3. Di notte un ateo crede quasi in un Dio.

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Quella notte Loki non chiuse occhio.
Continuava a pensare e a ripensare alla conversazione avvenuta poche ore prima con la sua dama di compagnia.
Non riusciva a capacitarsi di come, poche semplici parole lo avessero così scosso.
Il suo animo era turbato, in preda a dei sentimenti contrastanti che non riusciva a controllare.
Quanti secoli ed ere sarebbero dovute passare perchè il dio conoscesse altre emozioni oltre al semplice risentimento?
Non capiva. Immobile sul letto della cella a fissare il soffitto. Il buio lo circondava come un abbraccio caldo e sicuro in cui poteva nascondersi dal mondo esterno.
Ma non dai suoi pensieri. Si sentiva attanagliato in una morsa da cui non poteva scappare.

Mi manca.

Sentì il cuore fermarsi per un istante. Mi manca? si sorprese a pensare. Che assurdità, non mi manca affatto, è solo l'abitudine ad averla sempre intorno, ecco tutto asserì a se stesso, cercando di convincersi con le sue stesse parole.
Loki era sì il Dio degli Inganni ma mancava di capacità quando il suo desiderio di mentire volgeva contro se stesso.

***

La mattina seguente Arya non si presentò.
Loki guardava costantemente al di fuori della malia che delimitava la cella.
Nulla.
Solo due guardie silenziose, immobili all'entrata delle segrete.

Il dio rimase in piedi in attesa, con lo sguardo fisso verso l'entrata.

Entrerà da un momento all'altro si disse, ma la donna non arrivò nè in quel momento nè dopo.
A quel punto il dio passò dalla mera preoccupazione alla rabbia, risentito che la dama, la sua dama, non si fosse presentata.

Passò un giorno. Poi due. Poi cinque.
Al settimo, quando Loki ormai aveva accettato l'idea che la donna non sarebbe più tornata da lui, la vide entrare nelle segrete, come se nulla fosse.
Si alzò dalla poltrona su cui sedeva iroso e si avvicinò alla malia della sua prigione, il più vicino possibile alla dama che, dalla parte opposta, lo guardava allarmata.

"Dove sei stata?" ringhiò contro di lei.
"Non è affar tuo" ribattè Arya, sorpresa nel trovare il dio così arrabbiato con lei.
"Sì che è affar mio! Dal momento che tu sei la MIA dama di compagnia mi aspetto di vederti ogni giorno, non solo quando ti va!" urlò sempre più iracondo.
Arya, come ogni volta, attraversò la malia che permetteva solo a lei di entrare e si ritrovò a 20 centimetri dal dio.

In quel momento, per la prima volta in settimane, si rese conto di quanto grosso lui fosse rispetto a lei. Dall'alto del suo metro e novanta Loki la fissava col suo sguardo glaciale, il volto distorto in un'espressione di rabbia e risentimento che non accennavano a placarsi. Arya si sentì terribilmente piccola al suo cospetto, il suo spirito combattivo era sparito chissà dove in quell'istante, lasciando spazio all'incertezza e alla paura.

"Mi dispiace..." non riuscì a dire altro. Non riusciva...o non voleva? Perchè improvvisamente si comportava come un agnellino indifeso e non come una guerriera? Qualcosa nello sguardo del dio la faceva sentire vulnerabile ed insicura. La SUA dama ha detto? Perchè all'improvviso gli importava così tanto della sua presenza? Non aveva fatto altro che ignorarla per settimane, e ora, dopo una chiaccherata, pareva che il dio non tollerasse la sua assenza.
Arya tenne lo sguardo basso, cercando di evitare gli occhi indagatori dell'essere immortale che sembrò essersi avvicinato ancora di più a lei.

Loki le prese delicatamente il mento, alzando la testa della dama per poterla vedere in viso.

Arya avvampò.

"Dove sei stata?" scandì in modo glaciale.

"Ci sono state...delle complicazioni. Su Midgard. Sono dovuta intervenire" rispose soppesando ogni singola parola, timorosa di innescare una violenta reazione del dio.
Loki non rispose, continuò a tenere il volto della donna con la mano cercando nei suoi occhi qualche traccia di menzogna.
"Non tollererò la tua assenza una seconda volta, ti è chiaro? Sarò anche in prigione ma ancora per poco, ricordatelo" affermò a denti stretti lasciando la presa, liberandola da quella eccessiva vicinanza.
Arya si allontanò da lui, il fiato mozzato, il cuore che pulsava nel suo petto come un martello.
Il dio si voltò, dandole le spalle.
Il viso di lui completamente paonazzo, cercò in tutti i modi di nasconderlo, aveva retto lo sguardo della donna sino a quel momento e la vicinanza con lei...la pelle del suo viso...non riusciva a calmarsi.
Continuò per svariati minuti a guardare il corridoio oltre la cella per placare il nervosismo e l'imbarazzo. Un prigioniero nella stanza di fronte alla sua lo vide e, notando la faccia cremisi del dio, scoppiò in una violenta risata indicandolo e deridendolo. Fortunatamente tutte le pareti delle celle, inclusa la malia, rendevano l'ambiente insonorizzato, cosicchè Arya non potesse udire la risata dell'idiota di fronte che se la rideva a pieni polmoni.
In una situazione differente, libero dalla sua prigionia, Loki avrebbe disintegrato quell'essere con le sue daghe, versando il suo sangue su tutto il pavimento lasciandolo inerme e inoffensivo. Ma lui non era libero ne tanto meno poteva tenere delle armi con sè. Una volta uscito di qui vedremo se riderai ancora pensò fulminando il prigioniero con lo sguardo.
Nel frattempo Arya era tornata a sedersi sul bordo del letto, le mani giunte sulle ginocchia, gli occhi rivolti verso il pavimento.
Non riusciva a calmarsi nemmeno lei, quel breve contatto l'aveva sorpresa e spaventata, ma ripensandoci le era dispiaciuto meno di quanto volesse credere.
Cercò di ricomporsi come il dio e, una volta ripresa coscienza di sè, si voltarono entrambi, l'uno verso l'altra, indecisi sul da farsi.

Say my name - LokiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora