13. Passare inosservati? Lo stai facendo nel modo giusto

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Capitolo 13
 Passare inosservati? Lo stai facendo nel modo giusto






Il giorno dopo, all'università, Adua raccontò tutto all'amica. Ovviamente durante le pause, perché le due ragazze stavano molto attente a seguire la lezione in vista di quel famoso esame che dovevano preparare.

«Romeo, i corsi non sono obbligatori. Se vuole può anche uscire a chiacchierare.»

Forse Adua nel parlare aveva leggermente perso la cognizione del tempo, ecco, ma tutto sommato cercava di non distrarsi. Vanessa si comportò come se il professore non avesse aperto bocca; ancora meglio, come se fosse lui dalla parte del torto, che le impediva di ascoltare una cosa così fondamentale come la sua amica che aveva chiacchierato con Paulo Dybala.

«No, sul serio? Gli hai detto che è figo? – Ad un cenno del capo di Adua, che non ci teneva ad essere ripresa di nuovo, l'amica fece un sospiro. – Certo che tu non conosci mezze misure. Passi dal "non voglio scriverlo altrimenti sono petulante" al "ciao sei figo ci vogliamo sposare?" con la velocità di un gatto, davvero.»

Adua la guardò di traverso. «Okay, primo: mi sembra che adesso tu stia un tantino esagerando con la storia del matrimonio. Secondo: un gatto, sul serio?» sussurrò, cercando di trattenere le risate.

L'amica rispose con uno sguardo risoluto. «Perché tu non hai idea della velocità con cui il mio gatto scappa davanti ad una bacinella piena d'acqua e sapone, davvero, potrebbe correre i cento metri e...»

La bionda era intenta a raccontare di questo fantastico episodio che vide protagonisti il suo gatto e una paperella di gomma, con tanto di gesticolamenti e suoni, ma Adua si distrasse quando il telefono le vibrò nella tasca dei jeans. Aveva scelto apposta di non tenerlo sul banco, sapendo che non sarebbe riuscita a smettere di fissarlo – o peggio, avrebbe potuto inviare un messaggio a qualcuno. Ma adesso le mani le prudevano dalla curiosità, e contro ogni buona volontà lo estrasse.

La madre le aveva scritto per ricordarle di comprare le uova. Con un sospiro lo posò, tornando ad ascoltare la lezione, accorgendosi solo di sfuggita che l'amica aveva smesso di raccontare. «È lui?»

Scosse la testa. «Mia madre.»

Dopo qualche minuto il telefono vibrò di nuovo. «Controlla. È lui» le sussurrò l'amica.

«Sarà mia madre che avrà scordato qualcosa.»

«Controlla, ti dico!» le ordinò Vanessa, il tono perentorio. Adua le lanciò un'occhiataccia e prese il telefono, giusto per avere la soddisfazione di rinfacciarle il torto. Peccato che il torto lo aveva lei.

"Buongiorno, Adua Romeo." Il cuore cominciò ad accelerare, ed un enorme sorriso le si aprì sul volto.

«Fammi indovinare. Ho ragione, vero?» Al suo fianco Vanessa gongolava, ma Adua non le prestava attenzione.

"Buongiorno a te, Paulo Dybala." Semplice, diretto, come saluto poteva andare. Lui infatti non si lamentò.

"Cosa stai facendo?"

"Fingo di seguire una lezione. Questo fa di me una cattiva studentessa?" scherzò lei.

"Questo fa di te una cattivissima ragazza, Adua Romeo. Mi piace." Le guance di Adua diventarono rosso cremisi e la ragazza nascose la testa tra le braccia dalla vergogna, ma un nuovo messaggio le fece alzare il volto. Vanessa ogni tanto le lanciava qualche occhiata di sottecchi.

"Cosa studi?"

"Comunicazione, all'Università di Torino."

"Fantastico. Per quanto ancora hai lezione?" Adua non capiva tutto questo interesse, ma decise di rispondere ugualmente.

"Ancora un'ora e poi finisco." Per quella mattina. Poi i corsi riprendevano alle tre, ma Adua non vide la necessità di specificare.

"Perfetto! Ci vediamo tra poco." Adua sorrise ampiamente, sicura di non aver capito bene.

