Isolamento

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Thomas si svegliò con un forte dolore alla testa.
Si alzò lentamente e notò che non si trovava nella stanza che condivideva con tutti gli altri ragazzi; bensì in una stanzetta con le pareti grigie arredata solo con una scialba scrivania e una sedia e il letto su cui era seduto.
Si guardò un po' attorno e quando vide una porta con una finestrella trasparente di fronte a lui si alzò e cominciò a battere i pugni su di essa.
«Fatemi uscire di qui!» urlava sperando che qualcuno lo sentisse.
Dopo dieci minuti si arrese e poco dopo sentì la porta che veniva aperta con delle chiavi, era la dottoressa Paige.
«Mi dispiace se siamo arrivati a tanto Thomas, ma eri diventato ingestibile» si giustificò lei riferendosi all'attacco delle guardie che lo avevano tramortito con quello che doveva essere un taser.
«Oh, avrei dovuto dirvi grazie per caso?» disse irritato.
«Thomas, io...»
«Bhe, grazie per aver portato Chuck, Newt e tutti i miei amici in quell'inferno, grazie per avermi rinchiuso qui dentro, grazie veramente per tutto» la interruppe lui.
Stava per mettersi a piangere, lo sentiva, ma ormai si riteneva troppo grande per potersi permettere di iniziare a piagnucolare come un bambino; quindi tirò su col naso sperando di non dare troppo nell'occhio.
«Ti prometto che da oggi parlerò di più con te e ti farò sapere se ci sono novità in modo che tu non debba rivivere una cosa del genere»

Era veramente dispiaciuta per lui o stava solo facendo finta?
In ogni caso non ce la faceva più a sentire la sua voce.
«Va bene, ora posso rimanere da solo?»
«Si certo, come preferisci.»
La dottoressa si diresse verso la porta, appoggiò la mano sulla maniglia e nel momento in cui la abbassò per aprirla Thomas le chiese: «Adesso questa sarà la mia camera, vero?»
«Si, voglio essere sincera con te: sono rimasti pochi ragazzi e dopo ciò che hai visto non vorrei che gli rivelassi ciò che hai scoperto»

«Tanto poi gli cancellate la memoria, non farebbe differenza» disse senza neanche guardarla.

«Ma potrebbero ribellarsi, e non possiamo permetterci una cosa del genere»
Detto questo uscì dalla porta e la chiuse a chiave, come se avesse paura che il ragazzo potesse scappare.

Thomas si buttò sul letto e volse lo sguardo verso l'alto, guardò quel soffitto così scialbo e si mise a pensare.
Era stanco, stanco di essere trattato in quel modo, come se fosse solo una cavia da laboratorio, come se agli occhi di tutti quei medici e scienziati non fosse un essere umano.
Aveva voglia di evadere da quella "prigione", ma per andare dove?
Da quello che gli avevano detto il mondo là fuori non era così tanto accogliente; pieno di morte e sofferenza...

Scosse la testa per scacciare via quei pensieri e gli spuntò davanti, quasi come un flash, l'immagine di Newt.
Improvvisamente gli ritornarono in mente tutti i bei momenti passati insieme.
Le belle cose che si erano detti da piccoli, i sentimenti che cominciavano a venire a galla, le notti scherzose e divertenti, il loro primo bacio...
Al solo pensiero di tutti quei ricordi una lacrima gli solcò il viso, aveva così tanta voglia di stringere di nuovo Newt tra le sue braccia, di sentire il suo odore, di assaporare ancora un'altra volta le sue labbra; ma era certo che non aveva molte possibilità di rivederlo, tra tutti i pericoli che il Labirinto offriva e tra la sua non immunità qualsiasi cosa sarebbe potuta andare storta.

I giorni passavano ancora più lentamente ora che Chuck era stato spedito nel Labirinto, e Thomas non sapeva più con chi parlare.
L'unica con cui poteva scambiare qualche parola ogni tanto era Teresa, con la quale, però, non riusciva più a trovare argomenti di conversazione se non cose legate alla Radura e ai loro amici lì dentro.

Una notte Thomas non riusciva completamente a prendere sonno, si rigirava nel letto cercando la posizione giusta, ma niente, non ci riusciva, aveva troppi pensieri che gli frullavano nel cervello.
Stanco di quella piccola agonia si alzò frustrato dal letto e cominciò a fare avanti e indietro per la stanza; mentre lo faceva dava qualche occhiata di tanto in tanto alla porta cercando di scorgere tramite la finestrella qualcosa di interessante.
Per un po' non passò nessuno e il ragazzo stava per dirigersi al suo letto quando ad un tratto sentì una voce provenire dal corridoio.

«Dobbiamo cambiare i piani, lei ci serve qui» era decisamente la voce della dottoressa Paige.

«La verità è che ti sei affezionata così tanto che non vuoi rischiare di perderla nel Labirinto» quello era l'uomo-ratto, Thomas avrebbe riconosciuto il suono fastidioso della sua voce a un chilometro di distanza.

Il ragazzo, preso dalla curiosità, si avvicinò alla finestrella e guardò il corridoio.
Ancora non passava nessuno e aspettò fino a quando i due non entrarono nel suo campo visivo.
«Ho comunque pensato che un'ottima sostituta potrebbe essere il soggetto B6» insistette la donna.

Thomas non riusciva a stare al passo con il discorso.

Chi era il soggetto B6? Quelli del suo gruppo erano tutti soggetti ''A''.
«Perchè pensi che sia una buona idea?»

«Potrebbe essere un ottimo test per lei e il fratello. Chissà come reagirebbero se uno dei due o entrambi ricordassero»

Poco dopo i due superarono la parte di corridoio che Thomas poteva vedere e non li sentì più parlare.

Aspettò qualche altro minuto sperando che i due riprendessero a parlare, ma probabilmente si erano allontanati troppo per poter sentire dell'altro.
Quindi si diresse al suo letto e ci si sdraiò a pancia in su guardando il soffitto.

Chissà di chi parlavano e cosa avevano in mente.
Con tutti quei pensieri in testa si addormentò profondamente nel buio della sua stanza.

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