto.
"Che schifo, vero?" Domandò Cameron, per poi scoppiare a ridere.
Asher scosse la testa, dandogli un pugnetto sul braccio.
Il lunedì, che già aveva un nome brutto, divenne ancora più brutto quando Asher venne svegliato dalla sveglia. Si chiese come mai fosse attivata, poi ricordò la telefonata con la madre, che si era raccomandata, dicendogli di andare a scuola il prima possibile, in modo da fare meno assenze, e soprattutto, di non perdere troppe spiegazioni.
Sospirò, l'ansia ad attanagliargli già lo stomaco, ma si decise a scostare le coperte, cercando gli occhiali sul comodino, che trovò, una ricerca preoccupante dopo, sulla scrivania. Si preparò e mettendo alcuni quaderni nello zaino, si recò in salotto, dove Birdie era già pronta per accompagnarlo.
Non l'avrebbe accompagnato sempre, solo il tempo di imparare la strada. Salirono in macchina, e Birdie mise in moto, scompigliandosi i lunghi capelli.
"Come ti senti?"
Asher inspirò profondamente.
"Ce la posso fare," disse semplicemente.
Birdie sorrise.
"Sei coraggioso, Ash."
Il ragazzo non rispose, a disagio. Asher era tutto, tranne che coraggioso. Ma doveva affrontare quel primo giorno, e sperare di passare inosservato. Poi avrebbe smesso di essere "il ragazzo nuovo" e avrebbe potuto camminare nei corridoi senza attirare attenzione. Questo era tutto ciò in cui in quel momento sperava.
"Ti vengo a prendere, al ritorno?"
"No, posso venire a piedi, grazie lo stesso."
"Buona giornata," lo salutò, scuotendo la mano.
Asher prese un profondo respiro e scese dall'auto. Doveva cercare di non sentirsi spaesato, e il fatto che non sarebbe rimasto per sempre lì, lo consolò.
Entrò nell'immenso edificio, anche se la campanella non era ancora suonata, infatti gli altri studenti erano ancora fuori.
Chiese informazioni su dove si trovasse la segreteria ad una signora molto carina, nonostante l'età, e dopo aver ricevuto l'informazione desiderata, vi si diresse. Dopo dieci minuti buoni passati a cercare la classe destinata alla lezione di storia, entrò e si accomodò nel primo posto non occupato.
Si assicurò che il telefono avesse il silenzioso attivato, e quando alzò la testa, si ritrovò davanti una testa bionda che lo guardava seccato.
"Quello è il mio posto."
Asher si trattenne dal roteare gli occhi. Ecco, stava succedendo tutto quello che non voleva.
"C'è un posto libero proprio qui," disse, indicando il banco attaccato a quello occupato da lui in quel momento.
"Non m'interessa, quello è il mio."
Asher sbuffò, decidendo di lasciar perdere. Iniziare ad avere litigi il primo giorno era quello che stava cercando di evitare, peggio della peste. Perciò si alzò, lasciando il posto all'altro, e si mise seduto nel punto indicato prima all'altro.
"Che stai facendo?" Si sentì dire.
"Mi siedo," rispose ovvio l'altro.
"Non ti voglio vicino a me."
Asher ruotò gli occhi, lasciandosi sfuggire un "Neanche i bambini...", e fu allora che un ragazzo, un po' bassino, gli fece segno di sedersi accanto a lui. Asher fu più che felice di spostarsi.
"Non farci caso, è una testa di cazzo," gli disse lo sconosciuto, camuffando una risata.
"Piacere, Ariel."
"Come la sirenetta!" Si lasciò sfuggire.
Ariel fece una smorfia.
"Scusami tanto, non intendevo offenderti. Mi è venuto spontaneo, e il tuo nome è bellissimo. Credimi, non sto mentendo." Parlò, come un fiume in piena.
Ariel iniziò a ridere.
"Hai intenzione di dirmi come ti chiami?" Chiese, continuando a sorridere.
"Oh, certo. Piacere, Asher."
La lezione seguì senza intoppi, così come le ore successive. Fortunatamente, nessun professore gli chiese di presentarsi davanti a tutti, e di questo Asher ne fu immensamente grato. Finalmente arrivarono i suoi quindici minuti di relax, e insieme ad Ariel, zaino in spalla, si diresse in mensa.
"Fortunatamente oggi tutte le lezioni finiscono dopo la mensa. Che poi, che senso ha farci mangiare in mensa quando subito dopo usciamo?"
"Ah, non chiederlo a me. Non sapevo nemmeno che oggi si uscisse prima," Si limitò a commentare.
Lì c'era anche il ragazzo del tavolo, e Asher sperò vivamente che non gli desse problemi. Ma le sue preghiere non servirono a molto, visto che lo raggiunse presto al tavolo in cui erano seduti.
"Hey, viziatello. Dimmi, ce l'hai la ragazza?" Domandò, schernendolo.
Asher roteò gli occhi, ma deciso a non dargli corda, non rispose, ignorandolo.
"Certo che la tua mammina ti vizia tanto, eh?" Continuò, non contento.
"Magari fa pure la troia, per hobby."
Asher strinse la mascella. Nessuno, e dico nessuno, poteva offendere sua madre.
"Smettila," rispose, stringendo con più forza la forchetta di plastica che aveva tra le mani.
"Smettila Sam..." intervenne Ariel.
Ma fu del tutto inutile, visto che l'altro continuò con le sue battutine.
"Altrimenti? Chiami paparino?"
E no. Non poteva lasciarlo continuare così.
Non ci pensò molto, prese il vassoio e gli scaraventò il contenuto in faccia. Entrambi i ragazzi sgranarono gli occhi, poi fu tutto un attimo: Sam imprecò tra i denti, slanciandosi in avanti per afferrarlo, ma Asher si alzò rapidamente, iniziando a correre verso il corridoio, inseguito dall'altro.
Non guardò indietro, sapeva che l'altro non avrebbe smesso di seguirlo, perciò continuò a correre finché i polmoni non iniziarono a bruciare.
Non conosceva quella scuola, e se si nascondeva in bagno, si metteva nei guai da solo, non avendo più via d'uscita.
Corse quindi fuori dall'istituto, attraversando il cortile, fin quando, oltrepassato il cancello, non si sentì afferrato per la collottola e tirato indietro.
Dannazione, era nei guai.
Sam lo intrappolò con le spalle al muro, fronteggiandolo.
"Adesso cos'è che fai, eh? Coglione!" Urlò il ragazzo.
Asher non era mai stato vittima di bullismo, poiché di solito riusciva a passare inosservato la maggior parte del tempo, e nella vecchia scuola conosceva un po' tutti, ma nonostante ciò, sapeva cosa sarebbe venuto adesso.
Sam, infatti, alzò il braccio, pronto a piantargli un pugno in pieno viso, e istintivamente, Asher chiuse gli occhi, aspettando di sentire il lancinante dolore.
Che però non arrivò.
Aprì gli occhi in tempo per vedere la mano di Sam essere bloccata da qualcuno. Con i capelli ricci.
Perché aveva la sensazione di averlo già visto? Insomma, Londra è grande, e lui si era trasferito solo pochi giorni prima, quindi come poteva essere possibile?
"Si può sapere che cazzo vi prende?" Disse il più grande, parlando un pochino più forte del dovuto.
"Mi ha rovesciato il vassoio addosso! E l'ha fatto di proposito!" Si difese Sam.
I due si conoscevano, per caso?
"Ha offeso mia madre!" Si difese Asher.
"Oh Cristo, siete due bambini, per caso? E che cazzo, crescete un po'. Tu smettila di rompere i coglioni agli altri," disse, riferendosi a Sam, per poi spostare lo sguardo su di lui: "E davvero, offendersi per battute sulla mamma, vecchie quanto il mondo?" Domandò scettico.
Asher alzò un sopracciglio. Aveva bisogno di sentirsi dire che quello stallone - dorme con i piedi in acqua, per caso? - che aveva davanti stava scherzando.
"Ma sapete cosa? Andatevene entrambi a fanculo! Non parlate inutilmente se non sapete la situazione di una persona, superficiali del cazzo!" Urlò Asher, arrabbiatissimo.
Riuscì a liberarsi dalla sua posizione, superandoli entrambi.
Aveva il cuore che pompava a mille e le mani che tremavano, ma non avrebbe dato a vedere alcun segno di cedimento. Sarebbe stato come firmare la propria sconfitta. E col cazzo.
Furioso come non mai, fece per andarsene, ma fu afferrato dal polso e strattonato all'indietro. Pensava fosse stato Sam, invece era stato il ragazzo dagli occhi verdi.
Quegli occhi...
"Superficiale a chi?" Chiese, con una voce talmente bassa da fargli venire i brividi lungo la schiena. Vedendo che Asher non rispondeva, si limitò a guardarlo, piegando leggermente la testa di lato, prima di ghignare.
Lo tirò maggiormente dal polso, avvicinandosi pericolosamente a lui.
Una voce roca e maledettamente sensuale gli riscaldò l'orecchio.
"Mi devi ancora una camicia, gattino."
Asher sgranò gli occhi, ricordando improvvisamente dove l'aveva incontrato. Il pub!
Si liberò a fatica dalla presa ferrea dell'altro, dirigendosi spedito verso casa.
Un'ora e tre tea dopo, seduto sul divano, sentiva ancora le mani tremare.
Non sapeva chi fosse il ragazzo della camicia, né Sam, ma si conoscevano sicuramente, dal modo che aveva il più grande di parlare all'altro.
Davvero, chi si fissa così tanto per una stupida camicia?!

                               ๗•๗

"Davvero Al, lo avrei preso a pugni, se non fossi intervenuto tu! Mi dà così tanto sui nervi!" Sbottò Sam, stravaccato sul sedile dell'auto ferma davanti alla casa famiglia.
"Non puoi picchiarlo solo perché rispetto agli altri, non di fa mettere i piedi in testa," rispose Alexander, buttando la cenere fuori dal finestrino.
"Non dirmi che stai dalla sua parte!"
Alex si voltò verso Samuel, un'espressione sconvolta in faccia.
"Ma vaffanculo, Sam! Veramente pensi che difenderei qualcun altro anziché mio fratello? Cretino."
Alexander sapeva. Sapeva che sotto quella facciata da duro, si nascondeva un ragazzino bisognoso d'affetto. E sapeva anche che doveva ricordarglielo spesso, per non farlo sentire solo, per fargli capire di avere una famiglia dalla quale ritornare. Anche se quella famiglia era composta solamente da due persone.
"E allora fallo smettere, ti prego!"
"Oh Dio buono. Ci penserò e ti faccio sapere, okay? Come hai detto che si chiama?"
"Asher Drope. Grazie fratellone!" Samuel, tutto contento, gli diede una pacca sulla spalla, ricevendo come risposta una scompigliata di capelli.
"Ora va', prima che inizino a rompere i coglioni a me. Mi raccomando, Sam."
"Sì, tranquillo. Ci sentiamo presto, okay?"
"Ci puoi mettere la mano sul fuoco."
Alexander gli sorrise, poi il più piccolo dei due fratelli scese dall'auto, prendendo il borsone ed entrando dentro la struttura.
Fu allora che Alex mise in moto.
In effetti, avrebbe potuto divertirsi un po' con quel mocciosetto. Tanto, qual era il problema? Sembrava sapersi difendere abbastanza bene.
Una volta arrivato davanti casa di Tyler prese il telefono, aprendo Facebook e cercando il nome del ragazzo. Lo trovò subito.
Ghignò, aprendo la chat.
- Quindi, come facciamo con la camicia? - scrisse, lo inviò e posò il telefono in tasca.
Tyler aprì la porta, non sorpreso di vederlo lì.
"Hey, tutto bene?" Chiese.
"Sì. Mi fai entrare?"
Tyler annuì, spostandosi dall'ingresso.
"Ti offro qualcosa? Caffè, cola?" Chiese, visibilmente agitato.
Alexander sorrise, sinceramente divertito.
"Da quando in qua ti vergogni di me, eh?"
Tyler arrossì violentemente, boccheggiando varie volte. Alexander ne approfittò per avvicinarsi di più e stringere le braccia intorno ai fianchi dell'altro.
"Non mi vergogno di te."
"E allora dimostramelo," soffiò sulle sue labbra.

                                ๗•๗

Osservò nuovamente lo schermo del telefono. Non poteva crederci.
Alexander Sanders. Le foto del profilo raffiguravano lo stesso ragazzo incontrato al pub e all'uscita della scuola.
Posò la matita sul libro, fregandosene altamente dello studio. Al momento il messaggio ricevuto era più importante.
Doveva bloccarlo? Doveva dirgli di smetterla?
Premette sulla parte dedicata alla scrittura di un messaggio, iniziando a digitare varie volte, cancellandolo poi del tutto, per poi ricominciare per l'ennesima volta.
- Davvero? Ma ce l'hai su con questa camicia, eh? Infilala in lavatrice e vedrai che ritornerà splendida, splendente.
Sospirò.
Non aveva senso continuare ad essere infastidito per una futilità come quella, per cui riaprì la chat.
- Portala alla lavasecco, poi mi fai sapere quanto ti devo.
Non ricevette risposta per un bel po'.
Fu solo mentre era seduto al tavolo con suo fratello e Birdie, che gli arrivò un messaggio da parte di Alexander.
- Non ce n'è bisogno. Ti sdebiterai in un altro modo.
Asher si trattenne dal sospirare, non volendo far capire nulla agli altri due. In che guaio si era cacciato?

Tsavorite: varietà di granato di colore verde, molto rara.

Angolo pazzia:
Salve a tutti!
La foto raffigura Ash Stymest, modello con il quale aspetto esteriore collego quello di Asher, a parte i tatuaggi. La foto, così come il modello, NON mi appartengono - purtroppo.
Grazie per essere arrivati fino a qui, fatemi sapere se vi sta piacendo e se devo continuarla, alla prossima!
Black Swan x

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