Ben's plane

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BEN

Arrivare in università quel giorno, mi costò una fatica enorme. Erano ormai cinque anni che passavo quel 16 giugno chiuso dentro casa, con la solo compagnia di una bottiglia di birra sul comodino affianco al letto. C'era stato Ryan per un po' a consolarmi e a cercare di distrarmi, ma poi se n'era andato anche lui, lasciandomi da solo ad affrontare l'anniversario della morte di mio padre, quella morte di cui mi sentivo colpevole ogni giorno, ogni dannatissimo momento.
La macchina che si andò a schiantare contro un tir la guidavo io, quindi la responsabilità della sua morte non era di nessun altro. Avevo visto mio padre agonizzante accanto a me, bloccato in quell'ammasso di ferraglia che non gli permetteva di uscire, non che ne fosse in grado, comunque.
Io alla fine me l'ero cavata con un'operazione al ginocchio, qualche costola fratturata ed un trauma cranico. Niente di paragonabile alla vita spezzata di mio padre.
Per questo entrare nell'atrio dell'università mi risultò così difficile, come anche mi era risultato difficile il solo alzarmi, quella mattina.
Feci le mie lezioni in modo totalmente distaccato, recitando a memoria quello che ormai avevo imparato, senza il solito entusiasmo che quel lavoro mi dava. Avevo solo voglia di tornare a casa, stare da solo e bere fino ad addormentarmi per svegliarmi il giorno dopo, quando avrei ripreso in mano la mia vita decentemente.
Non c'era nessuno in quella città con cui condividere il mio dolore, la mia angoscia, non c'era nessuno che si avvicinasse ad un amico sincero. Tutti i rapporti che avevo instaurato, erano basati su una conoscenza più o meno approfondita, ma niente di più.
Uscii nel giardino sul retro dell'università, godendomi i raggi del sole che mi scaldavano il viso. Raggiunsi una panchina e decisi di sedermi, accendendo l'ennesima sigaretta di quella giornata. Chiusi gli occhi ed inspirai il fumo facendolo uscire dalle narici, e solo quando puntai lo sguardo nuovamente sulla distesa verde di fronte a me, vidi l'unica persona che mi faceva piacere incontrare.
"Louis..."lo chiamai, alzando un po' il tono di voce per farmi notare.
Lui alzò lo sguardo dal suo inseparabile telefono e puntò gli occhi nei miei avvicinandosi, per poi "Ciao... come stai?" domandare, sedendosi al mio fianco.
"Bene... diciamo..." risposi, cercando di mascherare il più possibile la mia espressione sofferente.
"Sicuro? Hai una faccia..." continuò invece lui, scrutandomi più insistentemente.
Louis si era accorto subito che qualcosa non andava, aveva capito che c'era qualcosa di strano vedendomi solamente per due minuti, quindi perché non potevo raccontargli tutto? Perché dovevo tenermi tutto dentro e affrontare da solo quel momento?
Louis era una persona sensibile, questo lo avevo capito fin da subito, quindi probabilmente era per quello che aveva notato qualcosa di strano in me. Era anche un attento osservatore, una persona che faceva caso ad ogni minimo particolare, che immagazzinava quante più informazioni possibili.
Decisi che potevo provarci, potevo tentare di raccontargli quello che era successo, Louis mi avrebbe ascoltato sicuramente, ne ero convinto.
"Ok... hai ragione. E' una giornata strana per me" dissi infatti, spegnendo la sigaretta con la punta della scarpa.
"Come mai? Sempre se posso sapere..." domandò Louis, interessato.
Mi feci forza ed iniziai a spiegare "Oggi è il quinto anniversario della morte di mio padre, è sempre una giornata triste per me, visto che il responsabile della sua morte sono io" per poi "Che significa? Che stai dicendo, Ben?" essere interrotto da lui.
La sua faccia si era trasformata dal preoccupato allo sconvolto nel giro di tre secondi esatti. Probabilmente non mi ero espresso benissimo visto che la mia frase era stata più che fraintendibile, per questo mi sbrigai a continuare "La macchina che si è schiantata contro un tir, la guidavo io. Avevo litigato con il mio ragazzo e mio padre mi aveva offerto di tornare per qualche giorno a casa con lui. Ma io quel camion non l'ho visto, Louis... quindi la colpa è solamente mia."
Lo vidi abbassare la testa e poggiare la mano sulla mia, che tenevo ferma sopra al ginocchio, stringendola appena, prima di "Mi dispiace" sentirlo sussurrare, probabilmente imbarazzato dal livello delle mie confidenze.
Quel contatto, quel piccolo tocco assolutamente improvviso, mi fece capire quanto Louis potesse essere sul serio la persona giusta per me. Era la prima volta che osava tanto, la prima volta che mi sfiorava, anche se quasi sicuramente, il suo gesto era stato solo un modo per confortarmi. Ma alla fine non mi importava, l'aveva fatto comunque, aveva stretto leggermente la mia mano per poi ritirarla pochi attimi dopo.
"Non pensavo fosse una cosa così seria, sul serio Ben, mi dispiace... scusa, non dovevo chiedere" affermò lui, tornando a guardare l'erba sotto i suoi piedi.
Louis pensava di essersi intromesso, pensava di aver scavalcato il limite della nostra poca confidenza, ma si sbagliava.
"Louis, ho scelto io di raccontartelo, non devi scusarti di nulla, anzi, grazie per avermi ascoltato" iniziai, per poi "Avevo bisogno di parlarne con qualcuno. In questa città mi sento tremendamente solo. Mi sono trasferito solo perché ho trovato il mio ragazzo a letto con un altro, riesci a crederci?" concludere, sorridendo leggermente.
"Oh... non pensavo... sì, insomma, non avevo capito che fossi gay, cioè non ne ero sicuro... e mi dispiace, per il tuo ragazzo, intendo" rispose lui, abbastanza stupito.
Possibile che non avesse capito sul serio? Possibile che non si fosse accorto di avere davanti una persona interessata a lui?
"Sei serio? Non lo avevi capito?" domandai infatti, per avere conferma.
Notai le guance di Louis colorarsi leggermente di un rosso tenue, segno evidente del suo disagio, e poi "Sì, poi insomma... non è che ci siamo frequentati così tanto, quindi..." lo sentii dire, mentre si tormentava le mani.
Louis poteva essere la persona più spavalda e sicura di sé del mondo, ma a volte assomigliava anche ad un cucciolo totalmente indifeso, bisognoso solo di tanto affetto, quell'affetto che sicuramente Harry gli riservava giorno e notte.
"Allora credo che dovremmo rimediare... Louis, sei una bella persona e mi piacerebbe sul serio fare qualche uscita con te. Non sono un uomo di tante parole e non sono per niente socievole o almeno non mi ritengo in grado di poter stabilire un rapporto di amicizia così facilmente, ma so che con te ne varrebbe la pena" spiegai, decidendo di essere il più onesto possibile.
Tutto ciò che avevo fatto con lui fino a quel momento, era risultato del tutto fallimentare, quindi l'unica alternativa che ritenevo più appropriata era quella di instaurare prima un'amicizia sincera. Non che poi avessi intenzione di farla rimanere tale, anche perché Louis era tremendamente attraente e prima o poi si sarebbe reso conto della mia attrazione nei suoi confronti, quindi era impossibile tirarla tanto per le lunghe. Ma come inizio, poteva essere meglio così.
"Sono venuto qui da solo quindi per me è un po' difficile. Mi serviva cambiare aria e l'ho fatto, solo... te l'ho detto, la tua compagnia mi piace" conclusi il discorso, fiero delle mie parole.
"Oh... grazie... mi fa piacere. E per quanto possa valere, mi dispiace anche per tuo padre" rispose Louis, abbozzando un sorriso, continuando poi "E non devi pensare che sia stata colpa tua. E' stato solo un'incidente, poteva capitare a chiunque. Immagino sia stato uno schifo, ma devi smettere di addossarti tutta la colpa, l'hai fatto fin troppo."
La dolcezza con cui pronunciò quelle parole, mi fece scoppiare il cuore di gioia. Forse ero davvero riuscito ad entrare finalmente in confidenza con lui, forse ero davvero riuscito a prendermi un po' della sua fiducia. Il mio racconto l'aveva sicuramente scosso, ma era servito a sentirlo più vicino. Capii in quel momento, di aver aperto una porticina all'interno del cuore di Louis.
Le cose sarebbero solo potute migliorare col tempo e con la conoscenza e forse il mio desiderio di averlo accanto si sarebbe potuto avverare.
"Sei la prima persona a cui lo racconto, ma sono felice di averlo fatto... avevo capito fin dall'inizio quanto potessi essere sensibile" replicai, sfregando le mie mani.
Louis sorrise di nuovo, e "Spero solo che parlarne con qualcuno ti abbia aiutato a stare meglio. E per qualunque cosa, sono qui... ti aiuterò ad ambientarti e a fare nuove amicizie, te lo prometto. Londra non è poi così male" affermò, alzandosi dalla panchina, accarezzandosi le cosce per sistemare le pieghe sui suoi pantaloni.
"Adesso devo andare, Harry lavora quindi tocca a me preparare la cena. Ci sentiamo magari, ok?" continuò a dire lui, aspettando una mia risposta che non tardò ad arrivare "Certo... e grazie ancora, Louis."
Lo guardai mentre s'incamminava verso l'uscita, ammirando quel corpo che desideravo ardentemente. Il suo menzionare Harry, non mi aveva nemmeno dato così tanto fastidio perché alla fine ero stato rapito dalle sue parole, dalla sua promessa di sentirci presto.
Quella conversazione con Louis, aveva distolto la mia attenzione da mio padre, ed era stato grazie a lui che la mia mente si era liberata. Magari in futuro, sarebbe stato proprio lui accanto a me a consolarmi, a tranquillizzarmi e non come amico, ma come compagno.
Quella giornata aveva avuto di nuovo un senso dopo quei lunghissimi cinque anni.

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⏰ Last updated: Sep 26, 2023 ⏰

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Love will conquer all - Larry StylinsonWhere stories live. Discover now