Capitolo 12

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Albus Potter era uscito dalla Sala Comune di Serpeverde ed era incappato nel nostro teatrino di pianti e disperazione, senza sapere che era proprio lui il motivo di tante urla. Come se il caso non fosse suo, si avvicinò a sua cugina e le sorrise: lei, però, gli sferrò una sberla in viso. Tutti eravamo fermi immobili: Lily con una mano sulla bocca; Hugo stringeva ancora più forte la mano della sorella; Rose con il viso pieno di labbra; Albus si premeva una mano dove pochi secondi prima quella della cugina lo aveva colpito; ed io, fermo ed incredulo ad osservare quella scena. 

"Vedo che si è sparsa la voce..." disse Albus dopo essersi leggermente allontanato dai suoi cugini e da sua sorella. La sua voce era sprezzante e impertinente, come se non gli importasse dei sentimenti di Rose e della sua tristezza. "E' stata una bella serata, Rosie... te lo avrei raccontato presto ma non volevo che il tuo incontro con il principe azzurro andasse male".

"Come puoi parlarle così?" intervenne Lily, fronteggiando il fratello. "Devi smetterla di comportarti in questo modo, Al. Non ti porterà da nessuna parte se non a essere odiato da tutti quanti e nessuno vorrà starti vicino, né io, né James, né Rose..."

"Credi che mi importi così tanto di voi?" chiese Albus, mettendosi le mani in tasca. Ovviamente gli importava, ma non voleva darlo a vedere, voleva mostrarsi come il duro della situazione.

"Se non ti importasse, non avresti cercato di proteggere Rose da lui, non avresti aiutato me o Hugo." ribatté la Corvonero con la lacrime che le iniziavano a uscire dagli occhi. "Ti importa della tua famiglia ma evidentemente preferisci essere visto come il bulletto della scuola che va nel letto di tutti, piuttosto che quello che davvero sei."

Albus non rispose e iniziò a guardarsi in giro. Quello che aveva detto Lily lo aveva colpito, non solo perché proveniva dalla bocca della sorella, ma anche perché una quindicenne era riuscita a interpretare il suo stato interiore. Io guardavo la situazione, senza dire nulla, perché in quel momento non ero preso in causa: ovviamente, come Albus, ne ero il carnefice e non la vittima, perché il dolore di Rose era anche colpa mia.

"So che è stato difficile per te..." iniziò a dire Rose verso il cugino ma i loro occhi non si incontrarono. La ragazza però continuò a parlare, senza badare al fatto che il cugino la stesse leggermente ignorando. "Essere messo in Serpeverde, scoprire la tua sessualità e... essere figlio di Harry. E' stata più dura per te che per Lily e James e questo io e te lo sappiamo bene perché io ero al tuo fianco in ogni momento buio, ricordi?"

Finalmente, Albus guardò Rose. Non potevo vedere il viso del ragazzo ma immagino che fosse contratto, sul vertice delle lacrime: sapevo che Albus non aveva amato essere in Serpeverde, ma il resto mi era oscuro. 

La ragazza continuò il suo discorso. "So che ti sei creato questo personaggio intorno, per sembrare di essere diverso dai tuoi fratelli e diverso da tuo padre, ma non deve essere così, Al. N-Noi ti amiamo per quello che sei e, sebbene quello che provo ora è rabbia, non posso non perdonarti perché ti voglio troppo bene..."

Rose aspettò qualche secondo, guardando negli occhi Albus, e poi i due si abbracciarono su spinta del ragazzo. Non riuscivo a capacitarmi della magnanimità di Rose: era riuscita a perdonare Albus, mettendo da parte i suoi sentimenti e perdonando il cugino, comprendendo ciò che era successo. Ero certo, però, che non sarebbe successo anche a me.

La ragazza sussurrò qualcosa all'orecchio di lui e poi si staccarono dal loro abbraccio; Rose sorrise, volgendo poi il suo sguardo su di me: i suoi occhi erano ancora rossi e il suo viso pieno di rabbia. Non sarebbe stato quello il momento del mio perdono, o forse quel giorno non sarebbe mai arrivato.  

"E' stata colpa mia, Rosie" sussurrò Albus girandosi verso di me. "Sono io che l'ho provocato più e più volte e..."

"Si ma lui non si è tirato indietro" lo interruppe la ragazza con voce sprezzante. "E poi lo ha fatto con me, senza dirmi nulla di ciò che era accaduto con te..."

Cercai dentro di me le parole giuste, ma non sembravano voler uscire: come potevo spiegare i miei sentimenti? Come potevo farlo senza sembrare un pazzo? Quattro paia di occhi mi guardavano in attesa di una mia parole, mentre dentro di me c'era solo tanta confusione e decisi di partire proprio da lì.

"Sono molto confuso ed è tutto partito grazie a te, Albus..." iniziai, spostando lo sguardo verso il ragazzo e sentendo il mio cuore accelerare. I suoi capelli, gli stessi che avevo toccato, la sua bocca rosea, che avevo assaporato, e il suo corpo, che avevo esplorato. Era tutto lì, di fronte a me, e non riuscivo a non distogliere lo sguardo. "Dentro di me, sento di amarti Rose ma al tempo stesso c'è qualcosa, una attrazione verso di lui..."

"Non si può essere innamorati di due persone contemporaneamente..." sussurrò Hugo che ora sembrava così lontano. "Me lo hai detto tu, mesi fa, quando ti dissi della mia indecisione tra Laura Vonnegut e Amelia Dash."

Io annuì con la testa e sospirai: non mi avrebbero capito, non lo avrebbero mai fatto. Sarei rimasto in quel limbo dei miei sentimenti, senza poter comprendere cosa c'era di sbagliato in me. Hugo, in questo momento, mi osservava con odio represso, come se quella volta gli avessi dato un consiglio sbagliato. 

"Lo so, però è quello che sento adesso... Per te" ribattei volgendomi alla ragazza dai capelli rossi "provo qualcosa di romantico: adoro stare con te, baciarti, tenerti la mano. Per Albus, invece, è qualcosa di fisico perlopiù e, forse, anche romantico." Quelle ultime parole uscirono dalla mia bocca per la prima volta. Senza volerlo, avevo ammesso a voce alta che ciò che avrei voluto con Albus non era solo sesso, ma anche qualcosa di più.

"Quindi?" chiese Hugo con tono arrabbiato. "Mi sembra ovvia la scelta, o no?"

"Non lo è..." rispose Rose, avvicinandosi a me. I suoi occhi erano più calmi anche se le guance erano ancora molto arrossate. Cercava di sorridermi, ma dentro di lei c'era ancora tanto dolore e stava solo cercando di capirmi. "Voglio che tu sia felice e per quanto sia difficile per me... credo sia giusto lasciarti andare."

"Ma io ti amo Rose!" ribattei io, sentendo che ormai ero sull'orlo della pazzia. Come potevo davvero amare due persone contemporaneamente? 

"Non ami me..." rispose lei, prendendomi le mani. "Ami la sicurezza che hai con me, la felicità che hai con me, ma questa è un'altra cosa."

"No, no... io amo te..." quelle parole ormai uscivano senza un vero significato. Il mio mondo era sottosopra, non avevo più certezze né verità assolute.

losing my mind | a scorbus love storyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora