Not in her right mind

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Adriel aveva percorso quasi tre isolati senza fermarsi nemmeno per un secondo.
Dante l'aveva guardata andare via con le mani nelle tasche dei pantaloni e, quando era scomparsa dalla sua visuale, era tornato nel suo ufficio fingendo che nulla fosse successo.


-Dante, mi dispiace tanto, ascolta io non...- Leda cercò di parlargli non appena lo vide arrivare.

Era rimasta ferma in piedi vicino alla propria scrivania a mangiarsi le unghie aspettando di vedere Dante tornare. Si sentiva tremendamente in imbarazzo.

-Chiama il capo della sicurezza, voglio che qualcuno la segua e mi avverta dove si trova.- rispose l'uomo senza darle il tempo di completare la frase.

La segretaria si immobilizzò, rimase ammutolita nel sentire quelle parole e percepì che anche l'ultimo pezzo del suo cuore era andato in frantumi.

-Si, signor Rosewain.- gli disse mestamente per poi andare a sedersi e prendere la cornetta del telefono.





-Signorina! Signorina! Si sente bene?-

Adriel si stava tenendo la pancia con entrambe le mani mentre guardava turbata per terra.

Impossibile, è troppo presto. Pensò prima di sentire una leggera fitta al basso ventre.

-Signorina!- la donna di mezz'età la stava scuotendo un pochino aspettando che la giovane si riprendesse.

Adriel alzò gli occhi fissandola a bocca aperta.

-Chiami un'ambulanza, per favore.- riuscì a sussurrare con voce rotta prima di sentire un'altra fitta più forte di quella precedente. Il viso divenne una maschera d'agonia.

E' troppo presto, è troppo presto. Continuava a ripetersi mentre la signora digitava sul suo smartphone 000, il numero d'emergenza.





-Su una scala da 1 a 10 quanto dolore prova?- le chiese dolcemente un'infermiera, la prima persona calma che Adriel aveva incontrato da quando era arrivata in ospedale.
-Non lo so...- farfugliò -Quattro..?-
-Ogni quanto ha le contrazioni?- domandò l'infermiera ma Adriel fece una smorfia di dolore prendendo di nuovo la pancia fra le mani
-Mi correggo: cinque.-

L'infermiera scrisse qualcosa su un foglio poi continuò con le domande.

-Che settimana di gravidanza è?-

-Ho appena iniziato la 24esima.- le rispose la mora sentendo del sudore freddo bagnarle il collo.

L'infermiera tentennò un attimo, la guardò di sottecchi quasi con pietà poi scrisse l'informazione.

-C'è qualcosa che non va?- si allarmò subito la giovane. Non era mai stata tanto agitata in vita sua.
-Chi dobbiamo chiamare in caso di emergenza?- chiese l'infermiera ignorando la sua domanda.
-C'è qualcosa che non va?- Adriel stava per diventare isterica.
-Signorina, calma.- intervenne il tirocinante maschio che stava di fianco alla donna.
-Non mi calmo affatto.- sbottò Adriel iniziando ad agitarsi ancora di più sul posto.

L'infermiera sospirò, mise via il foglio e prese entrambe le mani di Adriel.

-Vedi... Sei giovane, per fortuna.-

La mora sbattè un paio di volte le palpebre cercando di capire cosa c'entrasse la sua età in quel momento.

-Sputa il rospo e basta.- ormai aveva perso tutta la sua pazienza, fece un verso di dolore per via della contrazione e poi mormorò: -Sei.-

Infermiera e tirocinante si guardarono poi la donna parlò.

-E' molto prematuro il parto, le contrazioni sono frequenti e forti, non possiamo più fermare il parto.-
-Ma...- incalzò la mora.
-Le possibilità che il bambino sopravviva sono poco più del 40% e se sopravvivesse dovremo tenerlo in incubatrice per settimane.- parlò sinceramente la donna con un tono rassicurante molto in contrasto con le parole che aveva appena pronunciato.

Adriel espirò, si prese un attimo per assorbire la notizia dopodichè annuì lentamente.
Se avesse perso suo figlio a causa di Dante e della sua segretaria da quattro soldi, sarebbe diventata un'assassina, lo giurò a se stessa.


Quelle ore di travaglio erano una vera tortura, più a livello psicologico che fisico. L'avevano sistemata temporaneamente in una camera d'ospedale dalla quale l'avrebbero poi portata in sala parto. Indossava anche uno di quei pigiami osceni, erano comodi ma comunque osceni.

Pensò che avrebbe dovuto restarsene nelle Filippine, tenersi il suo bambino e partorire per tempo. Ora, a causa della sua impulsività, rischiava di perdere anche lui o lei.

Chiuse gli occhi inspirando a fondo, deglutì lasciando che un'altra lacrima le corresse lungo la guancia. Strinse i pugni ed espirò. Sarebbe andato tutto bene.

-Bene Adriel, ho chiamato tuo marito e sta per arrivare.- le disse l'infermiera che l'aveva accolta al suo arrivo.

-Tu hai fatto cosa?- la voce di Adriel era salita di almeno tre ottave. Ci sarebbe stato qualcosa che andava per il verso giusto in quella giornata?
-Era fra i tuoi numeri di emergenza. Non dovevo farlo?- l'infermiera parve perplessa.

-Non voglio vederlo!- urlò la giovane: -Non fatelo entrare.-

Neanche a farlo apposta in quel preciso istante Dante Rosewain fece il suo ingresso nella stanza, più pallido che mai.

-Vai fuori!- Adriel era di nuovo isterica tanto che l'infermiera pensò di aumentarle la dose di farmaci anestetici. Tutta quell'irrequietezza nella donna non faceva bene al piccolo che già di per sé aveva la vita appesa a un filo molto sottile.
-La signorina non vuole vederti.- il tirocinante gli si piazzò davanti facendogli cenno di uscire.
-La signorina non è nel pieno delle sue facoltà mentali, al momento.- rispose Dante-
-Fuori!- sbottò Adriel offesa a morte. Era pronta a saltare fuori dal letto e cacciarlo lei stessa fuori dalla stanza a suon di pedate nel deretano.



-Dottoressa, la paziente non è abbastanza dilatata.- disse una delle ostetriche.

Adriel aveva la mente un po' offuscata per via dell'anestesia ma era abbastanza sveglia da poter sentire tutto ciò che stava succedendo intorno a lei.

-Se continua di questo passo ricorreremo al cesareo.-

-Neanche per sogno.- rispose Adriel, flebilmente. Poteva accettare le smagliature ma mai un bisturi sulla pelle.

Guardò la dottoressa con la mascherina che stava in piedi davanti a lei, la donna sembrava sorriderle da dietro la protezione.

-Questa è tosta, aspettiamo un altro po'.- rispose il medico sistemandosi meglio i guanti lunghi.


Dante era seduto fuori dalla sala parto, il corridoio era illuminato dalle luci al neon ed era vuoto. Di tanto in tanto qualche infermiere o dottore gli passava affianco senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.

Se sapessero quanti soldi ho donato a questo posto di certo non mi tratterebbero così. Pensò alzando gli occhi al cielo per poi fare una smorfia.

Aveva la nuca appoggiata contro il muro freddo e una gamba distesa davanti a sé, la sedia di plastica era stranamente comoda. Rendeva la tortura del tempo più sopportabile. Chiuse gli occhi respirando con calma ed a fondo.

Le ostetriche non l'avevano lasciato entrare nella sala, Adriel era più cocciuta di un mulo anche da impasticcata.

Alzò un angolo delle labbra portandosi le dita intrecciate dietro la testa. Lui però aveva pazienza. Voleva essere fra i primi a vedere suo figlio.

Il tirocinante l'aveva informato di tutti i pericoli e delle incertezze di quel parto. Dante dovette riconoscere che non era un cattivo ragazzo anche se in un primo momento aveva fremuto per tirargli un cazzotto sul naso.

Le urla di Adriel gli arrivavano attutite dai muri, si chiese come sarebbe stato se il bambino fosse nato in tempo, se le avrebbe fatto più male o se il corpo si sarebbe preparato meglio per la nascita.

Mio figlio. Pensò. Gli faceva un effetto strano. Chiunque poteva dargli contro su quella storia, ma lui ne era sicuro: quel bambino era il suo. Doveva essere suo. Lo sarebbe stato in ogni caso.

The gold diggerWhere stories live. Discover now