Capitolo 10: Quel grande problema chiamato Gelosia

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"Come ... Come ci si veste per un appuntamento?" Chiese, facendo una smorfia imbarazzato.
Ariel, dal canto suo, alzò le sopracciglia.
"Con i vestiti?" Domandò, retorico.
"Ma dai!" Disse in modo molto virile, allungando la "i". Gli diede anche un pugnetto sulla spalla. Se l'era meritato.
Avrebbe chiesto ad Alexander, e in effetti era stata la prima persona a venirgli in mente, ma non lo fece per due motivi: innanzitutto la sera prima il riccio si era comportato come un coglione, e questa non gliel'avrebbe fatta passare così facilmente.
Seconda cosa: c'era ancora quel piccolo, grande problema chiamato "Gelosia".
Asher ne era ancora sotto shock. Perché sul serio? Con un ragazzo conosciuto solo un mese prima, e che tra l'altro lo stava ricattando?
Non aveva mai provato gelosia, di nessun tipo. Per cui, l'intera situazione l'aveva lasciato ancora più sconvolto.
Ma adesso aveva un appuntamento a cui pensare. Appuntamento che si sarebbe tenuto quella sera stessa. Che poi, non capiva perché lo stava facendo, visto che sembrava che improvvisamente ad Alexander non interessasse più niente.
Ariel seppe consigliarlo in modo ottimo, per cui aveva già una mezza idea di cosa avrebbe messo quella sera.
A casa mangiò di fretta, risoluto nel finire i compiti il prima possibile. Era seduto alla scrivania, quando il telefono gli vibrò. Lo prese, sorpreso dal leggere il nome di Alexander sul display.
Vieni nel pomeriggio?
Asher andò su tutte le furie. Aveva per caso dimenticato cosa gli aveva detto la sera prima?
Ho da fare.
Alexander visualizzò il messaggio, ma non rispose.
Vaffanculo, pensò Asher, mangiucchiandosi il tappo della penna.
Sospirò, davvero non riusciva a capire quell'uomo. Ma immaginava già che probabilmente avrebbe fatto un copia e incolla dell'sms a lui inviato e l'avrebbe mandato al contatto successivo al suo nella rubrica, e così via. Non aveva nemmeno bisogno di aggiungere un "per favore", visto che aveva tutti ai suoi piedi. E ad Asher questa cosa non piaceva.
Si buttò a capofitto nello studio, finendo per le sette. Si fece la doccia, poi indossò degli skinny neri, una semplice maglia con scollo a V dei Bring Me The Horizon e delle vans rosse. Disse a suo fratello che sarebbe uscito con "amici", prima di recarsi alla stazione della metro dove i die si erano dati appuntamento.
Tyler gli stava simpatico, aveva i coglioni e sembrava starci, però non era lui la persona che Asher voleva vedere spuntare, con un sorriso tra le labbra e le mani in tasca.
Si diressero in una strada popolata da bar e pub, e di conseguenza, piena di ragazzi della loro età. Scoprì anche l'età di Tyler, la stessa di Alexander.
Irrimediabilmente, seduti ad un tavolo di un bar con i bicchieri ricolmi di cioccolata calda, si ritrovarono a parlare di quest'ultimo.
"Io... Devo chiederti una cosa, per favore. Non dirgli niente di tutto questo."
Asher strinse la mascella, prima di fingere un sorriso e dirgli che andava bene anche così.
Quindi Tyler pensava di star tradendo Alexander con Asher, quando in realtà era il contrario?
Strinse le mani intorno al bicchiere, non vedeva l'ora di ritornare a casa.
Continuarono a passeggiare, e Tyler gli parlò di ciò che stava studiando all'università. Asher era sul punto di ammettere che non sapeva neanche se ci sarebbe andato, all'università, quando qualcuno urlò il nome di Tyler, per richiamare la sua attenzione.
Entrambi si voltarono verso i tavoli alla loro destra, verso un gruppo di ragazzi comodamente stravaccati sulle sedie, con bicchieri e bottiglie tra le mani e sparsi ovunque sul tavolo.
"Hey, Gabe!" Parlò allora Tyler, dirigendosi verso di loro, dopo aver detto a Asher di seguirlo.
"Come stai, amico?"
Entrambi si salutarono, Tyler perse tempo a parlare con qualcun altro, prima di presentare loro Asher.
Ora. Asher avrebbe ricambiato il saluto con un sorriso, se non fosse stato per due persone.
La prima era Cameron. E che cazzo ci faceva con quel gruppo di persone? E perché lo stava guardando malissimo?
La seconda era Alexander. Seduto tra Roi e una persona che Asher non conosceva, evitava di guardarlo. La birra stretta in mano, concentrava la sua attenzione sul telefono.
Asher era leggermente sconvolto. E incazzato, incazzato nero. Perché se si stava comportando a quel modo solo perché ce l'aveva su per ciò che era successo poche ore prima, allora poteva elegantemente andare a cagare.
Asher aveva più diritto di lui di essere arrabbiato.
"Hey, amico!" Lo salutò Roi, stringendolo in un abbraccio.
Asher immaginava già che l'altro sapesse tutto, probabilmente stava facendo finta di niente. O forse si stava semplicemente facendo i cazzi suoi. Questo Asher lo apprezzava.
Cameron, tuttavia, non lo salutò. E sti cazzi. Ne aveva abbastanza per le sue.
"Perché non vi unite?" Li invitò Gabe.
Tyler rivolse la sua attenzione a lui, chiedendogli con lo sguardo se voleva, e maledizione, Asher non poteva rifiutare, perché altrimenti sarebbe stato sul culo un po' a tutti.
Per cui, a malincuore, scosse le spalle. Poi si sedettero vicini.
"Tenete." Gli disse Roi, avvicinando loro due birre.
"Tecnicamente lui non può, non è ancora maggiorenne." Intervenne Tyler, allontanandogliela ancor prima che lui allungasse la mano.
"Chissene. Abbiamo fatto il gioco delle venti domande con una bottiglia di rum, un po' di birra non gli andrà alla testa." S'intromise Cam, facendo ridere un po' tutti.
Eppure ad Ash non era sfuggita quella punta di fastidio nella sua voce. Non sapeva perché l'altro fosse arrabbiato con lui, ma al momento la spiegazione poteva aspettare.
"Quindi vi conoscete già?" Chiese Gabe, aprendo l'ennesima bottiglia con la parte inferiore dell'accendino.
"Sì." Tagliò corto il diretto interessato.
Così si ritrovò a passare la serata in modo piacevole, ridendo, scherzando e venendo a sapere dettagli delle esperienze degli altri ragazzi così imbarazzanti, che se non li avesse saputi sarebbe stato meglio.
A volte aveva percepito le dita di Tyler sfiorargli la mano, e in quel caso, l'aveva messa sul tavolo, fingendo di tenere il telefono in mano per controllare le notifiche. Perché - Dio, Tyler era un porco assurdo, e pure intelligente - e si sa che oggigiorno questi due aggettivi non vanno spesso insieme - però non provocava in Asher la stessa sensazione che gli provocava anche solo guardare Alexander.
L'unico che non parlò fu Alexander, che raramente gli rivolgeva qualche occhiata di sottecchi.
Non seppe cosa gli fece cambiare idea, fatto sta che ad un certo punto, nonostante fossero separati dal tavolo, essendo praticamente nella cerchia di sedie di fronte alla sua, gli parlò.
"Asher, vieni con me un attimo."
E lo disse ad alta voce, incurante degli altri, che per un attimo interruppero il loro chiacchiericcio, probabilmente curiosi o confusi. Roi invece si limitò a sorridere. Poi si alzò e iniziò a fare strada, sicuro che l'altro lo stesse seguendo.
E così fu. Asher aveva pensato per un solo attimo di opporsi, un po' per fargliela pagare per quello che aveva detto nel pomeriggio e la sera precedente, un po' per paura di affrontare la conversazione che avrebbero avuto. Questo fu quello che la sua mente gli aveva suggerito. Asher invece seguì il suo cuore - o meglio, fu costretto a seguirlo, visto che il suo corpo si era già mosso da solo, come armato di indipendenza.
Svoltarono a destra, dopo essersi allontanati dal bar in cui erano, distaccandosi anche dalla folla che quella sera riempiva la strada e i negozi.
Asher infilò le mani in tasca, non sapendo cosa dire o fare. Alexander lo guardava in un modo che lo metteva in soggezione, e questo sentimento non gli piaceva affatto.
"Perché sei uscito con lui?"
Asher sbatté le palpebre, forse aveva sentito male.
"Perché se non sbaglio ti devo ancora ventotto favori, e tu mi avevi detto di fare questo." Rispose, la voce non proprio calma.
Quella serata aveva i nervi a fior di pelle.
Alexander rimase in silenzio per un breve attimo.
"Ma ieri sera ti ho praticamente mandato a fanculo."
"E io l'ho fatto nel pomeriggio." Rispose, facendogli capire che l'aveva fatto per ripicca.
"Dio, sembri un bambino." Si lamentò il riccio, portando lo sguardo al cielo.
Asher non ci vide più dalla rabbia.
"E allora sai cosa ti dice questo bambino? Ti dice che potete andare a cagare tutti quanti, tu e Tyler pure."
Fece per girarsi, ma venne bloccato dal polso.
"Non abbiamo ancora finito di parlare."
Asher strattonò il braccio, cercando di liberarsi. Poi iniziò ad urlare. Sembrava una checca isterica. O forse la verità era che lo era davvero.
"Non mi interessa! Sono stanco di essere usato come un giocattolo a tuo piacimento! Non sono un cagnolino a cui tiri l'osso per poi fartelo riportare indietro solo per divertimento, e quando ti annoi lo lasci lì, ad aspettare i tuoi porci comodi! Non voglio essere la tua scopata occasionale a discapito del tuo ragazzo, perché io non sono fatto così! E non voglio neanche sentirmi in colpa solo perché so che sto facendo un torto ad una persona che con lo meriterebbe! Ma non ci riesco, perché sei attraente e quando ti ci metti sai essere anche gentile e-"
Mi  piaci, stava per aggiungere.
Asher riversò un fiume di parole, fermandosi quando fu obbligato a riprendere fiato - per fortuna capitò proprio un momento prima di terminare la frase.
Fu solo quando guardò Alexander, che al momento aveva su un'espressione confusa, che capì di star piangendo. Si asciugò velocemente le lacrime, poi fece per andarsene. Ma fu fermato per l'ennesima volta, e questa volta Alexander lo bloccò al muro, avvicinandosi a lui pericolosamente.
"E?" Lo invitò - obbligò - a continuare, gli occhi adesso più bui.
Asher non voleva farlo. Probabilmente l'altro voleva che dicesse una cosa che già sapeva solo per ridergli in faccia e lasciarlo lì, a compiangere sé stesso.
Asher aveva paura.
"Mi piaci." Sussurrò, guardando verso il basso.
"Non so perché, non so come, non capisco neanche come mi sento. Non lo capisco." Disse, più a sé stesso che all'altro.
Alexander appoggiò la fronte alla sua, sospirando. Questo fece sgranare gli occhi del più piccolo, poi però Alexander si abbassò all'altezza del suo orecchio.
Quando la sua voce roca gli sfiorò il timpano, gli vennero i brividi.
"Tyler non è il mio ragazzo, gattino. Stavamo insieme, ma questo è stato tanto tempo fa. Comunque il punto è un altro. Mi dispiace se ti ho risposto a quel modo ieri sera, ma ero solo ... Geloso."
Asher sorrise tristemente, mentre aspettò il più grande continuasse la frase con "di Tyler".
"Geloso di te. Non perché stessi uscendo con Tyler. Ma perché Tyler stava uscendo con te."
Asher spalancò gli occhi per lo stupore.
Cosa?
"Q-questo che significa?" Trovò la forza di chiedere.
"Non lo so neanch'io. So solo che non faccio mai determinate cose più volte con la stessa persona, e soprattutto, non mi ritrovo ad averle in testa per la maggior parte del giorno. Non posso dirti cosa sia con esattezza, perché ancora non lo so nemmeno io, però una cosa è sicura. Mi interessi."
Se quello era un sogno, Asher voleva continuare a dormire.
"Adesso smettila di piangere, okay?" Gli chiese.
I loro visi erano così vicini che se Asher avesse spostato di un solo millimetro la testa in avanti, i loro nasi si sarebbero sfiorati.
"Non riesco, idiota. Credi mi piaccia piangere?!" Parlò Asher, prima di tirare su con il naso.
Alexander era appoggiato al muro con un solo braccio, per cui portò l'altro al viso del più piccolo, accarezzandogli la mandibola, prima di muoverla verso il retro del suo collo, per spingere la sua testa verso di sé, facendo collidere le loro labbra.
Fu un bacio lento, poco passionale, ma la bocca di Alexander premeva con una certa pressione contro la sua, quasi volesse chiedergli scusa per averlo fatto piangere.
Quando il più grande si allontanò il minimo necessario per parlare, un sorriso si appropriò delle sue labbra. Era il suo solito sorriso, quello spavaldo, ma c'era qualcos'altro in questo, che Asher ancora non capiva.
Eppure gli faceva battere il cuore ancora più velocemente.
"Hai smesso."

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