19. Cuore di ghiaccio

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Era come essersi svegliati da un sogno. Come essere usciti da una bolla di cristallo, tornando ad una realtà tetra e priva di colore.
Quella giornata era stata uno scorcio di una vita che Arya desiderava, una vita semplice, tranquilla, di fianco alla persona che amava.
Ma come può durare un'illusione tale quando l'uomo al tuo fianco è un dio crudele e persuasivo?

Arya guardò il mantello smeraldo svolazzare alle spalle di lui mentre, con fare quasi regale, chiudeva il portale dietro di sè, lasciando di Midgard solo un vago ricordo.
Era una sensazione strana. Una malinconia che si era trascinata dietro di sè come un macigno.
E un senso di colpa che man mano si faceva strada nel suo cuore. 
Aveva appena consegnato le chiavi di Asgard in mano ad Hela.
Ormai il patto era stato saldato, non le restava che attendere il giorno in cui avrebbe rivisto il suo amato Erik.
Ma come reggere lo sguardo del suo amato, conscia di essere al fianco del dio che lo aveva indirettamente sottratto alla vita?
Come avrebbe spiegato quella situazione? Come avrebbe potuto giustificare un tradimento simile?
Non seppe più per cosa essere più rammaricata, se per la futura caduta di Asgard, per il suo amore proibito o per il suo alto tradimento alla Corona.
Ormai di lei non era rimasta che un'ombra della Guerriera che era. Tutto ciò che aveva compiuto, tutte le battaglie vinte, le vite salvate... non valevano più nulla. Aveva distrutto tutto il giorno che firmò quel patto di sangue con la Regina Oscura. E quello che sembrava un atto di amore disperato non era stato altro che un gesto di infimo egoismo e risentimento. Erik era tutto ciò che voleva, ma non lo faceva per lui, bensì per sè stessa.

Loki la osservava nella penombra cercando di leggerle lo sguardo spento che rivolgeva a terra.
Da quando erano tornati, in quei pochi minuti, Arya si era ammutolita, presa da chissà quali pensieri che la turbavano.
Per il dio questa fu una conferma che qualcosa non andava sul serio, che quel simbolo magico sul suo polso non era stato frutto della sua fantasia, ma bensì qualcosa di potente ed oscuro che la dama gli nascondeva.
Non era nuovo alle menzogne della donna, tanto meno ai suoi innumerevoli inganni. 
Questo gioco malato che all'inizio pareva divertente ora non lo era più. Ora si stava insidiando nella mente del dio, facendo vacillare le sue sicurezze e la fiducia che riponeva in lei.
Ma si finse ingenuo, cercando di reggere il gioco, recitando un ruolo che non gli calzava.

Quando cercò di interrompere quel silenzio teso tra loro, Arya fece qualcosa di assolutamente inaspettato, sorprendendo il dio più di quanto lui stesso volesse ammettere.
Alzò gli occhi verso di lui, cercandolo nell'oscurità.
"Non potremo mai essere nulla più di questo vero?" chiese quasi sussurrando.
"Cosa intendi?" Loki la guardava confuso.
"Non è amore quello che vuoi da me, è solo il desiderio di avermi, come un'esclusiva, un trofeo di cui pavoneggiarsi" lo accusò.
Quelle parole lo ferirono abbastanza da sentir la rabbia montargli nel petto.
"Una donna come te non può offrire altro ad un dio se non un piacere temporaneo" ribattè, livido con una calma quasi glaciale.
"Quindi è questo che vuoi, solo la mia "compagnia" fino a quando non ti stancherai di me" la dama cercò di ricacciare indietro le lacrime, non voleva mostrarsi così vulnerabile proprio adesso.
Tuttavia non fu abbastanza veloce perchè Loki non potesse scorgere un scintillio malinconico nel suo sguardo.
Si addolcì a quella reazione, cercando di non sbilanciarsi troppo.
"Esatto... ma non credo mi stancherò di te molto presto, forse mai" ammise.
Arya avvampò. Era una dichiarazione quella? Difficile da dire. Con il Principe era piuttosto improbabile riuscire ad ottenere una risposta mirata, era sempre troppo vago e fraintendibile quello che affermava.
La giusta tattica per chi vuole lasciare una relazione appesa ad un filo.
La dama rimase in silenzio a guardarlo. Non sapeva come ribattere e di questo Loki se ne era accorto.

Si voltò dandole le spalle e le fece cenno di seguirlo fuori dalla grotta.
Arya non fece in tempo a respirare l'aria fresca e a sentire il calore del tramonto lasciare il Regno, che il dio le fasciò nuovamente lo sguardo con una benda per tenerla all'oscuro dell'ubicazione del Portale. 
Sbuffò infastidita ma si fece comunque trascinare fino a casa senza dire una parola.
Era ormai sera inoltrata, tuttavia a palazzo c'era un gran fermento.
Quando giunsero nell'ala destinata ai Guerrieri Reali un uomo corse in direzione della dama.
Era Magnus che, con fare quasi impacciato e con il fiatone, si fermò al cospetto dei due cercando di inalare più aria possibile prima di esplodere in migliaia di parole.
"Tu non hai idea... del casino..." non riusciva quasi a respirare "ti ho cercata dappertutto dannazione"
Arya lo guardò stralunata "Cosa è successo?" 
"Una rivolta... a Sakaar" deglutì "La squadra di Fel ha fatto rapporto poche ore fa, a quanto pare... è scoppiata una guerra... qualcuno ha cercato di attaccare il pianeta non so per quale ragione... e hanno chiamato la tua squadra per intervenire, siete in partenza fra venti minuti" concluse cercando di riprendere fiato.
"E tu" disse infine rivolgendosi a Loki ignorando completamente il modo formale con cui avrebbe dovuto rivolgersi "sei nei guai".
Il dio lo guardò indispettito, palesemente infastidito dal suo modo irrispettoso con cui gli si era rivolto.
Ma non ci diede importanza, pareva aver capito da sè di cosa si trattava per cui girò i tacchi e senza troppe cerimonie lasciò i due guerrieri a se stessi.
Arya tornò a guardare Magnus confusa "E' successo qualcosa a Fel?" l'ansia cominciò a divorarla.
"No no... vedrai che sta bene, ma devi sbrigarti! Muoviti!"
La Guerriera non se lo fece ripetere due volte e corse in armeria, agitata e piena di angoscia.

Say my name - LokiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora