4. Nel Regno di Asgard, dove l'Ombra cupa scende

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Così non furono le lame di mille lance, non le spade sguainate contro di lui, non le maledizioni e non le daghe dei guerrieri asgardiani ciò che ferirono più il dio

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Così non furono le lame di mille lance, non le spade sguainate contro di lui, non le maledizioni e non le daghe dei guerrieri asgardiani ciò che ferirono più il dio. Ma furono poche semplici parole ad inghiottirlo nelle tenebre, a farlo sprofondare nei sensi di colpa, a farlo sentire sconfitto ed inerme.
Nuovamente solo nella sua cella, coricato sul letto ed avvolto nell'oscurità, Loki pensava, tra sè e sè, a quanto di male poteva aver veramente causato a coloro che abitavano i Nove Regni.

Fino ad allora non aveva mai dovuto vedere coi suoi stessi occhi il male che procurava, per lui ogni fine giustificava i mezzi, e ciò che accadeva a causa di questo non gli importava.
Ogni uomo, donna o bambino non era che una mera pedina nei suoi folli piani per conquistare il trono e con lui tutti gli altri Regni.

Ma adesso, per la prima volta, doveva guardare in faccia la realtà. Non aveva fatto altro che creare terra bruciata intorno a lui, rendendo sè stesso un'ombra oscura, senza volto e senza nome, solo preceduto da una pessima fama e da una nomea che lo ritraeva come il Dio degli Inganni.
Tuttavia, il vero motivo per cui ancora non riusciva a darsi tregua era lei.
Arya.
Sentire dalla sua bocca quelle parole, con quello sguardo vuoto e malinconico non aveva fatto altro che scatenare in lui il rimorso. Sentiva per la prima volta dopo tanto tempo, di piacere davvero ad una persona nonostante ne fosse indegno, sconfitto in partenza.

Loki la desiderava, ardentemente. Ma nel suo cuore non vi era che il desiderio viscerale di carne, non voleva legarsi a lei sentimentalmente, voleva solo averla sua, come un oggetto o un trofeo.
Sentiva il bisogno di dimostrare a sè stesso e agli altri che chiunque gli fosse capitato a tiro sarebbe potuto diventare un burattino in mano sua, vittima del suo fascino e della sua parlantina particolarmente persuasiva.
Non riusciva, non voleva pensare a null'altro che al desiderio carnale. Non sono un allocco, non la voglio nè come amante nè come sposa  diceva tra sè, in una distorta e malata cantilena di auto convincimento.

***

Nei giorni successivi Arya si presentò sempre puntuale, con i suoi romanzi midgardiani per occupare il tempo che trascorreva in compagnia del dio.
Era troppo imbarazzata e soprattutto timorosa che Loki, usando quel poco che sapeva su di lei, tentasse in qualche modo di circuirla. Era probabilmente invaghita, ma non così stupida.
Si rese conto, ripensando a tutto ciò che era accaduto in precedenza, che il dio non voleva altro da lei se non usarla per qualche suo folle piano e ciò la mise sulla difensiva. Era piuttosto certa che quel giorno in cui Loki si era mostrato vulnerabile non fosse altro che un'impietosa recita per farla ammansire, e in un qualche modo anche ammaliare. 

Lei non aveva la "sindrome della crocerossina", non pensava seriamente che un uomo potesse farsi salvare o redimersi, tanto meno un dio spietato e crudele come lui.
Comunque di lì a breve il suo compito sarebbe terminato con lo scagionamento dell'immortale e tanti saluti.

Loki nei giorni a seguire notò con dispiacere il comportamento distaccato della donna, avvertendolo come un insulto velato alla sua persona. Si era esposto così tanto a lei e lei cosa faceva? Lo ignorava? Da che pulpito si rispose ripensando a come si era comportato con la donna nelle prime settimane. Questo forzato distacco però non faceva altro che aumentare la sua bramosia.
Ad un certo punto si convinse addirittura fosse tutta una tattica ben congegnata per irretirlo, un po' come era solito fare il dio con le sue prede quando voleva ottenere qualcosa.
Dopo millenni di vita era chiaro che di donne ne sapesse persin meno di un comune uomo.
Nessuno aveva mai suscitato così tanto interesse in lui, e proprio per questa ragione non riusciva a pensar razionalmente, ad interpretare i segni, a leggere tra le righe.
Era come aver davanti un libro chiuso, senza titolo e con le pagine totalmente bianche.
Ogni tanto si scambiavano qualche opinione sulle loro letture ma nulla più di questo.
Il dio dedicava il suo tempo a leggere manoscritti su leggende, magia ed esoterismo. Lei invece frivoli racconti midgardiani come asserì a se stesso.
Arya era stata molte volte a Midgard, poteva dire di conoscerla bene, tuttavia sentiva di avere lacune sulle cose più semplici, più basilari, come per esempio i cicli del sonno dei terrestri, i loro hobby, perchè il cibo era tutto confezionato e perchè agli uomini importava così tanto di quelle macchine su ruote che chiamavano automobili? Non era più pratico volare?
Era così immersa nelle sue letture da non accorgersi che il dio la osservava di sottecchi, cercando di leggere qualche cenno di cedimento nella sua espressione.
Lo fa apposta ad ignorarmi si diceva ma in quel momento la donna era veramente presa dai suoi libri, non sarebbe riuscita a staccare gli occhi dalla pagina neanche volendo.
Ci volle poco perchè il dio si arrese, tornando alle sue letture esasperato e rassegnato all'idea di non essere più al centro dell'attenzione in quella stanza.
La dama lo osservava ogni tanto, con la coda dell'occhio, attenta a non farsi notare.
Il vederlo rassegnato le fece tirare un sospiro di sollievo.
Almeno per oggi non cercherà di persuadermi affermò compiaciuta a sè stessa.


