The clothes are from Wanda.

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«Tieni...» la donna dai capelli rossi mi allungò un bicchiere d'acqua, sorrise lievemente ed aspettò che lo afferrassi, paziente. Io la fissai per qualche secondo, gli occhi ancora colmi di lacrime, la schiena poggiata al divano morbido dove mi ero svegliata. Era stata la seconda ad avvicinarmisi, dopo che avevo avuto quella breve crisi di nervi, mi aveva aiutato a rialzarmi, ma nonostante i suoi gesti gentili restavo sempre sulla difensiva. Gli altri, tutti uomini, se ne stavano a debita distanza e non mi staccavano gli occhi di dosso, una cosa alquanto inquietante. Afferrai il bicchiere e ne bevvi un sorso, poi puntai di nuovo i miei occhi su di lei «Grazie...» sussurrai, il cuore che batteva a mille. Osservai attentamente il salotto che mi circondava, arredato in modo molto moderno con colori contrastanti, poi fui rapita dalla parete completamente in vetro che regalava una vista mozzafiato su un bosco che si espandeva a perdita d'occhio. Il cielo era limpido e il sole illuminava a giorno tutto l'ambiente, ma il non sapere dove mi trovassi insinuava in me un'ansia terribile che si era annodata all'altezza dello stomaco e sembrava non voler andare via.
«Io mi chiamo Natasha... ma puoi chiamarmi Nat.» si presentò la donna, chinandosi davanti a me. Mi sorrise, mostrandomi i suoi denti bianchi, e per un momento mi rilassai. Poggiai il bicchiere ancora mezzo pieno sul tavolino in vetro che avevo davanti e mi schiarii la voce, una moltitudine di domande che si formavano nella mente.
«Dove mi trovo?» chiesi, torturandomi le dita. Non ricordavo com'ero arrivata lì, ne chi diavolo fossero loro, ne chi diavolo fossi io.
Quell'ultima considerazione mi colpì come un pugno in pieno stomaco: non ricordavo chi ero, ne da dove venivo, ne come diavolo mi chiamavo. Provai a soffocare l'attacco di panico che stava per travolgermi e mi soffermai su Natasha, in attesa di una sua risposta. Lei sembrò notare il mio malessere, perché mi afferrò una mano e la strinse forte, senza staccare il suo sguardo dal mio.
«Sei al Complesso, momentaneamente base degli Avengers. Cosa ricordi, esattamente?» domandò, senza darmi il tempo di assimilare quell'informazione. Complesso? Avengers? Ma di cosa diavolo stava parlando? Sfilai la mano dalla sua stretta e inarcai un sopracciglio, profondamente confusa.
«Io non... chi sono gli Avengers?» borbottai, facendo scivolare il mio sguardo su ogni uno di loro. L'unico dei presenti che indossava un vestito elegante sbuffò, alzò gli occhi al cielo, e allungò una mano verso il vuoto.
«Tony, no! Davvero, possiamo semplicemente spiegarle tutto senza nessuna dimostrazione.» esclamò quello che avevo attaccato, capelli biondi e spalle larghe, con le braccia incrociate al petto e le sopracciglia inarcate. Sobbalzai, quando qualcosa fendette l'aria, circondando successivamente la sua mano. Strabuzzai gli occhi e mi mancò il fiato quando, uno dopo l'altro, pezzi di metallo fendevano l'aria e si univano a quello precedente, rivestendo il suo corpo di un'armatura dipinta di rosso e oro.
«Io sono Iron Man, ma puoi chiamarmi anche Tony.» disse, la voce metallica dovuta all'armatura, un pizzico d'ironia che mi mise di buon'umore. Quando quella specie di... casco? non sapevo come descriveroa, si aprì, rivelando il suo volto, sorrisi come una bambina. Era così... strano.
«Allora, niente?» domandò, allargando le braccia. Si aspettava davvero che tutto ciò avrebbe riportato a galla qualche ricordo? Scossi il capo e lui sospirò, esasperato.
«Hai bisogno di una connessione internet e di un laptop, immediatamente.» disse, superandomi con passo lento e meccanico. Dovetti reprimere una risata per il suo comportamento un po' eccentrico.
«Lui è Tony, come hai ben potuto capire» esclamò l'uomo che si era intromesso poco prima, il viso privo di barba era illuminato da un sorriso smagliante, che arrivava anche agli occhi chiari. «Loro sono Clint e Bucky, io invece sono Steve.» si presentò, poggiandosi una mano all'altezza del petto. Sorrisi, improvvisamente rilassata, e mi sistemai meglio.
«Ma adesso veniamo a te, piccola sconosciuta. Qual'è il tuo ultimo ricordo?» domandò quello che doveva essere Clint, sorridendomi in modo dolce. Si chinò alla mia altezza e mi fissò negli occhi, un approccio del tutto diverso rispetto agli altri: mi piacque immediatamente. Il mio sorrisino, però, scomparve non appena provai a ricordare qualcosa: la mia mente era tabula rasa, i ricordi erano circondati da una cortina grigia che non riuscivo a superare e che li faceva scivolare via da me. Abbassai lo sguardo e fissai un punto impreciso del pavimento, sforzandomi quanto più potevo, ma nulla. Gli occhi mi si riempirono di nuovo di lacrime e una sensazione di smarrimento m'investì, prendendo lentamente possesso del mio corpo. Natasha mi circondò le spalle con un braccio e mi tirò a se, affettuosa, poi mi baciò la testa e mi cullò leggermente, quasi fossi una bambina.
«Va tutto bene...» disse «... ci pensiamo noi a te.» aggiunse poi.
«Ecco, un laptop già connesso ad internet tutto per te, ragazzina.» esclamò Tony, apparendo dal nulla. Risi appena, la tensione ormai smorzata, ed anche gli altri fecero lo stesso. Tony ci guardò uno ad uno, un sopracciglio inarcato a dimostrare la sua confusione.
«Che ho fatto?»

Soldier. |Bucky Barnes/Avengers FanFiction|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora