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Quando, attorno alle dieci, il personale venne sostituito dai colleghi notturni, ceravamo solo io, Pattie, Xabi e Cande. Sfortunatamente, quando ritornai dalla caffetteria dopo aver avuto la più strana, insolita, inaspettata conversazione della mia vita, la prognosi di Jorge era sempre la stessa. Se ve lo state chiedendo, non era nemmeno una prognosi dato che non ci avevano ancora detto nulla di utile. Era stabile, ma continuavamo a non sapere quando si sarebbe svegliato. Non era trascorso nemmeno un giorno ed io ero già stressata. Avevo bisogno che riaprisse gli occhi e che dicesse uno dei suoi commenti o uno scherzo che mi facesse ridere e dimenticare ogni cosa negativa che era successa da quand'era morto suo padre. Ma la vita non andava cosi. Non accadevano miracoli.

Ciò che richiamò la mia attenzione furono Pattie e mia madre, totalmente impegnate in una conversazione in un angolo, i loro toni di voce erano sommessi quasi come se stessero sussurrando e la mano di mia madre era posata sulla spalla di Pattie. Non avevo fatto presentazioni, dal momento in cui Pattie era rimasta con Jorge, ma devono aver provveduto ugualmente. Non avrei mai immaginato che mia madre fosse una donna colma di empatia, ma, ancora una volta, era stata capace di sorprendermi. Credevo fosse per il semplice fatto che entrambi erano madri e avevano qualche strana connessione tra loro. Ero felice di questo. Mamma se n'era andata per tornare al lavoro, dopo avermi portato del cibo dalla caffetteria sebbene non avessi fame. Non avevo visto Jorge e l'ospedale era diventato un luogo cosi noioso, al punto da far si che Cande, Xabi, Samantha ed io avevamo iniziato a giocare a nascondino. Qualche minuto dopo le cinque mi ero addormentata sulla spalla di Xabi per poi svegliarmi qualche secondo dopo per via delle occhiatacce lanciate dalle infermiere.

Si potrà pensare che il lavoro degli infermieri consista nel fissare la gente che dorme nelle sale d'attesa. Non avevo dormito molto, ero cosi nervosa e inquieta che sarebbe stato inutile. Non mi venne sonno e, quando chiusi gli occhi, vidi l'immagine di Jorge, pallido e pieno di sangue, mentre arrancava per respirare e per cui mi svegliai di soprassalto. Praticamente stavo sopravvivendo solo con del caffe. Non era una novità. L'avevo fatto per tutta la durata del Peter-mi-ha-intrappolata-e-poi-ha-recitato-la-parte-dell'eroe. Non sarei più riuscita a chiudere gli occhi e sognare cose belle. Ma non volevo aver ancora che fare con tutto ciò. "Vuoi entrare?" domandò Xabi non appena gli impiegati notturni furono stabili. La stessa donna bionda della notte precedente era dietro al bancone, accanto alle porte d'entrata alla terapia intensiva.

Era impegnata a smistare fogli di carta, mentre guardava di nascosto me e Xabi e scosse il capo. Probabilmente si aspettava di dover fingere nuovamente alle nostre bugie. Ero convinta che quello fosse il piano di Xabiani. Ed io l'avrei appoggiato. "Certo." dissi, volgendogli un sorriso meschino. Ci mancò poco che mi mettessi a ballare quando la donna bionda disse. "Wow, non riesco a credere di aver dimenticato il camice. Mi allontanerò per qualche minuto. Non ci sarà nessuno a controllare queste porte." Ero tentata di ringraziarla, ma continuai a recitare ed aspettammo pazientemente che se ne andasse per poter entrare. Jorge sembrava lo stesso della notte precedente. Forse mi aspettavo qualche miglioramento, un cambiamento, un barlume di speranza. Ma era ancora pallido, ancora incosciente, ancora intubato. Cande e Pattie avevano fatto avanti e indietro per tutto il giorno. Il medico le aveva consigliato di lasciar riposare Jorge non che avessimo potuto disturbare il suo sonno, comunque. Cande si era lamentata perché non trovava giusto il fatto che lasciassero entrare solo i parenti più stretti, visto che in quel caso significava permettere l'accesso solo a lei e Pattie. Daniel era troppo piccolo per vedere suo fratello in quello stato, specialmente per il fatto che adorava Jorge; e i suoi nonni non potevano permettersi i soldi per un biglietto aereo.

Mi aveva rattristato parecchio sapere che Jorge era gravemente ferito e loro non avevano fatto alcuno sforzo per venire a fargli visita. Speravo comunque che sarebbero venuti. Ero d'accordo con Cande sul fatto che sia io che Xabi avessimo dovuto vedere Jorge perché era ciò che lui voleva, eravamo una famiglia. Non credevo che lei potesse capire quanto significava per me essere considerata parte della sua famiglia, sebbene non fossimo più una coppia. Xabi ed io non proferimmo parola quando fummo davanti a Jorge. Era ancora cosi spaventato del fatto che anche il più piccolo rumore potesse disturbarlo. I suoi capelli erano pettinati all'indietro, lo facevano sembrare un perfettino del cazzo. L'avrebbe odiato. Scommetto che Cande s'era divertita a giocarci e a renderlo ridicolo. Ridacchiai leggermente e gli scompigliai i capelli, facendoli tornare al loro aspetto normale. Erano cosi soffici ed avrei voluto continuare a toccarli, ma ritrassi la mano. "Merda." imprecò Xabi quando il suo telefono iniziò a suonare. La suoneria sembrava una canzone di Drake. Non l'avrei riconosciuto se me l'aveste chiesto cinque mesi fa. "Xabi, ci farai beccare." lo ammonii. "Scusa, è mia madre. Torno subito." Si allontanò correndo, per cui non ebbi tempo di trattenerlo Quando ci fummo solo Jorge ed io, mi sentii come se non fossi nemmeno li.

Il ragazzo del BronxDove le storie prendono vita. Scoprilo ora