14. Fallacia alia aliam trudit

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(Detto latino:  "Un inganno tira l'altro")

"Piuttosto che avere successo con l'inganno, fallisci con onore."

(Sofocle)  

Loki si svegliò in un bagno di sudore.
Di nuovo quegli incubi.
Da quando aveva scoperto le sue vere origini qualche anno prima, non faceva altro che sognare pareti di ghiaccio, distese di roccia a perdita d'occhio, il freddo, il buio e la solitudine.
Ma ciò che più lo spaventava era il suo aspetto. Si svegliava sempre nel bel mezzo della notte con ricordi frammentari. Ricordava le sue mani, blu come la notte, il riflesso dei suoi occhi rossi come il sangue su una lastra di ghiaccio. La totale e inesorabile perdita di controllo, un potere familiare eppure così estraneo, una rabbia inimmaginabile.
Era tutto troppo confuso, ma dentro di lui qualcosa pian piano si stava smuovendo.
Come se un campanello d'allarme avesse improvvisamente cominciato a suonare, col tempo sempre più forte.
Si prese la testa tra le mani, madido di sudore, i capelli corvini appiccicati al volto come una gabbia che incorniciava i suoi occhi verdi e stanchi.
Il cuore nel petto gli tamburellava ritmico, con violenza.
Non riusciva a calmarsi.
Si alzò dal letto per dirigersi in bagno ma, quando passò di fronte alla vetrata della sua stanza, un brivido gli percorse la schiena. 
Si voltò appena per poter scorgere le prime luci dell'alba quando il suo riflesso lo terrorizzò: vide se stesso con una carnagione bluastra, gli occhi infuocati e decisamente più grosso e più ostile di quanto lui avrebbe mai potuto essere.
Trasalì indietreggiando, i primi raggi del sole illuminarono la camera facendo sparire quell'orrida visione.
Non riuscì a capire se fosse stato frutto della sua immaginazione, di una suggestione dovuta ai suoi sogni troppo lucidi.
Era un dio, non poteva lasciarsi prendere dal panico per una cosa del genere.
Si ricompose, cercando di non dare troppo peso alla cosa.
Aveva un brutto presentimento ma non poteva ne doveva rivelare ad alcuno i suoi timori.
Presto o tardi il mostro che c'era in lui sarebbe saltato fuori e, a quel punto, nessuno avrebbe più potuto fermarlo. Nè il Dio del Tuono nè lui stesso.
Si scrollò di dosso quegli orribili pensieri e andò a lavarsi, convincendosi che l'acqua avrebbe potuto lavar via il male che viveva dentro di lui.
Era un dio maniaco del controllo, della macchinazione, non poteva tradirsi proprio ora.
Si rivestì con calma, pettinò i suoi lunghi capelli neri fino alle spalle, nonostante avesse passato una notte terribile aveva l'aspetto regale che sempre lo contraddistingueva. 
Dopotutto sono un dio affermò a se stesso sorridendosi allo specchio.
Quando fu pronto i suoi pensieri non poterono che cadere su Arya.
Erano ormai passate due settimane e i due non avevano fatto altro che sfidarsi gettandosi nelle più assurde imprese. Si erano battuti tra loro, si erano buttati nel vuoto, avevano combattuto contro mostri e creature pericolose e infine, Loki, aveva sfidato la Guerriera a domare Sleipnir, il cavallo a otto zampe di Odino.
E, ovviamente, Arya aveva perso ogni sfida, una dopo l'altra, fallendo miseramente.
Quel gioco malato al dio piaceva. Vederla perdere, vederla sconfitta lo inebriava come la più potente delle droghe. Era in parte ancora arrabbiato con lei, ma sentiva che ora avesse sofferto abbastanza. Si era stufato di giocare, vederla perdere sempre gli aveva fatto capire che, per divertirsi sul serio, avrebbe dovuto sfidare un suo pari.
Cosa che di fatto faceva ogni giorno, cercando di rendere la vita impossibile al fratello Thor che, come sempre, lo ignorava per evitare di infilarsi nell'ennesimo litigio.
Sbuffò lasciandosi nuovamente cadere sul letto.
Non aveva precisato il numero di sfide ad Arya, perciò significava che la scommessa era ancora aperta.
Si tamburellò il mento con un dito cercando di pensare a come chiudere in bellezza il gioco.
Ripensò a quella sera in cui l'aveva avuta tra le braccia, danzando in mezzo alla pista da ballo, quando ancora non era conscio di essere vittima di un inganno.
Gli mancava quella sensazione di leggerezza, di totale arresa ai suoi sentimenti.
Arya era stata decisamente una sorpresa inaspettata. Nessuno lo aveva mai soggiogato in quel modo, tanto meno una donna!
Quando come un fulmine, ecco l'idea.
Si alzò di scatto, aprì l'armadio e cominciò a cercare tra i suoi tanti abiti, in cerca di quello perfetto. 
Ecco! pensò.
Questo è decisamente quel che ci vuole per concludere in bellezza!

Say my name - LokiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora