9. Vuoi fare una pazzia? Ti sei rivolta alla persona giusta

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Capitolo 9
Vuoi fare una pazzia? Ti sei rivolta alla persona giusta





Adua ripensò alle ultime parole del suo argentino preferito, giocando distrattamente con la sua tazza di tè davanti a sé. Era un tranquillo pomeriggio di inizio settimana, le lezioni erano finite prima quel giorno e quindi la ragazza aveva deciso di andare a casa dell'amica. Vanessa stava parlando a telefono con la madre – da almeno dieci minuti, a quanto pare avrebbero avuto ospiti a casa per un paio di giorni la settimana prossima e si stavano organizzando – e questo aveva lasciato ad Adua il tempo di riflettere un po', di lasciar liberi i suoi pensieri di vagare. Il tè che le aveva preparato l'amica era ormai freddo nella tazza, ma lei continuò a prendere piccoli sorsi senza rendersene conto. Ogni tanto lanciava uno sguardo furtivo al suo telefono, eppure tutto taceva da almeno una settimana.

Le sue parole "Mi farò perdonare in qualche modo" continuavano a rimbombarle nel cervello, ma nonostante Adua ci pensasse e ripensasse non riusciva a capire il comportamento del ragazzo: quella frase sembrava intendere che lui cercasse una scusa per rivederla – poteva essere mai possibile? – eppure era passata già una settimana, una lunga, tetra e pesante settimana, e lui non si era fatto sentire.

Probabile, come a volte le capitava di pensare, che lei si stesse ossessionando eccessivamente sulla questione e che lui in fondo aveva moltissimi impegni – una settimana per lui poteva volare in un battito di ciglia così come per lei poteva non finire mai. Eppure nei suoi momenti no non poteva fare a meno di pensare che la sua fosse stata solo una frase di circostanza, e che in realtà lui stava bene così, senza vederla o sentirla.

Ma allora perché, perché l'aveva cercata su Instagram e si era premurato di scriverle quei messaggi?

«Posso vedere del fumo uscire dalle tue orecchie da qui. Con cosa si sta lambiccando il tuo cervellino, stavolta?» Vanessa aveva chiuso la chiamata senza che lei se ne rendesse conto e adesso sedeva al tavolo di fronte a lei, bevendo a piccoli sorsi il suo tè.

I lineamenti di Adua si rilassarono – non si era manco accorta fossero in tensione, e le sue sopracciglia aggrottate – e si limitò a sospirare. «Sto pensando a Paulo. Al suo ultimo messaggio.»

«Ti riferisci a quello in cui ti dice che ti vuole incontrare o mi sono persa qualcosa?»

Adua fece una smorfia all'eccessiva interpretazione dell'amica. «A quello, anche se non ha detto proprio così.»

Vanessa si limitò a liquidare la questione con un gesto della mano. «È lo stesso. E a cosa stai pensando, esattamente?»

Adua si spostò a disagio sulla sedia. «Al fatto che, beh, pensavo si sarebbe fatto sentire e invece è passata una settimana e non l'ha fatto.»

«E perché non gli hai scritto tu?»

Adua la guardò come se le fosse spuntata una seconda testa. «Non gli posso scrivere, sembrerei una fan ossessionata e petulante, è ovvio.» Era ovvio.

L'amica rise. «Io penso che sembreresti di più una a cui non gliene importa nulla, altrimenti una risposta gliel'avresti data.»

Adua spalancò gli occhi. «Dici sul serio? Secondo te può pensare questo?»

Vanessa la guardò, cercando di trovare le parole giuste per evitare che l'amica si agitasse come stava già succedendo. «Senti, per mandarti quel messaggio vuol dire che un minimo di interesse c'è. E non dico che deve essere a livello amoroso, però in qualche modo gli interessi o non ti avrebbe cercata. E devi anche considerare che di sicuro avrà avuto mille cose da fare – insomma, io non seguo il calcio, ma lo so anch'io che questi ragazzi dovranno pure allenarsi di tanto in tanto. E tu hai fatto passare una settimana, hai rispettato i suoi spazi e i suoi tempi, e se adesso ti fai sentire tutto può pensare meno che tu sia invadente, a mio avviso.»

Adua rifletté a lungo sulle parole dell'amica. «Cosa consigli di fare?»

«Dai una spinta a questa situazione. Mettiti in gioco, fai una pazzia, fatti notare, insomma fai qualcosa

Adua fissò la superficie immacolata del tavolo per qualche altro minuto, considerando i pro e i contro dell'idea che le era venuta, e poi si decise. «Domenica giocheranno a Genova. Andrò alla partita e farò in modo di vederlo» disse risoluta.

«Così ti voglio! Farò il tifo per te. Cioè, per la Juve. Insomma, hai capito.»

Adua rise. «Che ne dici di accompagnarmi? Non te lo chiederei se non fosse importante.»

Vanessa la guardò con un luccichio negli occhi, consapevole di quanto l'amica contasse su di lei. «Che amica sarei se ti dicessi di no?»

Quando Adua tornò a casa quella sera, i suoi erano sul divano a guardare la TV e il fratello in camera sua. Lei aveva cenato da Vanessa e poi preso il treno delle dieci meno dieci; il pomeriggio l'avevano passato a cercare online gli ultimi biglietti disponibili per la partita e a prenotare una camera per quella notte. Adua non aveva ancora avvertito i suoi – era sicura l'avrebbero lasciata andare, seppure un po' riluttanti – ed era grata che Vanessa avesse accettato senza remore di accompagnarla.

Salutò i genitori, per poi fiondarsi in camera del fratello prima che potesse ripensarci. Ora o mai più.

«Ehi, ma non si bussa più? Se fossi stato nudo?» Il fratello le lanciò un'occhiataccia, mettendo pausa alla Play e posando il joystick.

«Mick, che schifo! Sono qui per parlarti, comunque.» Adua fece una smorfia, poi si sedette sul letto accanto a lui.

«Sono tutto orecchi.» Il fratello si voltò completamente verso di lei, incrociando le gambe.

«Domenica andrò a vedere la Juventus a Genova. Non ti preoccupare, non vado da sola, Vanessa verrà con me» aggiunse prima che il fratello potesse iniziare ad agitarsi.

Lui scosse la testa, guardandola strabiliato. «Sorellina, questa cosa ti sta sfuggendo un po' di mano. Hai vissuto sette anni senza mai andare allo stadio e ora non riesci a far passare neanche un mese? E poi scusa, non potevi aspettare che giocassero in casa?»

«Lo so Mick, lo so, però ascoltami. Sono successe delle cose nel frattempo, e volevo parlartene.»

Il fratello alzò un sopracciglio, e poi la invitò a proseguire. «Riguarda, uhm, riguarda Paulo Dybala.»

«Paulito? Cosa centra lui? A parte l'ovvio, voglio dire» specificò.

«Centra, perché... beh, ci stiamo sentendo» Adua disse, mordendosi poi il labbro per l'esagerazione. Non si stavano esattamente sentendo in fondo, ma pensò che almeno era servito a catturare l'attenzione del fratello.

«Voi – cioè, cosa?» Era chiaro che Mick pensasse fosse impazzita, o fosse una bugiarda molto brava, o entrambe le cose.

«Beh, lascia che ti spieghi.»


Buenas tardeees.
Questo capitolo è corto e noioso, lo so, ma era necessario per quello che succederà dopo. Spero lo apprezziate comunque :)
Fatemi saperee ✨✨

The Mask | Paulo DybalaOnde as histórias ganham vida. Descobre agora