23.

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Sono arrivata a casa da due giorni.
Non ho ancora parlato con Jack.
Ho spiegato tutto con calma a Samantha che, a ogni mia parola, urlava di gioia.
Mangio qualcosa al volo e prendo le chiavi della macchina.
Non posso aspettare.
Non voglio più aspettare.
Ho bisogno di vederlo, di parlarli.
Esco di casa e metto in moto l'auto, guido, il più calma possibile anche se sono un fascio di nervi.
Appena arrivo davanti l'enorme edificio, rallento e parcheggio li davanti.
Appena entro, vedo Estela uscire.
«Signorina Shaperd salve.» dice e mi sorride
Io la saluto e vado agli ascensori.
Dall'ascensore escono delle persone, svuotandolo completamente, e appena escono tutti, entro.
Man mano che l'ascensore sale, con me sale sempre di più l'ansia e la paura.
Ma ora è troppo tardi per tirarmi indietro.
Il trillo dell'ascensore mi fa sussultare, e appena le porte si aprono esco e sono nell'appartamento di Jack.
Mi sembra di non esserci stata per secoli.
Brent e in cucina a bere un sorso d'acqua e quando mi vedo, sgrana gli occhi e tossisce.
«Lui dov'è?» chiedo
«Nel suo ufficio signorina. Non esce da giorni.» dice
Annuisco e vado verso l'ufficio di Jack e mi fermo appena fuori la porta.
Dovrei bussare?
Entrare e basta?
Mentre penso a cosa dire, lo sento piangere.
Mi si spezza il cuore e mi sento una vera merda che lui stia cosi male.
Senza pensarci due volte apro la porta, senza bussare e mi fermo sulla soglia.
Jack e con il viso abbassato sulla scrivania, le braccia incrociate davanti.
«Vattene Brent!» urla Jack, non sapendo che sono io.
«Ciao...» sussurro
Alza la testa di scatto e a me si spezza il cuore nel vedere i suoi occhi gonfi e rossi per il pianto.
«Madison...sei davvero tu?» chiede incredulo
Annuisco semplicemente.
"diglielo accidenti, diglielo!" mi ripete il mio subconscio.
Prende un bel respiro e poi...
«Sono incinta» dico, guardandolo negli occhi
Lui si alza dalla scrivania e gli gira attorno.
«Per questo sei sparita?» chiede e io annuisco a sguardo basso
È a pochi centimetri da me.
«Pensavi che mi sarei arrabbiato?» chiede ancora
Mi accarezza la guancia e mi fa alzare il mento.
Mi bacia.
Un bacio dolce e lento. Un bacio che non mi aveva mai dato prima.
Un bacio di quelli che ti fanno sentire veramente amata.
Si stacca da me, ha gli occhi lucidi.
Sorride, un sorriso di quelli che non dimenticherò mai.
Si inginocchia, mi accarezza la pancia e poi la bacia.
Li accarezzo i capelli e lui continua a baciare la mia pancia.
Si alza e mi bacia ancora.
Guardo i suoi occhi che sono lucidi, gli accarezzo la guancia.
Le lacrime iniziano a rigargli le guacie, le labbra, e gli occhi diventano rossi.
«Ti prego...» dice, riprende fiato «Ti supplico...» riprende ancora fiato «Non scappare più da me...» dice, crolla in ginocchio davanti a me, sguardo basso, e un pianto straziato dal dolore.
«Jack...» mi inginocchio davanti a lui.
Lui resta immobile, fissendo terra.
Gli prendo le mani.
«Ti amo» dico
Alza lo sguardo, i suo occhi grigio sono fissi nei miei.
«Ti amo anch'io» dice e poi mi bacia forte.

Estela ha preparato la cena.
«Spaghetti con polpette.» dice, servendoci la cena.
La ringraziamo e poi va via.
Iniziamo a mangiare, è davvero squisito.
Vado per versarmi un po' di vino rosso ma Jack mi ferma.
«Sei pazza? Non puoi bere.» dice, togliendomi la bottiglia di vino dalle mani.
Alzo gli occhi al cielo e lui mi guarda male.
Prendo un'altra forchettata di spaghetti ma quando vado per mangiarli mi blocco.
Poso la forchetta, mi tocco la pancia.
Jack mi guarda preoccupato, mi prende la mano che ho libera per tranquillizzarmi.
«Che succede?» chiede, accarezzandomi le nocche della mano.
Tolgo la mano dalla sua e me la porto alla bocca.
Mi alzo di scatto da tavola e corro al bagno.
«Meddy! Cazzo!» sento Jack correre dietro di me ma si ferma quando vede la porta del bagno chiusa.
La nausea è davvero forte.
Me l'aveva detto la dottoressa che mi sarebbe capitato spesso di avere la nausea.
Jack continua a bussare e a chiamarmi preoccupato fuori dalla porta.
Sento che parla con Brent, dicendogli che sto male e di chiamare l'ambulanza.
«No!» urlo e poi la nausea e il vomito continuano.
Passato il vomito e la nausea, mi alzo da terra.
Mi lavo il viso e lo asciugo.
Solo ora noto di avere molte occhiaie, il viso pallido e sono più magra di almeno cinque o sei kg.
Apro la porta del bagno, Jack è li ad aspettare, insieme a Brent.
«Dio come si pallida. Io chiamo l'ambulanza.» dice, io lo fermo per il braccio.
«È normale per i primi tempi che stia cosi. Non preoccuparti per favore.» dico e vado in soggiorno.
Mi sdraio suo divano, accendo la tv e inizio a fare zapping da un canale all'altro.
Poco dopo, Jack viene a portarmi una coperta.
«Torno subito.» dice, mi bacia la fronte e va nel suo studio.
Sento la porta dello studio chiudersi, mi alzo dal divano, spengo la tv e poso il telecomando sul tavolino.
Salgo le scale e mi fermo davanti la stanza dei giochi.
Afferro la maniglia e la giro.
La porta è aperta.
Entro ed è tutto uguale a prima.
Il letto, i mobili e tutto il resto.
Vado verso uno dei mobili, fatto tutto di cassettini.
Apro il primo, e dentro trovo un collarino con una catena.
Noto solo ora che è un guinzaglio.
Lo poso e apro il secondo dei quattro cassettini che ci sono.
Il secondo contiene delle pinze, dovrebbero essere quelle per capezzoli, il terzo contine un ball gag e il quarto un'oggetto che non ho mai visto.
«È un dilatatore anale.» la voce di Jack rimbomba nella stanza.
Mi giro di scatto e lui è appoggiato con la schiena al muro.
«Oh» dico, riguardando l'oggetto.
Jack mi viene in contro.
«Che ci fai qui a curiosare?» chiede, prendendo l'oggetto che ho in mano
«L-la porta era aperta e...» annuisce, mentre guarda il dilatatore.
Poi alza lo sguardo su di me, un sorrisetto maliziosi gli si palesa sulle sue labbra rosee.
«Vuoi provarlo?» mi chiede, notando che lo stavo guardando.
Io lo guardo davvero sconvolta.
Chiudo gli occhi un secondo e tutto, tutto quello che mi ha fatto mi si palesa nella mente.
Non erano cose tanto peggiori, non mi ha mai picchiata o fatto male gravemente, tranne per quella volta quando mi ha fatta scopare da più dominatori.
«S-si...» la voce trema, la paura c'è ancora. So che non mi fará del male, ma il pesiero c'è sempre.
«p-padrone...» dico.
Non so neanche come devo chiamarlo in questo caso.
«No piccola. Non chiamarmi mai più padrone. Non lo sono e non lo sarò più.» dice, e mi accarezza le braccia.
Annuisco.
Va a chiudere la porta e poi mi conduce verso il letto e mentre ci baciamo, inizio a sentire l'atmosfera cambiare tra di noi.

You are my slaveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora