Capitolo 16

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Asher sospirò, sbadigliando sonoramente. Si voltò, osservando Alexander dormire placidamente, un braccio sotto il cuscino e la coperta abbassata a coprirlo fino al bacino.
Lasciò la camera, andando in cucina, dove sua nonna stava preparando la colazione per tutti. Erano arrivati la sera prima, e anziché stare a casa propria, avevano deciso di andare a dormire dai nonni. La donna non aveva fatto altro che piangere, distrutta.
"Buongiorno." La salutò, lasciandole un bacio sulla guancia.
"Buongiorno, tesoro. Il tuo amico dorme ancora?"
Le aveva mentito, dicendole che era un "amico". Era d'altri tempi, dopotutto, non sapeva come avrebbe potuto reagire.
"Sì."
Si versò del caffè, chiedendo dove fosse il nonno. La donna finì di dirgli che fosse andato a fare la spesa, che Alexander entro in cucina.
"Buongiorno." Salutò.
Asher gli rivolse un sorriso, mentre sua nonna lo fece accomodare, mettendogli davanti piatti contenenti di tutto e di più.
Le nonne...
"Prendi quello che vuoi, fa' come se fossi a casa tua."
Alexander lo fissò, decisamente a disagio, chiedendogli silenziosamente aiuto.
"Nonna," la richiamò sorridente il ragazzo, "Prende solo il caffè."
La donna si bloccò, imbarazzata.
"Scusami."
"Grazie mille lo stesso, signora." La ringraziò Alexander, spostando il ciuffo di capelli ricci e portandolo all'indietro con un movimento fluido.
"Che piani avete per oggi?"
"Andiamo a sistemare casa. Dovrebbero arrivare domattina."
La nonna sospirò.
"Se volete, posso pensarci io."
"Fa nulla, nonna. Possiamo pensarci noi."
Forse non si sentiva ancora pronto ad affrontare la tempesta di emozioni che si presentava all'orizzonte, minacciosa e inarrestabile.

Entrarono in casa con un paio di secchi in mano, a sua volta contenenti diversi panni nuovi di zecca.
Fu Asher ad inserire la chiave nella toppa, e ad aprire la porta.
Era esattamente tutto come l'aveva lasciato, notò mentre tratteneva il respiro.
Cercò di mandare via il magone che gli si era bloccato in gola, schiarendosi la voce.
Quanto gli era mancata casa propria!
"Bene, mettiamoci all'opera." Sussurrò, andando in cucina ad aprire uno scaffale, afferrando diversi prodotti di pulizia.
Birdie iniziò a spolverare, mentre Asher si occupò del bagno. Cole e Alexander spostarono il tavolo, mettendolo nella cucina, in modo da avere più spazio nel salotto.
Cole spazzò ovunque, dopodiché Alexander lavò a terra. Faceva quasi ridere, vederlo strizzare il mocio come una brava donna di casa.
Un paio d'ore dopo, quando ebbero finito, si sedettero sul divano, sfiniti.
"Dovremmo preparare qualcosa?" Chiese Cole, appoggiando la mano sulla spalla di Birdie.
"Dobbiamo prendere le sedie a casa di nonna e portarle qui. Io in camera dovrei averne altre." Rispose Asher. "E dovremmo preparare qualcosa da mangiare per il papà... sempre che abbia fame."
"A quello posso pensarci io." S'intromise Birdie.
"Va bene, grazie."
Cole sospirò, passandosi una mano tra i capelli.
"Devo andare ad informarmi per il funerale, vedere se è già tutto pronto..." Mormorò.
Birdie gli diede una pacca sulla spalla, poi si alzò.
"Inizia a scendere allora, ti raggiungo tra due minuti."
Cole sparì, mentre Birdie si rivolse ad Ash.
"Quando abbiamo finito, lo porto in giro, cercando di farlo distrarre un pochino, okay?"
Ash annuì, sorridendole flebilmente.
"Tu... vuoi venire?"
"No, no." Poi si alzò.
"Posso andare un attimo a parlargli?"
"Certo, fa' pure. Io aspetto qui."
Ash corse verso l'entrata, dopo un "Grazie" affrettato.
Lo trovò seduto davanti al portone, una sigaretta tra le labbra.
"Non sapevo fumassi." Gli disse, sedendoglisi accanto.
Cole sospirò, guardandolo negli occhi. Poi riportò la propria attenzione sulla strada.
"Avevo smesso, in realtà. Ma a volte qualcuna ci sta."
Ash annuì.
"Allora ne offri una anche a me?"
Cole dovette considerare la cosa diversi istanti, visto che non si mosse, poi estrasse il pacchetto dalla tasca del giubbotto, porgendoglielo insieme all'accendino.
Asher inspirò profondamente, poi si umettò le labbra.
"Mi dispiace... Non avrei dovuto reagire così, nei tuoi confronti. Ma non ragionavo affatto in quel momento."
Cole annuì.
"Fa nulla. Lo so come ti sei sentito. Però ho solo fatto quello che mi ha chiesto papà."
Questa volta fu il più piccolo ad annuire.
"Lo so. È per questo che mi sto scusando."
Cole buttò il filtro della sigaretta appena sotto il marciapiede, prima di sfregare le mani tra di loro, per riscaldarle.
"Sai, mi sento un cazzone. Vi ho abbandonati per motivi davvero stupidi, e adesso me ne pento amaramente. E lo capisco solo ora che mamma non c'è più. Avrei potuto passare molto più tempo insieme a lei, e invece..."
Ad Asher non sfuggirono gli occhi lucidi del fratello.
"Anche io sono stato arrabbiato nei tuoi confronti per molto tempo, sai? Anzi, posso chiederti una cosa?"
Cole annuì, aspettando che il più piccolo parlasse.
"Non so se ti ricordi ancora, ma... Quella sera di tantissimi anni fa, l'ultima sera che hai passato qui, quando mi dicesti che ero un inutile, petulante ragazzino che non sa farsi i cazzi suoi... quando mi desti la colpa di tutto... lo intendevi veramente? So che avevi litigato con mamma e papà perché ero andato a dire loro che stavi fumando qualcosa che aveva un odore particolare, però... Dicevi davvero?"
Cole sospirò una risata amarognola.
"No. Alla fine ero stato io a fumarmi una canna, e quando papà mi disse che se volevo vivere sotto il loro stesso tetto, dovevo fare come mi dicevano loro, non mi andò bene. In quel periodo cercavo ogni scusa per poter litigare con tutti, e colsi la palla al balzo, andandomene. Non fartene una colpa, la decisione fu mia."
Asher lasciò andare il respiro, appoggiandosi al portone.
"E pensare che ce l'ho avuta a morte con te per anni..." sussurrò, soffiando fuori una risata.
"Questo l'avevo intuito."
"Pensavo anche che non volessi vedermi. Quando venivi a trovare mamma e papà, io non c'ero mai."
Cole si voltò verso di lui, alzando entrambe le sopracciglia.
"Andavo di mattina perché il lavoro mi permetteva solo quello... e tu di mattina eri a scuola. Che stupido."
Asher rise.
"Già."
Asher si alzò, infilando le mani nella tasca della felpa.
"Vado a chiamare Birdie, così andate."
Cole lo trattenne, tirandogli un braccio.
"Volevo dirtelo prima, ma poi è successo quello che è successo, e... So che non è un buon momento, però voglio che tu sia il primo a cui io lo dica... Sto per diventare papà anch'io." Disse, sorridendo.
Asher rimase in silenzio per lunghi istanti, prima di iniziare ad urlare.
"Dici davvero?" Domandò, retorico ed euforico.
Cole iniziò a ridere davanti alla sua reazione.
"Quindi diventerò zio, davvero davvero?"
Cole annuì.
"Davvero davvero."
Asher gli si buttò addosso, abbracciandolo fortemente.
"Auguri, bellezza. Sapete già il sesso?"
"Non ancora, è troppo presto."
"E avete dei nomi già in mente?"
Cole annuì, guardando l'asfalto.
"Se è maschio, Joshua. Se sarà femminuccia... Virginie."
Asher lo fissò in silenzio.
"Lo sai che ne sarebbe stata felicissima, vero?"
Cole annuì, asciugandosi una guancia.
Asher gli stampò un bacio sulla guancia, prima di salire le scale, gli occhi lucidi.

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