Caduta libera

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Il primo telefono a squillare fu quello di Pina Pautasso, poco dopo la mezzanotte. La nota che era stata inviata a tutte le centrali per riferirle di ogni analogia al suo caso aveva funzionato. In Friuli un bambino era scomparso durante una festa di compleanno e nella stanza da cui era stato presumibilmente prelevato avevano trovato una paperella di gomma, scalciata in un angolo forse durante la colluttazione. Pina avvisò Flavia Mariani e le due si diedero appuntamento in commissariato. La Mariani, lungo il percorso, chiamò il collega Lorenzo Carrozzini a Teramo. L'ANSA rimbalzò un paio di volte la notizia che finì su una rete di TG 24 ore. All'una e mezza Michela Baldoni e suo figlio Gabriele vennero svegliati dalla telefonata della madre di lei, insonne e isterica, preda dell'angosciante certezza che sarebbero andati a riprendersi il nipote la notte stessa. Michela cercò di mettersi subito in contatto con l'ispettore Ricci chiamandolo sul suo numero privato, che lui le aveva raccomandato "solo per le emergenze". Buttato giù dal letto Ricci si baloccò tra il sì e il no per un bel pezzo prima di decidersi a chiamare quello che fino a poco più di un anno prima era il suo diretto superiore. Senza avere più nessun titolo ufficiale Giuseppe Cardinali si alzò, si vestì con calma e si preparò a tornare al vecchio ufficio sotto lo sguardo torvo della moglie, che di levatacce notturne era stufa marcia.

E in quel momento anche il telefono di Mariangela Cozzani squillò.

Era profondamente addormentata, perché il mattino dopo c'era l'ennesima riunione in giunta, sempre il bilancio che non tornava e sembrava che ci volesse un genio della matematica per capire dov'era stato il disavanzo. Beyoncé eruppe con "Single ladies" facendo sollevare di scatto la testa al gatto che dormiva sul cuscino accanto al suo, e anche se lo aveva poggiato a faccia in giù lo schermo emanò una pallida luce azzurra. Stordita e ancora più di là che di qua Mariangela lo prese e cercò di leggere il nome -che poi era un numero- senza riuscirci, troppa luce.

«Cozzani.» gracchiò.

«MARIANGELA, DEVI VENIRE SUBITO!» le urlò una voce soffiata all'orecchio.

«Pronto?» rispose confusa.

«Sono io, sono io! Ce l'ho fatta!» era un bisbiglio, ma era anche un urlo.

«Ma cosa...?» si mise a sedere e accese la luce. «Dove sei?»

«Non hai sentito i notiziari? Devono parlarne, per forza!»

«No, io non... Ma è notte, cosa è successo?»

«A Pordenone, come ti avevo detto io, un bambino! Ero lì! Non sono potuto entrare ma ho visto la macchina partire e l'ho seguita, e adesso so dov'è nascosto!»

Mariangela sentì freddo alle guance ed ebbe la certezza di stare per svenire. Ma non poteva, allora appoggiò la nuca alla testiera del letto e iniziò a respirare ad ampie boccate.

«Ci sei? Ci sei? Non posso stare molto, il telefono si illumina, qui sono al buio, mi si vede!»

«Chiamo la polizia?»

«No, che polizia, sei matta?»

«Allora chiamo quel ragazzo che mi hai detto?»

«Sì, lui. E poi devi venire qui, e anche lui, dirgli di venire anche lui. Ma alla svelta, forse ce la fate prima dell'alba.»

«Ma perché non lo chiami tu?» tentò.

«Perché non ha questo numero, mi sono fatto la scheda nuova. E poi non posso spiegargli tutto, non ho tempo, rischio di essere visto. Ho chiamato te, tu chiama lui. Trovatevi a mezza via, partite separati e poi venite qui.»

Non ti faccio nienteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora