Capitolo 1

8.4K 244 180
                                    

La mano di Rose era sudata mentre, insieme, ci dirigevamo mano nella mano verso la Sala Grande: sfortunatamente, essendo stati smistati in due Case totalmente differenti e nemiche dall'inizio dei tempi, non potevamo cenare insieme. Così, cercavamo di passare la maggior parte del tempo possibile tra di noi, senza il chiacchiericcio degli altri studenti di Hogwarts che amavano parlottare su me e Rose come se fossimo delle celebrità. Rose, in qualche modo lo era, essendo la figlia di Ron Weasley e Hermione Granger, due dei personaggi principali della seconda battaglia di Hogwarts, e aveva l'onore di chiamare 'zio' il famoso Harry Potter. Io, d'altro canto, ero famoso per provenire da una famiglia di Mangiamorte. 

Sebbene per nessuno dei due fosse importante il passato dei nostri genitori, per gli altri evidentemente lo era, siccome non riuscivano a stare zitti dicendo cose come "Weasley e Malfoy, quanto pensi dureranno?" oppure "Sono come il fuoco e il ghiaccio, non andranno mai bene insieme". Questi commenti erano, ogni volta, come una pugnalata al cuore: per tutti i miei anni ad Hogwarts avevo cercato di far capire a tutti, professori compresi, che ero totalmente differente da mio padre o da mio nonno. Molti, come la professoressa McGonagall, avevano cambiato idea sul mio conto, notando il mio impegno e la mia capacità di non essere il 'tipico Serpeverde'; altri, invece, continuavano a rimanere con il pregiudizio.

"Va tutto bene?" mi chiese Rose, stringendomi la mano e riportandomi dai miei pensieri alla realtà: eravamo di fronte al grande portone della Sala Grande e Rose, con i suoi lunghi capelli rossi che si intonavano perfettamente con la divisa di Grifondoro, mi sorrideva. Ormai erano passati tre mesi dall'inizio della nostra relazione e ancora non mi ero capacitato della magnifica opportunità che mi era stata data. Quando avevo chiesto a Rose di essere la mia ragazza, il mio cuore batteva più del previsto e il mondo sembrava girare più velocemente, finché lei, con un grido acuto, non mi rispose di sì.

Quello era stato il momento più bello della mia vita, dove finalmente mi ero potuto sentire in pace con me stesso e con il mondo: Rose mi accettava per quello che ero e io accettavo lei. Il dolore che però sentivo, a causa della nostra relazione e dell'effetto che essa aveva su di noi, non era descrivibile e non avevo il coraggio di parlarne con lei.

"Certo..." risposi io, cercando di sorriderle il più possibile mentre dentro di me sentivo il dolore che si innalzava. Entrare nella Sala Grande con lei era qualcosa di speciale, bellissimo e mi faceva sentire amato, ma sapevo che c'erano anche quelle voci provenienti dai tavoli che ci giudicavano.

"Dai, entriamo allora! Voglio salutare Al, oggi è il suo compleanno, ricordi?" ribattè di nuovo lei entrando nella sala con i quattro lunghi tavoli delle quattro casate della scuola già stracolmi di gente. Il tavolo di Serpeverde era quello più a sinistra, mentre quello di Grifondoro era il secondo sulla destra. Nella tavolata di Tassorosso, seconda a quella di Serpeverde, un ragazzino dai capelli castani e gli occhi scuri ma pieno di lentiggini sul viso ci sorrideva. 

Sia io che Rose lo salutammo con la mano e lui fece altrettanto. Hugo era il fratello di Rose e tra i due, come nella maggior parte della famiglia Weasley, c'era un rapporto molto stretto. Da quando la ragazza me lo aveva presentato, lui si era subito affezionato a me e aveva iniziato a seguirmi durante le lezioni per chiedermi consigli su qualsiasi cosa, da come essere più bravo in Pozioni (cosa a cui non ho potuto dargli consigli, vista la mia medesima incapacità in materia) fino a come guadagnare punti con una ragazza che gli piaceva. Hugo, poi, era l'unico, insieme a Lily Luna, cugina di Rose e sorella di Albus, a tifare per noi: i due, inseparabili come due piselli in un baccello, ci guardavano da lontano e più volte ci avevano riferito che eravamo "la coppia più dolce di tutta Hogwarts!"