***

Arrivò il giorno prima del rilascio del dio.
Loki non vedeva l'ora di varcare la soglia di quella cella e ricominciare a perseguire i suoi piani folli e malati, ancora una volta. Il senso di colpa era un sentimento che non gradiva, non voleva nemmeno più tornare a pensare al giorno in cui aveva mostrato il suo lato vulnerabile alla donna. Voleva solo compiere un atto...maligno, ecco. Non desiderava altro.

Percepì la presenza della dama alle sue spalle.

"Quando sei arrivata?" chiese.
"Proprio adesso" rispose Arya con un mezzo sorriso.
Molto strano pensò il dio. Non gli era mai capitato di non accorgersi del suo arrivo, non gli era mai capitato in generale, sapeva sempre un secondo prima che accadesse, del giungere di un amico...o di un nemico. Questo fatto lo sorprese.
"Pronto per domani? A quanto pare tuo fratello Thor darà un'enorme festa!" disse entusiasta Arya con un sorriso a 32 denti.

Sembrava particolarmente felice quel giorno, forse perchè è l'ultimo  dedusse il dio, amaramente.
"Non penso che il popolo abbia il desiderio di vedermi, e poi non mi piace stare in mezzo a tutte quelle persone" affermò gelido.

"Bhe non sai cosa ti perdi allora, io ho intenzione di andarci!" chiarì Arya, eccitata all'idea di darsi alla pazza gioia, finalmente, dopo tutta quella obbligata prigionia.
"E' un invito?" la incalzò Loki, cercando nel viso di lei una reazione.
La ragazza arrossì lievemente. "No ma...sarebbe bello se venissi, anche solo per vederti al di fuori di queste quattro mura, e poi farebbe piacere a tuo fratello" rispose.
"Non è a mio fratello che vorrei recar piacere" sorrise maliziosamente guardandola attraverso quegli occhi smeraldo scolpiti nel ghiaccio.
Le si mozzò il fiato.
Ribatti, dì qualcosa, datti un tono, insomma! si ordinò.

"AH" fu tutto quello che riuscì a dire.

Ma sei idiota? Ma che razza di risposta è? 

Il dio era visibilmente compiaciuto, era il genere di reazione che voleva suscitare in lei.
Si avvicinò lentamente.
Arya indietreggiò cercando di tenere le distanze da lui.

Ma una cella non è un salotto e si trovò presto a spalle al muro.

A quel punto Loki era a tanto così da lei.
"Nei primi giorni hai fatto tanto la spaccona, la guerriera impavida a cui non importa di niente e nessuno e ora sembri una piccola preda in un angolo" sorrise divertito il dio, protendendo il volto estremamente vicino a quello della dama.
Il cuore cominciò a batterle forte nel petto, nemmeno il Mjolnir di Thor avrebbe potuto eguagliarlo.
Trattene il fiato.
Loki si protese ancora più vicino a lei.

E la baciò.






Quando il dio riaprì gli occhi lei non c'era.

Ebbe un tuffo al cuore.

Dov'è finita? si rese conto di non essere nemmeno riuscito a sfiorarle le labbra.
Ma cosa diavolo...? 
Poi realizzò.
Con orrore capì che Arya non era mai entrata veramente nella cella quel giorno.
Aveva usato una magia che la faceva apparire come un ologramma, ma era una cosa, un dettaglio impercettibile alla vista, persino a quella di Loki a quanto pare.
Era sbigottito, deluso, amareggiato. Il Dio degli Inganni vittima di un inganno? Ridicolo.
Si era fidato a tal punto di lei...
Il suo volto si incupì, iracondo.
"Ecco perchè non l'avevo sentita entrare, ecco perchè ha tenuto le distanze da me!" urlò.
Con un gesto violento, in preda alla rabbia, prese il letto e lo ribaltò scaraventandolo contro la malia che delimitava la cella, facendo girare le guardie al di fuori nella sua direzione.

Questa te la farò pagare dichiarò.



Questa te la farò pagare dichiarò

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