CAPITOLO 65

121 8 0
                                    

*

Alice era distesa sul letto, girata su un fianco, gli dava le spalle e singhiozzava. Marco rimase in silenzio per ascoltare quello che ne era rimasto del suo pianto disperato... e non riusciva a smettere di pensare che fosse tutta colpa sua. Attraversò il bordo del letto e si inginocchiò di fronte a lei, mentre i suoi sensi di colpa gli provocavano un'insopportabile dolore allo stomaco. Lei si accorse di lui, ma non si mosse, né disse niente.

Indossava un abito da sera meraviglioso, che ormai era tutto stropicciato. Le lacrime avevano rovinato tutto il trucco di quel viso disperato, e anche i suoi morbidi capelli, castani e riccioli, erano più arruffati del solito... ma c'era ancora qualcosa in lei che lo faceva impazzire, forse la sua dolcezza, la sua fragilità, in tutta la sua semplicità era comunque perfetta.

Ciònonostante non poteva vederla così per causa sua, gli si spezzava il cuore. Posò le rose a terra, delle quali era rimasto solo qualche petalo. Si rese conto che non sarebbero servite a niente. Decise di dire qualcosa e pronunciò una frase che in quel momento non aveva alcun senso, nella  lunga lista di cose che avrebbe dovuto dirle per cercare di farsi perdonare e di far cessare le sue lacrime, ciò che stava per dire era di certo una grande stupidaggine, ma in realtà non era così, aveva moltissima importanza per lui.

<<Sei bellissima, Alice>>. Qualcosa dentro di lei si placò, ma la delusione la irrigidì nuovamente, <<Non pensi che sia un po' troppo tardi per dirmelo?>> rispose secca, evitando il suo sguardo e rimanendo immobile. <<No>> rispose lui... in quel momento non riusciva a dire nient'altro, il senso di colpa gli impediva di esprimere come si sentisse, ma la belleza disperata di Alice che stava ammirando era magnifica, e nonostante lui avesse distrutto il suo umore, lei restava stupenda, <<Sei sempre bellissima...>> continuò, ma Alice lo interruppe, questa volta alzandosi dal letto, <<Risparmiami le tue cazzate, Marco>>, con un gesto brusco si allontanò da lui, lasciandolo inginocchiato a terra. <<Mi... mi dispiace... io... mi dispiace>>. Marco era distrutto, nessuna scusa poteva giustificarlo, la giusta frase forse lo avrebbe aiutato, ma come gli succedeva sempre non seppe quale fosse la cosa giusta da dire. <<È tutto quello che sai dire? Dopo quello che hai fatto??>> Alice gli gridò contro, mentre di nuovo le lacrime le attraversarono il viso. Quando Marco le vide, sentì qualcosa dentro di sé sgretolarsi. L'angoscia lo fece agitare e si alzò, andandole incontro. <<Ti ho detto che mi dispiace! Sono stato un vero idiota, lo so! Io non sono abituato a vivere insieme ad una donna che non sia mia madre o mia cugina, non sono la persona più indicata per un rapporto di coppia ed è anche per questo che in tutti questi anni non ho mai voluto nessuno accanto a me. L'unica cosa che so è che non voglio perderti più Alice, ti amo davvero e sono disposto a cambiare per te... per favore, perdonami. Fino ad ora non ho mai avuto altro che il mio lavoro e proprio adesso che finalmente mi sento completo, rischio di perdere tutto... mi odio per averti fatto soffrire in questo modo e la cosa più brutta è che so che potrebbe riaccaderti con me. Infondo ti capisco, con me non ti sentiresti mai amata come si deve, non potresti mai avere tutto il mio tempo e la mia attenzione e per quanto possa amarti devo lasciarti libera di decidere... se dovessi andartene... ti capirei... non ce l'avrei con te>>. Marco aveva le lacrime agli occhi, così come le aveva Alice. Aveva cercato di giustificarsi e di rimediare, ma era arrivato a capire che non sarebbe servito. Era dura ammetterlo, ma era impossibile cambiare la realtà: per lui Alice era tutto ciò che non aveva mai avuto, provava un sentimento inspiegabile e per lei avrebbe fatto di tutto, ma era giusto che Alice pretendesse tutto quello che Marco non gli avrebbe mai potuto dare. L'amava troppo, non avrebbe potuto sopportare in futuro di vederla arrabbiata, delusa ed esausta com'era in quel momento, non poteva essere così egoista da trattenerla, convincendola che Marco Mengoni, lui e la sua vita, fossero diverse da com'erano in realtà... aveva già commesso questo errore.
Ma perché allora, pur essendo convinto di fare la cosa giusta, si sentiva uno schifo?

*
Quando Marco pronunciò quelle parole ed osservai il suo viso straziato, capii che in quel momento ero stata io ad avergli spezzato il cuore. Andarmene era stata un'azione istintiva, ero arrabbiata, anzi infuriata con lui, ma mai e poi mai lo avrei lasciato perché non avrebbe potuto dedicarmi tutto il tempo che avrei voluto. Preferivo anche solo passare un minuto con lui in tutta la mia vita, piuttosto che rinunciare anche a quello per puro egoismo.
In ogni caso però, Marco si era dimenticato di me: mentre si divertiva con gli amici io ero rimasta in quel ristorante ad aspettarlo come una deficiente e questo mi aveva fatta infuriare! E purtroppo lo ero ancora, la paura di perderlo non placò del tutto la mia rabbia.

<<Ti prego... dì qualcosa>> mi disse con voce struggente. <<Dirti cosa? Vuoi che ti racconti che merda di serata abbia passato? Beh, tanto per cominciare non ti sei fatto sentire per tutto il giorno, avevo paura di disturbarti così ho preferito lasciarti in pace, ma dopo una giornata intera che avresti dovuto passare con me, non ti è passato nemmeno per l'anticamera del cervello che avresti potuto almeno mandarmi un messaggio per farmi sapere che fossi ancora vivo! Così ti ho chiamato, ma il signorino se la stava spassando con i suoi amici! Pensavo che almeno venissi a cena per farti perdonare, ma sei arrivato tre ore dopo. Hai idea in tre ore cosa io abbia pensato?? Sono stata a quel tavolo per un'eternità sperando che tu arrivassi!!>>. Marco non rispose, sapeva di aver torto e restò immobile a guardarmi dispiaciuto. <<Ti basta? Nessuno ti obbliga a stare con me, sai? Nessuno ti obbliga a stare con nessuno! Vuoi stare da solo? Bene, benissimo... addio!!>>. Gli gridai contro senza pietà e finché non mi mossi per afferrare la borsa ai piedi del letto, Marco non si mosse di un centimetro. Appena vide che me ne stavo andando, il suo volto si fece ancora più disperato di quanto già non fosse prima e il suo tono diventò supplichevole. <<No, no, no. Aspetta>>. Marco mi prese il braccio, cercando di fermarmi. Io non mi mossi, anche se la sua presa non era affatto solida: era talmente distrutto che se avessi voluto, con un piccolo strattone sarei riuscita a liberarmi... ma qualcosa me lo impedì. Rimase a guardarmi, senza sapere cosa dire per convincermi a restare. Ma i suoi occhi sprigionavano ogni emozione che provava ed osservarli era troppo struggente. Marco era perfettamente consapevole di aver sbagliato e ne era profondamente dispiaciuto. Capivo quanto mi amava e sapevo che proprio per questo mi avrebbe lasciata libera di andarmene se lo avessi voluto. Ma il suo cuore non ce l'avrebbe fatta a dirmi addio. Tutta quella situazione era diventata insopportabile. Marco non replicava e non cercava nemmeno di trovare un motivo ai suoi sbagli: si prendeva tutti i miei insulti senza pronunciare una sola sillaba. Piangeva in silenzio ed era terrorizzato che io potessi lasciarlo, ma il suo senso di colpa era talmente pesante che gli impediva di difendersi e di lottare. Rimasi ad osservarlo a lungo anch'io... il suo viso bagnato di sudore, le sue guance arrossate e rigate dalle lacrime, le sue labbra sottili e i suoi occhi... no, non sarei riuscita a reggere ancora il suo sguardo disperato. Approfittai della sua mano sul mio braccio per attirarlo a me e i nostri corpi si scontrarono. Marco rimase immobile, senza capire. Alzai il viso verso il suo e aggrappandomi alla sua spalla riuscii ad arrivare alle sue labbra. Ci baciammo, Marco mi circondò la vita con le braccia stringendomi forte ed io mi aggrappai a lui. Fu come se tutto si fosse risolto in una frazione di secondo. Sentii la sua mano accarezzarmi dolcemente la schiena, prese la zip e la tirò verso il basso. Il vestito mi scivolò ai piedi, lasciandomi solo con l'intimo. Il suo respiro si fece affannato e le sue mani continuarono ad accarezzarmi la schiena nuda. <<Ho bisogno di te Marco>> sussurrai guardandolo negli occhi. <<Ora sono qui>> rispose sulle mie labbra. Era proprio quel "ora" che mi preoccupava, ma in quel momento non importava.

C'era sempre qualcosa che impediva che ci allontanassimo, non sapevo cosa, ma era più forte di ogni nostro problema, incomprensione e più ostinata di qualsiasi persona che avesse cercato di separarci. Poteva essere il destino o semplicemente l'energia magnetica che sentivo in quel momento: ogni volta che lo sfioravo, quell'energia mi legava a lui, attraversando ogni centimetro del mio corpo, era forte, destabilizzante e indispensabile. Infilai le mani sotto la sua maglietta e gliela sfilai di dosso, poi, senza perdere tempo, cercai la lampo dei suoi jeans. Marco mi prese in braccio e mi adagiò sul letto, poi si sistemò sopra di me.
Eccomi, di nuovo incapace di intendere e di volere, come se il tempo si fosse fermato. In quell'istante tutto era perfetto. Le sue labbra si posarono sul mio collo, poi sulla spalla, vicino all'orecchio ed infine sulle mie labbra, mentre il resto dei nostri corpi si muoveva lentamente insieme come se fosse stata un'unica cosa. Voltai il capo di lato per recuperare il respiro, mentre le labbra di Marco si posarono sul mio cuore. Notai il crocifisso appoggiato sul comodino e capii.

Il Coraggio Dei Sogni IndelebiliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora