Chapter 11: Victorious

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Il soffitto della mia camera da letto non mi è mai sembrato cosí interessante.
Piccole crepe lo decorano, infrangendo il bianco, cosí candido e puro.
Un'anima che ha commesso degli sbagli, un'anima peccatrice.
Proprio come me.
Il profumo di bucato delle mie lenzuola è svanito, dissolto nell'aria come fumo, e tutto ció che sento ora è il profumo di Luke che se n'è andato dieci minuti fa.
Dopobarba e bucato.
Probabilmente un ammorbidente con qualche fiore strano.
Chissà dove si trova la ragazza che mi ha toccato, la mia anima gemella.
Visto come sembrava interessata solo a portarmi nel bagno piú vicino per una sveltina, direi che si trova a casa di qualche sua nuova preda.
Voglio dipingere.
Sentendo il corpo incredibilmente pesante, come un fardello, mi alzo dal letto, cercando di rimanere in equlibrio, quando un'ondata di nausea mi scuote, spingendomi a correre verso il bagno, liberando il contenuto del mio stomaco dentro il gabinetto.
"Oh, Michael" sento mormorare dietro di me dalla voce venata di tristezza di Calum, che mi si avvicina velocemente prima di cominciare ad accarezzarmi piano la schiena a moti circolare mentre i conati squassano il mio corpo.
A volte mi odio cosí tanto.
"Sto bene" riesco in qualche modo a biascicare, sporgendomi quanto basta per tirare lo scarico prima di alzarmi barcollante e raggiungere il lavandino, reggendomi come se la mia vita dipendesse da esso.
"Non stai bene, Michael. E lo sai anche tu. L'aveva detto Fitzgerald: i minimi cambiamenti ti mandano in tilt. Per questo l'ho chiamato, sarà qui a momenti" ribatte Calum con determinazione, mettendo del dentifricio sul mio spazzolino prima di passarmelo.
"Non voglio parlare con lui".
"E invece lo farai, Michael. Senza protestare. È l'unico che riesce a rimetterti in sesto quando sei in questo stato".
"Anche la tequila ci riesce".
"Niente alcolici con le tue pillole, lo sai".
A quelle parole sbuffo, incrociando le braccia al petto, quando il campanello squarci la nostra conversazione.
"È il dottore. Per favore, non rimanere in silenzio. Dagli la possibilità di aiutarti".
"Voglio dipingere, Cal".
Un sospiro lascia le labbra di Calum mentre si allontana seguito da me finchè non raggiungiamo il soggiorno, quando da dietro la porta d'ingresso il dottor Fitzgerald fa la sua comparsa, con la sua camicia sempre macchiata di caffè ed i capelli arruffati.
"Sono venuto il prima possibile" è tutto ció che dice entrando in casa, osservando brevemente le tele sul divano e quella sul cavalletto ancora bianca, immacolata, innocente.
Pura.
Qualcosa che io non sono mai stato e mai saró.
"Calum, credo sia meglio che tu vada" aggiunge poi il mio strizzacervelli, ed il moro annuisce prima di lanciarmi un sorriso tirato.
"Ci vediamo piú tardi, verró con Ash".
Annuisco alle sue parole, sentendole lontane, come attutite, mentre osservo il rosso e il giallo fondersi fino a creare un arancione vivo in una tela posata poco lontana, quando Fitzgerald si gira verso di me.
"Disegniamo, Michael?".
Tutto è tornato come quando ero in terapia.

Holy || Muke Clemmings Where stories live. Discover now