"Cosa vuoi dire? Paulo?" Ma lui si era già disconnesso.

×××

«Senti Vane, lo so che preferiresti andare in mensa a mangiare, ma accompagnami un attimo fuori. Non voglio fare la figura della stupida casomai non avessi capito niente» Adua disse all'amica al termine della lezione, posando i libri nello zaino.

«Certo che ti accompagno, non mi perderei lo spettacolo di Paulo Dybala che viene a prenderti all'università per niente al mondo!» rispose con un mega sorriso. Adua alzò gli occhi al cielo, ma venne anche lei contagiata dall'euforia dell'amica. Eppure sembrava tutto troppo bello per essere vero.

A quell'ora la maggior parte degli studenti era in pausa pranzo, e in quelle belle giornate di sole tutti si accalcavano per occupare le uniche panchine libere nel giardino o nel cortile esterno. La scalinata d'uscita era gremita di persone che scartavano panini o chiacchieravano tra loro, eppure quando le due ragazze uscirono trovarono maggiore confusione del solito. Chiunque nel cortile era voltato verso qualcosa di fronte l'entrata, qualcuno aveva pure cacciato il telefono.

Gli occhi di Adua incrociarono il motivo di tanto scompiglio proprio quando l'amica le rifilò una gomitata nelle costole. «Chi è che ha sempre ragione qui, eh?»

Sotto la luce del sole splendeva scintillante la carrozzeria di una Maserati, ma tutta l'attenzione era rivolta al ragazzo in jeans e maglietta che vi era appoggiato contro, il cappello calato, le mani nelle tasche. La sua postura era rilassata nonostante i flash che gli erano puntati contro, a cui probabilmente era abituato, e il suo sguardo era fisso sull'entrata. Adua non poté esserne sicura, ma le sembrò di vedere un movimento della mandibola, quasi a trattenere un sorriso.

La ragazza si voltò verso l'amica, incapace di trovare qualcosa da dire, ma Vanessa le venne incontro. «Non stare qui impalata come una scema, vai!» Le mandò un bacio con la mano e Adua non se lo fece ripetere due volte, scendendo gli scalini a due e sperando di non cadere distesa per terra davanti a tutti.

Una volta giunta nei pressi del cancello lui la vide arrivare e si staccò dalla macchina, assumendo una posizione eretta e togliendo le mani dalle tasche; la ragazza attraversò la strada e si fermò a pochi metri da lui, come quella sera a Genova, incerta sul da farsi. Alle sue spalle era sicura che stesse circolando tra le bocche degli studenti lo scoop del secolo.

Paulo si tolse gli occhiali da sole e la fissò negli occhi, con un sorriso limpido sul volto. Adua era certa che da un momento all'altro sarebbe andata in iperventilazione, quindi spostò lo sguardo e lo fissò sulla prima cosa che aveva davanti – quel gran pezzo di macchina.

«Se cercavi di non dare nell'occhio, sappi che non ci sei riuscito» gli disse mordendosi il labbro, suscitando la sua risata ilare.

«Forse volevo solo impressionarti.» Ammiccò con fare provocante. Il suo cuore perse un battito, ma non lo diede a vedere.

«Molto presuntuoso da parte tua» ribatté, spostandosi una ciocca di capelli che il vento le aveva fatto volare davanti agli occhi.

Paulo si avvicinò col volto al suo. «Ci sono riuscito?»

Adua sperò con tutto il cuore che il rossore sul volto non la tradisse. «Non ti serve una bella macchina per impressionarmi, Paulo.»

Lui sorrise, per poi rivolgere lo sguardo alla Maserati. «Ho pensato che sarebbe stato un peccato farla impolverare a casa. Andiamo?» Fece il giro dell'auto, aprendo lo sportello e aspettando che lei facesse altrettanto. Le sembrò per un momento che il terreno le cedesse sotto i piedi.

«Andiamo.» Aprì la portiera e si sedette al suo fianco. Lui mise in moto, e si lasciarono alle spalle tutto il casino che avevano causato.


¡Buenas tardeees!
La scena di Paulo fuori il cortile con gli occhi di tutti puntati addosso è proprio da film, adorooh😻
Lasciatemi un commentino!!
Bacii x

The Mask | Paulo DybalaWhere stories live. Discover now