19.

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Sono passati solo tre giorni da quando ho letto quel messaggio.
Oggi torniamo a casa e io, non riesco a togliermi dalla mente le parole di Jack.
Le valige sono giá in macchina.
Miriam e Daniel, ci accompagnano all'aereoporto.
Dopo baci, abbracci e molti pianti, io Samantha ed Edward entriamo ell'aereoporto e dopo poco tempo, siamo giá sull'aereo.

Ore dopo, siamo arrivati.
Il ritrovo dei bagagli è sempre un impresa.
Appena li troviamo e stiamo per andare via, Samantha va alla ricerca del bagno come una matta.
Dopo solo un'ora a cercare i bagni, e ad aver aspettato un'altra mezzora che si liberassero, usciamo finalmente dall'aereoporto.
Arriviamo a casa e disfiamo le valige.
Edward e Samantha vanno a cena fuori e io ne approfitto per dormire un po'.

Mi giro e rigiro nel letto.
Continuo a pensare a lui.
Lui, che mi ha stravolto la vita.
Non riesco a stare lontana da lui.
Mi manca tutto di lui.
Le sue mani che mi toccano esperte, i suoi baci, il suo respiro sul mio collo, i suoi occhi grigi, tutto.
Ho bisogno di vederlo.
Ho bisogno di lui più di ogni altra cosa.
Prendo il telefono, chiamo Brent che al secondo squillo risponde.
«Dov'è Jack?» chiedo
«Non c'è signorina. È andato a lavoro questa mattina. Se vuole lo chiamo.» dice. Metto in vivavoce e appoggio il telefono sul comò.
Prendo dei pantaloni dal cassetto e una maglia a maniche lunghe, indosso tutto e poi passo alle scarpe e alla giacca.
Prendo le chiavi della macchina, il telefono, e tutti i soldi che ho che sono abbastanza e vado in soggiorno.
«Di a Jack che l'ho chiamato. Digli di chiamarmi per favore.» dico
«Certo signorina.»
Attacchiamo.
Chiudo casa e corro in macchina.
Se non lo faccio ora non lo farò mai più.
Guido il più veloce posso in una pista di volo, poco fuori San Francisco.
Vik, un'amico di mio padre è un pilota.
Sono una pazza a fare questa cosa, ma voglio farlo.
Non posso più aspettare.
«Ciao Vik.» dico
L'uomo è sulla cinquantina, alto, magro, con i capelli scuri, i baffi e gli occhi verdi.
«Madison come stai? Che ci fai da queste parti?» dice, abbracciandomi.
Quest'uomo è il migliore amico di mio padre fin da bambino.
Li scambiavano spesso per fratelli.
«Devo fare una cosa e mi servi tu.»
Annuisce e gli spiego il tutto.

Jack mi chiama.
Io rispondo. Mi tremano le mani, non so come la prenderá, non so cosa mi dirá.
«J-jack...»
«Madison, dove sei?» dice, quasi urlando.
«Guarda dalla finestra, guarda il cielo.» dico
Sento i passi di Jack e poi le lacrime.
Sono su un'elicottero insieme a Vik che lo pilota. Una cordicella legata al fondo dell'elicottero con le lettere "S" "I".
Scoppio a piangere quando sento Jack urlare e piangere di gioia.

Ritorniamo in elicottero alla pista di volo e atterriamo.
Pago Vik e vado a casa di Jack in macchina.
Brent è davanti all'ascensore, deve averlo avverto Jack.
Lo saluto e mi siedo al divano ad aspettarlo.
Sono un fascio di nervi e sembro scappata da casa.
I capelli in disordine e la maglia stropicciata.
Il trillo dell'ascensore mi fa scattare in piedi e lui è li.
Perfetto come sempre nel suo completo scuro e cravatta argento.
Nessuno dei due si muove.
Sento i piedi incollati a terra e se faccio un passo rischio di cadere.
Mi viene in contro e mi si ferma davanti.
Ha gli occhi rossi ma il sorriso più bello di sempre.
Mi prende in braccio a cavalcioni e inizia a farmi girare.
Urla di gioia e io con lui.
«Ti voglio sposare.» dico urlando di gioia mentre continua a farmi girare.
Mi stringe forte a se mi bacia con passione.
Quel bacio...il bacio più passionale e dolce di sempre.
È perfetto.
Lui è perfetto.

You are my slaveWhere stories live. Discover now