Capitolo 12: I shouldn't have had

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Asher si tolse il giubbotto, piacevolmente accolto dai riscaldamenti accesi.
Lo buttò sulla sedia accanto alla propria, prima di sedersi e salutare con un caloroso saluto Tyler.
"Grazie per aver accettato." Gli disse, sorridendogli.
"In realtà sono qui anche per parlarti..."
Se le cose si fossero messe male, non avrebbe avuto la possibilità di chiedergli quello che tanto desiderava sapere. Doveva, quindi, mantenere la calma.
"Certo. Ordiniamo, prima." Così dicendo, Asher alzò il braccio per farsi vedere dalla cameriera, la quale si avvicinò al loro tavolo con un sorriso sbagliante.
"Cosa prendete?"
"Io un tea verde, lui una cioccolata con caramello. Porta anche dei biscotti." Le disse, scegliendo al posto del ragazzo.
"Ti dispiace? Ho fatto io."
"Avrei preso comunque quella." Gli confidò Tyler, sorridendogli grato.
Asher davvero non riusciva a spiegarselo. Perché due come Tyler e Alexander avrebbero dovuto separarsi? Erano praticamente perfetti insieme, erano nati per essere l'uno dell'altro.
"Di cosa volevi parlarmi?"
Tyler si schiarì la gola, smettendo di mescolare il liquido scuro e denso.
"Ecco..." Deglutì, "Vorrei sapere cosa c'è tra te e Alexander."
E non aggiunse un "per favore", o un "se possibile". Glielo stava praticamente ordinando.
"Te l'ho detto, sono amico di suo fratello, per cui ci siamo conosciuti. Tutto qui."
"Non sono nato ieri, Asher." Disse quello, lo sguardo più severo.
Asher strinse la tazza tra le mani.
"Ho parlato con lui, per telefono. Non sapeva nemmeno chi fossi. Stai insieme a Alexander?"
"N-non stiamo insieme. È una lunga storia."
"Ho tutto il tempo a disposizione."
"Io no." Rispose, non poteva di certo dirgli il vero motivo!
E vaffanculo la sua curiosità che gli rodeva il culo, lo avrebbe scoperto in un altro modo.
Al momento, l'unica cosa che importava era smammare.
Prese il giubbotto, lasciando dei soldi sul tavolo e nel giro di pochi secondi fu fuori.
Si allontanò il più possibile dal bar, cercando di non perdersi.
Doveva studiare un piano, doveva ritornare a casa e rimuginarci su.
Fatto sta che un'oretta dopo, ancora non sapeva da dove cominciare.
Le possibilità esaminate fino ad allora erano solo tre:
A) Torturare Alexander fino a farlo parlare;
B) Chiedere a Cameron, mandando a puttane il proprio orgoglio e ammettendo di aver mentito;
C) Affrontare la discussione con Alexander, qualunque fosse stato il risultato a cui avrebbe portato.
Di certo l'ultima era l'opzione che meno lo convinceva, perché sarebbe apparso oppressivo, curioso e impertinente.
Ma era anche l'unica più accettabile.
Prese per l'ennesima volta il giubbotto, uscendo dalla propria camera.
"Dove stai andando?" Gli domandò Birdie, aggrottando lievemente le ciglia.
"Da un amico."
"Ma ha iniziato a piovere."
"Fa nulla!" Le rispose, dall'altra stanza, prima di chiudersi il portone alle spalle.
Cercò di non pensare assolutamente a nulla durante il tragitto, ma quando iniziò a salire le scale, gli si intrecciò lo stomaco, le mani erano madide di sudore e gli tremavano le gambe. Il cuore batteva come un forsennato.
Poi si fermò.
Era arrivato nel pianerottolo di Alexander, e la porta di casa sua era aperta. Si era avvicinato alla soglia, trovando decisamente strano il fatto che questa fosse aperta. Ma lì rimase, quando vide Alexander stringere possessivamente Tyler, le mani sui suoi fianchi, mentre si scambiavano un bacio che di casto non aveva nulla.
Lo stava baciando allo stesso modo in cui aveva baciato lui.
E quello non era giusto.
Asher non sapeva cosa si provava quando si aveva il cuore spezzato, ma se quello implicava delusione, risentimento, rabbia, voglia di piangere, e sentirsi vuoto, allora sì, il suo cuore si era appena diviso in frammenti.
Divertente, visto che non stavano neanche insieme ufficialmente, eh?
Non provocò il minimo rumore, ma non poteva andarsene, semplicemente perché il suo corpo non glielo permetteva. Era come se fosse rimasto privo di energia, il ghiaccio in ogni singola parte del corpo.
Eppure Alexander si accorse che non erano soli, infatti si spostò subito dall'altro. Tyler lo stava guardando pure, e poteva giurare che quello che aveva sulle labbra era un sorriso soddisfatto.
Asher si risvegliò dal proprio stato di shock, voltando immediatamente loro le spalle, prima di allontanarsi a grandi passi.
"Asher!" Si sentì chiamare, ma non si girò, anche perché guardarlo avrebbe fatto più male, e quel movimento sarebbe bastato affinché le sue lacrime iniziassero a scendere senza controllo.
Prese l'ascensore, questa volta, cosicché l'altro non potesse raggiungerlo. Anche se Asher non era sicuro che il riccio lo stesse seguendo. Perché in fondo lo sapeva lui stesso che l'altro voleva ancora Tyler. E a quanto pare era ricambiato.
Lasciò l'edificio senza voltarsi indietro, grato che la pioggia gli stesse nascondendo le lacrime. Iniziò a tremare, probabilmente, ma non se ne curò più di tanto.
Quando rientrò a casa, questa era vuota. Grazie a Dio.
Si buttò sotto la doccia, uscendone poco dopo.
Stava cercando un paio di boxer nel cassetto dell'armadio, quando iniziò a mancargli l'aria.
Le lacrime ripresero a scivolare sulle sue guance, fuori controllo, e tutto iniziò a muoversi vorticosamente.
Se lo sarebbe dovuto immaginare.
Prese l'inalatore, sedendosi sul letto, le spalle al muro e le ginocchia al petto, poi lo utilizzò.
Cercò di calmarsi, tuttavia non riuscì a smettere di piangere.
Nonostante fosse nudo, il freddo non lo scalfiva. Perché al momento, nel suo cuore tirava un vento ancora più gelido.

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