Successivamente, Rose si avvicinò al tavolo della mia Casa e cercò con lo sguardo suo cugino, Albus Potter: il ragazzo, come al solito, era seduto a metà tavolata insieme al suo migliore amico, Michael Parkinson, figlio di una vecchia compagna di Casa di mio padre. I due erano coloro che facevano perdere più punti a Serpeverde, a causa della loro palese svogliatezza scolastica e alla loro sfacciataggine onnipresente. La cosa strana di Albus era che, in presenza di Rose, era una persona totalmente diversa: più aperta, sempre con un sorriso sul volto e sempre pronto a scherzare.

"Tanti auguri, Al!" sbraitò la ragazza avvicinandosi al cugino e abbracciandolo da dietro mentre io rimanevo impassibile dietro di loro. Albus si girò e abbracciò meglio la cugina, sorridendo e dandole un bacio sulla guancia mentre Michael sorrideva sottecchi: era cosa nota che avesse una cotta enorme per Rose ma non lo aveva mai rivelato ad Albus anche se era palese. Tra me e Michael c'era una reciproca gentilezza, data dal fatto che era stato l'unica persona che conoscevo al mio arrivo al Binario 9 3/4: mio padre e sua madre si erano incrociati quel giorno stesso e noi avevamo deciso di sederci affianco durante il tragitto in treno e durante esso ci eravamo scambiati le nostre paure. Sia io che Michael volevamo finire in una Casa diversa da Serpeverde, dato il nostro amore per lo studio e la conoscenza, ma alla fine il Cappello Parlante aveva deciso di porci entrambi nella casa del serpente. Mio padre ne era sempre stato molto fiero, come anche la madre di Michael, ma noi eravamo rimasti abbastanza infelici. Con il passare degli anni, a parte casuali scambi di appunti delle lezioni, non ci eravamo più parlati molto.

Rose, alla fine, decise di mollare dall'abbraccio il cugino, che ancora sorrideva: i due, fin da piccoli, avevano passato le estati insieme e si erano sempre confidati tutto e il loro rapporto, con il tempo, non aveva fatto che migliorare.

"Grazie, Rosie... mamma mi ha inviato un gufo con il mio regalo ed è un ennesimo libro: penso che speri che leggendo diventerò intelligente come Lily, ma non ha capito che non c'è speranza..."

Rose, Albus e Michael risero alla mera battuta del ragazzo mentre io rimasi in silenzio, ritto e appoggiando la schiena al muro. Da quella posizione riuscivo a intravedere Cora, la mia migliore amica, con il suo ammasso di capelli ricci e biondi, mentre parlava con un'altra ragazza del nostro anno. Ultimamente, da quando io e Rose siamo diventati una coppia, il rapporto tra me e Cora si è incrinato: lei è convinta che non ci sia più tempo per lei, ma non era affatto vero.

Velocemente, scoccai un bacio a Rose prima di dirigermi verso la mia amica, ma non prima di sentire un acido commento da parte di Albus, sussurrato a Michael.

"Speriamo che quel bacio sia l'ultimo..." aveva detto il ragazzo e io non potei ribattere poiché i professori erano entrati nella Sala e si stavano sedendo ai loro posti per iniziare il banchetto.


Quella sera, nel dormitorio, Albus non tornò se non a tarda serata, come praticamente ogni sera: era un'altro dei motivi per cui non avevamo mai interloquito molto durante i sei anni ad Hogwarts, avevamo semplicemente delle vite diverse. A lui piaceva stare nella Sala Comune a parlare con i suoi amici, a provare strani incantesimi e a tormentare quelli del primo anno raccontando storie di fantasmi; a me piaceva stare in un angolino a leggere e a studiare, ma sapevo anche di avere dei limiti e di dover riposare per almeno otto ore.

"Malfoy... sei sveglio? Devo parlarti!" sentii una voce dire al mio orecchio. Per un momento, pensai fosse solo un sogno, che il mio cervello mi odiasse così tanto da farmi sentire la voce di Albus Potter anche durante la notte. Invece, un successivo tocco mi fece balzare sul letto: era la realtà. 

Albus mi guardava serio e mi faceva segno di seguirlo verso la porta che dirigeva verso la scura sala comune di Serpeverde. Mi alzai dal letto, svogliato e senza una vera ragione: perché lo stavo seguendo? E se era una trappola? E se era solo uno dei suoi stupidi scherzi?

Un altro lato del mio cervello, però, voleva andare con lui: parlargli e magari chiarire la situazione, così da non renderla più imbarazzante sia per me che per Rose stessa.

Controllai i letti del nostro dormitorio: tutti i ragazzi stavano dormendo, anche Michael. Quindi, forse, non era una trappola e lui era sincero. Non avevo modo di scoprirlo se non mettendomi le pantofole e scendendo le scale verso la Sala Comune.

losing my mind | a scorbus love storyWhere stories live. Discover now