Chapter 4: This Is Gospel

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"Michael!".
La voce del direttore giunge diretta nelle mie orecchie, profonda ed alta, ed io mi ritrovo a fare un veloce riepilogo di tutto ciò che avrei potuto sbagliare.
Ho convinto Hemmings a comprare i quadri, mi sono mostrato amabile, sono rasato e ben vestito, non sono venuto al lavoro ubriaco.
L'uomo mi raggiunge a passo veloce, il suo tatuaggio evidente sul collo, una piccola scritta che non riesco a leggere vicina al colletto azzurro della camicia, un sorriso sulle sue labbra.
"Ottimo lavoro con gli Hemmings, ieri sera. Pensa che Luke mi ha chiesto il tuo numero" esclama, ed io lo osservo per qualche secondo come se avessi appena visto un fantasma.
"Perchè?".
Il direttore sorride, mal celato orgoglio nel suo sguardo, prima di darmi una spiegazione: "a quanto pare sua figlia vuole imparare a dipingere come colui che ha fatto i quadri che tanto le piacciono, e quel qualcuno sei tu. Quell'uomo è disposto a pagarti centinaia di dollari a lezione pur di far felice quella bambina".
L'ombra di un pallido sorriso compare sulle mie labbra al pensiero della piccola Cecilia alla quale, anche se fatico ad ammetterlo, mi sono affezionato nonostante le poche ore passate insieme, ed annuisco velocemente prima di congedarmi, tornando nel mio ufficio dove Ashton mi aspetta trepidante.
"So che hai origliato tutto" sorrido, prendendo posto alla mia scrivania, ed un urletto esaltato lascia le sue labbra prima che accorra ad abbracciarmi.
"Sono così felice per te, Mike! È il tuo sogno, e una bambina è riuscita a farlo diventare realtà!" Esclama, eccitato come solo lui sa essere, e scoppio a ridere davanti alle sue parole.
Ashton sa quanto l'arte sia importante per me.
Sto per proporgli di andare a pranzo insieme al suo fidanzato quando il mio cellulare squilla, e quando vedo un numero sconosciuto ricordo le parole del direttore, cercando di darmi un contegno prima di rispondere.
"Pronto?".
"Salve, Michael, scusi il disturbo, sono Luke Hemmings, non so se si ricorda".
"Sì, certo, buongiorno, signor Hemmings, cosa posso fare per lei?".
Una risata lascia le labbra dell'uomo dall'altra parte della cornetta, ed istintivamente un sorriso fa capolino sulle mie labbra.
"La prego, mi chiami Luke".
"Solo se lei mi darà del tu, signore".
"Affare fatto, bando alle formalità. Ho una proposta per te, e mi chiedevo se ti andasse di discuterne a pranzo, se sei libero" propone Luke, il suo tono cordiale ed amichevole, quando all'improvviso sento una felicità strana, innaturale, non mia invadere il mio corpo, scorrere liquida nelle vene, e cerco a tutti i costi di reprimere il sorriso che minaccia di uscire sulle mie labbra afferrando una matita e cominciando a mordicchiarla.
"Certo, va benissimo. La mia pausa pranzo è dall'una e mezza alle tre, che riapre la galleria. Puó andare bene?" Domando, e sento una leggera risata dall'altro capo della linea.
"Perfetto. Posso passarti a prendere davanti alla galleria, se sei d'accordo".
"Perfetto, affare fatto. A dopo, allora".
"A dopo, Michael" risponde, la sua voce più bassa di prima, ed immediatamente mi ritrovo a deglutire a vuoto prima di posare il cellulare sulla scrivania nascondendo questo sorriso stupido dietro ad una matita che, per l'una e mezza, sarà ridotta ad un mozzicone.
"Allora? Ho sentito un tono mellifluo, stai cercando forse di lavorartelo per bene prima di chiedergli una cifra spropositata?" Domanda Ashton, sorridendomi come un papà fiero, quando alzo gli occhi al cielo cercando di mostrarmi irritato dal suo tono quando in realtà non lo sono affatto.
In questo momento, mi sento quasi invincibile.
"È andata bene, mi ha proposto un pranzo di lavoro per parlare di questa proposta" spiego brevemente, afferrando un foglio di carta prima di cominciare a disegnare distrattamente con la matita, e mentre Ashton parla, dicendomi quanto sia orgoglioso di me e cose del genere, io mi ritrovo perso nel mio disegno, perso nei tratti, nelle ombreggiature, distratto dal rumore della città, nel mio piccolo mondo.
Un piccolo ciuffetto, l'ombra di una cicatrice lasciata dall'acne, un angolo sollevato.
"Mike? Mike, mi stai ascoltando?" Domanda Ashton, schioccandomi due dita davanti agli occhi, facendomi tornare con i piedi per terra, quando sento il suo respiro mozzarsi, e porto gli occhi sul foglio.
Quando disegno, mi soffermo nei particolari, senza badare mai alla visione d'insieme, e questa volta non è stata diversa dalle altre.
Quel ciuffo, quella cicatrice, quell'angolo.
Dettagli che non mi ricordavo di aver notato.
Dettagli di un ricco imprenditore biondo chiamato Luke Hemmings.

Holy || Muke Clemmings Where stories live. Discover now