CAPITOLO 87

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Che cosa diavolo avevo fatto?

Come poteva una canzone condizionarmi fino al punto di non capire più che cosa stessi facendo? Come avevo potuto perdere il controllo nel momento più sbagliato e con la responsabilità che avevo? Le parole di Nelly furono quelle che mi avrebbe detto la mia coscienza, ma, a parte questo, la mia amica non avrebbe dovuto incolparmi per la mia gravidanza o per quello che provavo ancora per Marco. Non riuscivo a spiegarmi per quale motivo avessi baciato quello sconosciuto, ma sentivo ancora tutto il dolore che avevo provato in quel momento: avevo smesso di essere forte per me e per mio figlio, le parole di quella canzone, la sua voce, mi avevano allontanata da quella realtà che non riuscivo più a sopportare.

Avevo sbagliato, avevo commesso un enorme stupidaggine, ma non potevo accettare le parole di Nelly, la mia migliore amica.

Mentre mi allontanavo dal nostro appartamento, camminando a passo spedito senza una meta, la mia rabbia sbollì lentamente, lasciando posto ai sensi di colpa.

Forse Nelly non aveva torto, forse ero solo un peso per lei e per tutti quelli che mi stavano intorno, non meritavano di provare la tristezza e solitudine che avevo dentro di me. Il mio dolore era come qualcosa che mi divorava lo stomaco, qualcosa che m'impediva di respirare e non era giusto che lo trasmettessi anche alle persone a me vicine. Mi fermai di colpo, rendendomi conto che quel dolore era reale. Mi portai la mano al ventre e cominciai ad avere paura per il mio bambino. Mi guardai intorno, piegata in due dal dolore, dovevo cercare una soluzione velocemente.

Riconobbi la strada che avevo percorso, portava al bar in cui lavoravo e, ricordandomi che Christian avrebbe fatto il turno di notte, decisi di raggiungerlo e di chiedergli aiuto.

Mi trascinai fino alla porta del bar con enorme fatica. Le fitte di dolore non mi lasciavano respirare. Aprii la porta ed entrai nel locale barcollando. Quando i miei occhi incrociarono finalmente quelli di Christian, tirai un sospiro di sollievo e mi lasciai cadere a terra, perdendo i sensi.

*

Nemmeno Los Angeles era d'aiuto ad un cuore spezzato come quello di Marco.

Tutto quello che poteva fare era rinchiudersi a scuola, frequentare i corsi extra e affogare in quei compiti... almeno riusciva a distrarsi.

Cercava di evitare Marta il più possibile, aveva capito che intenzioni avesse con lui, ma non gli interessava, ormai non gli importava più di niente, nemmeno della sua reputazione rovinata in Italia.

Amava Alice con tutto sé stesso, nonostante quello che gli avesse fatto. La prova più difficile per lui era stata lasciarsi andare, credere in qualcuno e fidarsi di lei cecamente, mai avrebbe pensato di riuscirci. Eppure, aveva condiviso con Alice ogni suo pensiero, ogni sua emozione, nulla di lui le era sconosciuto.

Marco non riusciva ancora a credere che questo, in realtà, fosse stato il suo più grande sbaglio. Dopo quell'articolo migliaia di persone lo avevano inondato di domande, non era bastato rilasciare un'intervista in cui smentiva tutto, la sua immagine era macchiata a vita.

Marta non era riuscita a fermare la propaganda della notizia, aveva suggerito di denunciare Alice e il giornalista per calunnia, ma Marco si era rifiutato.

Così, Marta aveva proposto di lasciar passare del tempo, in modo che le acque si calmassero e, nel frattempo, di sparire per un po', magari rendendo quel viaggio utile per entrambi.

Alle 13:30, come tutti i giorni, Marco uscì da scuola per la pausa pranzo. Subito ricevette la chiamata di Marta:<<Sì, sono appena uscito...>>, <<No, non ho ancora mangiato...>>, <<Sì Marta, non ti preoccupare è tutto okay!>>, <<Beh, sono contento...>>, <<No, non se ne parla! Non posso allontanarmi da qui fino al week-end, devo studiare, lo sai!>>, <<Ma non m'importa!>>, <<Okay, ci vediamo al solito posto...>>.

Ad un certo punto qualcuno lo interruppe. Una donna sulla quarantina d'anni lo chiamò <<...Marco?>>, lui si voltò di scatto, <<...Sì?>>, <<Ciao, scusa se disturbo la tua telefonata, sono Patricia una tua fan di San Francisco>>. Marco rimase a bocca aperta, "Una fan di San Francisco??" si chiese, congedò velocemente Marta al telefono <<Okay, ci vediamo tra mezz'ora per pranzare, ora devo andare, ciao Marta>>. Riattaccò il cellulare e si rivolse alla fan che stava aspettando una sua reazione. <<Ti ho infastidito...?>>, il suo italiano non era ottimo, ma Marco capiva cosa volesse dire <<No, tranquilla... anzi sono felice!>> rispose in inglese, sorridendo, non riusciva ancora a credere ai suoi occhi! <<Perdona il mio pessimo italiano!>> si scusò lei, <<E tu il mio pessimo inglese!>> scherzò Marco. Era davvero sorpreso di avere fan negli Stati Uniti! <<Ti piace Los Angeles?>> gli chiese Patricia, <<A dire il vero non ho avuto il tempo di visitarla molto, sono a scuola tutto il giorno e tutti i giorni. È più Marta, la mia manager, che si diverte!>> rispose Marco, <<Sono venuta al tuo concerto di Napoli mesi fa. Io abito a San Francisco, mi farebbe piacere se tu venissi a visitarla, è molto bella!>> continuò lei. Marco ancora credeva che si trattasse solo di un sogno! <<Volentieri, però devo chiederlo alla mia manager!>> rispose, senza smettere di sorridere. <<Ti dispiace farmi un autografo?>> chiese lei, <<Scherzi?>>. Marco firmò il cd di quella fan, venuta fino a lì solo per lui e si scattarono anche una foto insieme.

<<Mi ha fatto piacere conoscerti Patricia, ora scusami, davvero ma la mia manager mi sta aspettando per pranzare>>, <<Oh, no, scusami tu se ti ho disturbato!>>. Si salutarono e poco dopo Patricia si allontanò... Marco rimase a guardarla andare via con il sorriso sulle labbra.

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