5. Quando rischi di schiaffeggiarti da sola in pubblico

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Capitolo 5
Quando rischi di schiaffeggiarti da sola in pubblico





Era venerdì pomeriggio, e Adua si stava preparando nella sua stanza per andare a Torino. Quella mattina c'era stata l'inaugurazione dello Juventus Store a due passi da Piazza Castello, e lei aveva deciso di farci un salto per quel regalo che voleva farsi. In un primo momento aveva pensato di andarci stesso quella mattina, ma poi decise per quel pomeriggio per evitare la ressa che si sarebbe creata con la cerimonia di inaugurazione delle dieci, o almeno per provarci. Non dubitava che sarebbe stato pieno anche ora, ma almeno il grosso della gente era sicura fosse andato presto.

Aveva chiesto a Mick di andare con lei; anche al fratello piaceva quel genere di cose, e di sicuro si sarebbe incantato ad ammirare l'espositore dei palloni. Purtroppo quel giorno lavorava, quindi Adua era costretta ad andare da sola; ma almeno avrebbe potuto prendere la sua macchina – la macchina che condividevano – visto che a lui non sarebbe servita tutto il giorno.

«Sto uscendo!» urlò dall'ingresso ai suoi, prima di chiudersi la porta alle spalle. Il pomeriggio era limpido e soleggiato, ma la temperatura era calata in quei giorni e Adua si strinse di più nel suo giubbotto di pelle.

Mentre guidava pensava a cosa si sarebbe comprata: il suo primo pensiero era stata la maglia di Paulo Dybala – ovviamente – ma quando l'aveva deciso non poteva sapere che lui gliel'avrebbe lanciata dopo la partita. Però rimase ferma nella sua idea: se ne sarebbe comprata un'altra, che avrebbe potuto indossare alle partite – dopo la sua prima esperienza dopo tanti anni era diventata come una droga, ne aveva bisogno – e in altre occasioni, mentre quella indossata da lui, sporca di terra e che ancora conservava il suo odore forte e un accenno di dopobarba, aveva il suo posto d'onore sulla sua parete.

Lasciò la macchina poco fuori dal centro, per evitare di rimanere poi imbottigliata tra strade e vicoletti, e si diresse tranquilla verso il negozio; la borsa le dondolava al fianco, col suo prezioso bottino ancora dentro.

Dentro il negozio c'era qualcuno che girovagava e faceva acquisti, ma non tutta la folla che lei si sarebbe aspettata; fuori invece c'erano ancora i paletti che reggevano il nastro rosso, ormai tagliato, e una marea di coriandoli che coloravano allegramente il marciapiede.

Adua entrò nel negozio, il suo sguardo immediatamente catturato dalla parete principale con su esposte le foto delle squadre e le copie degli scudetti; un sorriso si fece strada sul suo volto e iniziò il suo gironzolare, sfiorando i tessuti dei pantaloni con le dita e leggendo le targhe sotto i palloni da calcio. Quando era circondata da qualcosa che le interessava tendeva a perdere la cognizione del tempo, ma l'orologio sulla parete le disse che era lì già da tre quarti d'ora.

Si diresse al piano di sotto, verso il reparto esclusivamente riservato alle maglie e ai completi, e mentre scendeva le scale poté sentire del baccano provenire da fuori; aggrottò le sopracciglia, chiedendosi il motivo di tutto quel casino. Individuò immediatamente il suo obbiettivo, le maglie di quella stagione, e cercò sullo scaffale quella che desiderava; una volta trovata salì al piano di sopra con l'intenzione di pagare, con ancora quelle urla di sottofondo nelle orecchie.

Ma che diavolo succede?

Quando sbucò dalle scale la prima cosa che vide furono i flash che scattavano all'impazzata, e il negozio molto più affollato di quanto non fosse prima; fuori le porte a vetri la gente si accalcava, alcuni con maglie o accessori della Juve, altri senza, i loro telefonini sfoderati e tutti nella medesima posizione. Alcune guardie tentavano di tenere a bada quella gente, vietando loro l'accesso al negozio – se ci entrava solo un'altra persona non si sarebbero più potuti muovere – e Adua non poté fare a meno di guardarsi intorno con un cipiglio nervoso, cercando di capire cosa effettivamente stesse succedendo.

The Mask | Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora