CHAPTER 5: Where?

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Wade entrò nella sua stanza fermandosi di scatto quando vide che il letto era vuoto. 
La ragazza che l'aveva occupato per almeno tre giorni buoni era sparita. 
{Che bel ringraziamento! Dopo che ci siamo presi cura di lei scappa senza dirci nulla!} 
L'uomo fece qualche passo avanti ignorando la voce nella sua testa. 
Se fosse davvero fuggita sarebbe dovuta passare dalla porta principale e senza dubbio l'avrebbe incrociata all'uscita. Le finestre erano tutte bloccate, se ne era accertato prima di andar via. 
Il suo sguardo vagò per la stanza e si fermò sul borsone nero, dai decori infantili, piantato in mezzo alla stanza. Quando quella mattina Dopinder era passato davanti a casa sua per restituirgli la borsa d'armi, che aveva dimenticato nel taxi l'altra sera, era quasi l'ora di chiusura del suo negozio preferito di tacos e per la fretta l'aveva gettata nella camera in cui aveva lasciato la ragazza a riposare. Si chinò e notò che la cerniera era aperta. 
[Oh...] 
{..cazzo!} 
Un calcio alle spalle dell'uomo lo fece capitombolare a terra. Uno sparo partì nella sua direzione e per schivarlo il mercenario dovette rotolare verso destra sfoderando in fretta la pistola dalla sua postazione, nella fondina, appesa alla sua cintura. Inginocchiato a terra, riuscì a puntarla verso il suo opponente ma, contro ogni sua aspettativa, l'arma finì rapidamente al suolo, colpita da un altro calcio. 
Wade saltò in piedi e sfoderò, quindi, una spada che andò a cozzare contro il metallo della Glock 17 in mano alla ragazza che respinse con forza il suo fendente. 
- Hey! Hey! Time out! - gridò il mercenario cercando di far ragionare la rossa ma vedendosi arrivare un pugno nella sua direzione lo schivò prontamente spostandosi di lato. Lasciando cadere la spada a terra, le afferrò il polso della mano che stringeva la pistola. Con uno strattone e una rapida mossa, posizionandosi alle sue spalle, le bloccò l'arto dietro la schiena e le strinse un braccio attorno al collo in una morsa ferrea. Il rumore metallico della Glock che scivolava dalla presa della giovane e collideva al suolo riempì le quattro pareti della stanza rimbombando nella testa di Kate.
Aveva perso lo scontro.
- Non c'è bisogno di combattere. - ribadì lui mentre l'altra cercava di liberarsi dimenandosi invano.
- Ascolta, non ho intenzione di farti del male. Se mi assicuri che non cercherai di nuovo di attaccarmi ti lascerò andare. Fai un cenno se hai capito. - 
Qualche secondo dopo, ottenuto il cenno affermativo che aveva richiesto, l'uomo lasciò la presa e sollevò le mani in segno di resa, indietreggiando di un paio di passi. La ragazza tossì portandosi una mano alla gola e poi si voltò a guardarlo con aria torva. 
- Dove mi trovo? - domandò fissandolo con aria scettica.
- A casa mia. - 
- Lavori per Hector non è vero? In tal caso sappi che non ho alcuna intenzione di ritornare in quel posto schifoso e non ho paura di passare sul tuo cadavere per farlo. - affermò Kate incrociando le braccia al petto e recuperando in fretta la pistola rubata. 
- Frena, frena bambola. Non ho la minima idea di chi sia questo Hector di cui parli. - 
Uno sparo improvviso quasi colpì il mercenario che riuscì a fare un balzò indietro appena in tempo. 
- Ma sei matta?! La vuoi piantare?? -
- Chiamami di nuovo bambola e ti assicuro che la prossima volta il colpo andrà a segno. - 
- Ho afferrato, ho afferrato. Preferisci dolcezza? -  
La ragazza sospirò pesantemente posizionando una mano sul fianco ferito.
- Si può sapere chi diavolo sei? - domandò senza rinunciare al suo sguardo ostile. 
- Deadpool, il mercenario chiacchierone. O almeno è così che mi chiamano. E' un piacere, Kate. - disse Wade prendendo la mano libera della giovane e stringendola per poi lasciarla nuovamente e dirigersi verso il letto, gettandosi sopra di esso, incrociando le gambe e mettendo le mani dietro la testa. 
Kate lo seguì con lo sguardo senza riuscire a nascondere l'aria confusa che aveva assunto il suo viso.
- Come...- 
- Il nome? L'ho letto sulla tua vecchia maglietta. A proposito, se ti trovavi lì vuol dire che devi avere dei poteri. Quali sono? - 
- Rigenerazione, telecinesi, teletrasporto e telepatia. Ma dopo l'ultimo esperimento a cui sono stata sottoposta...credo di non avere più nulla. - rispose lei, lasciando la pistola sulla scrivania e portandosi le mani alle tempie. Le scoppiava la testa. 
- Allora...- riprese a parlare Deadpool - ...hai un posto dove andare? Una famiglia, dei genitori, un fratello o una sorella che ti aspettano? Sai...qualcuno da cui ti potrei riportare. - 
La ragazza scosse il capo in segno di diniego. 
- Nessuno, nessuno? - 
- Nessuno. - gli fece eco la giovane senza guardarlo negli occhi. 
All'uomo non sfuggì lo sguardo triste e perso di Kate rivolto al pavimento della stanza e la mano destra appoggiata al bordo della scrivania in cerca di un qualsiasi sostegno.
Si mise seduto, ritirò le gambe, incrociandole, e le fece cenno di sedersi accanto a lui dando due leggeri colpetti allo spazio vuoto che si era creato sul materasso. 
- Vuoi raccontarmi cos'è successo? - domandò fissandola da sotto la sua maschera rossa e nera da panda. 
Kate lo guardò in silenzio. 
Dicevano che raccontare le proprie vicissitudini a qualcuno ogni tanto facesse bene; che tenersi tutto dentro non fosse una buona cosa. Forse parlarne le avrebbe fatto bene ma Deadpool per lei era ancora un sconosciuto e non se la sentiva di esporsi così tanto. 
E poi, ambiva ad andarsene da lì il più presto possibile non a rimanere con lui quindi perchè parlargli di cose così personali? Non avrebbe avuto senso. 
Scostò quindi lo sguardo da quello dell'uomo portandolo alla parete di destra della stanza, a qualche metro di distanza da lei, osservando con aria assorta la tinta color crema del muro. 
- Preferirei di no. E' una storia lunga e abbastanza complicata. Ti basti sapere che le persone che ho amato, si trovano tutte in un posto sicuramente migliore di questo ora. - 
- Mi dispiace. - disse Wade in tono grave. 
- Anche a me. - rispose Kate con un filo di voce.  
Un silenzio pesante cadde nella stanza. Nessuno dei due proferì parola per almeno una manciata di minuti. Il mercenario avrebbe voluto dire qualcosa, confortarla o fare un a battuta per smorzare l'aria cupa che aleggiava intorno a loro, ma la sua mente era vuota e la sua bocca sigillata. 
Fu la rossa a rompere il silenzio creatosi. 
- Se davvero non hai intenzione di farmi del male, perchè mi hai portata qui? Cosa volevi da me? - domandò tornando a puntare con aria decisa i suoi occhi cioccolato sugli spazi bianchi della maschera che il suo interlocutore indossava, immaginando che lui stesse facendo lo stesso. 
- Beh, volevo semplicemente darti una chance. Anch'io sono stato vittima di strani esperimenti in un laboratorio simile al tuo e nonostante tutto ho avuto la possibilità di fuggire, di tornare a vivere. Certo, non la vita che avevo prima...ma sono sopravvissuto a differenza di tanti altri. - Deadpool scrollò le spalle. - Quando ti ho vista ho pensato che se era stata concessa una seconda possibilità a un idiota come me forse era il caso che l'avesse anche qualcun altro di un po' più meritevole. - 
- Non mi conosci, potresti aver salvato un mostro. - 
- Un mostro non salva le vite delle ragazzine. Ho incontrato una certa...Carly fuori dal laboratorio, è stata lei a dirmi di restituirti il favore che le avevi fatto. - commentò il mercenario. Poi fece una smorfia, inclinando il capo, riflettendo su ciò che aveva appena detto. 
- Forse non si chiamava Carly. No, aveva decisamente un altro nome. Carla? Carmen? Forse Carmelita...? Era sicuramente qualcosa con che aveva la “c” come iniziale...- l'uomo si sforzò di ricordare ma si arrese subito dopo qualche secondo, immaginando che la sua memoria avesse già resettato ciò che stava cercando.
- Beh, pazienza. Era una ragazzina riccia. - 
Kate corrugò le sopracciglia. 
- Cassie...? - mormorò. 
Era scossa, doveva ammettere che quella era l'ultima delle risposte che si sarebbe mai immaginata. Era la prima volta che qualcuno faceva qualcosa per lei. E questo era stato decisamente un gesto di grande altruismo nei suoi confronti. Quell'uomo si era preso la briga di dare una mano a una persona sconosciuta che avrebbe potuto benissimo far morire per strada. 
Avrebbe avuto tutte le ragioni del mondo per lasciarla annegare nel suo dolore ma non l'aveva fatto. 
L'aveva salvata. 
- No, niente. Proprio non me lo ricordo. - borbottò Wade e si alzò stiracchiandosi, dirigendosi verso la porta.
Kate, risvegliatasi dai suoi pensieri, lo seguì. 
- A-aspetta. - tentò di dire afferrandogli il braccio. 
Il mercenario si voltò a guardarla, fissandola da dietro quel pezzo di spandex rosso che gli copriva la faccia, e lei si sentì improvvisamente impacciata. 
Non sapeva cosa dire. 
- ...grazie. - fu tutto quello che uscì dalla bocca della rossa. 
La giovane fissò le sue scarpe, non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi, e per la prima volta in vita sua avrebbe voluto sparire per sottrarsi allo sguardo penetrante dell'uomo. 
Wade si trovò a sbattere un paio di volte le palpebre, stranito.
"Grazie". Quella parola gli sembrava così stranamente nuova. Da quanto nessuno lo ringraziava per qualcosa? Per un attimò pensò di aver dimenticato come suonassero queste semplici sei lettere accostate insieme.
Ignaro di cosa dovesse fare in risposta a quel semplice lessema, gettò un braccio attorno alle spalle della giovane avvicinandola al suo petto in segno di gratitudine. Quel fonema l'aveva fatto sentire, improvvisamente, una persona migliore. Anche lui degno di riconoscenza, di stima da parte di qualcuno. Un sorriso gli si dipinse sulle labbra nascoste dalla maschera che indossava.
Kate ricambiò l'abbraccio solo dopo qualche secondo, inizialmente troppo sorpresa da quel gesto inaspettato per contraccambiare. 
Da quando suo padre era morto, non erano più esistiti abbracci, carezze o coccole. Era tutto un allenarsi, con il nonno. Tutte torture quando poi Hector aveva irrotto nella sua vita. 
Stretta in quell'abbraccio si ritrovò a pensare a quanto Deadpool fosse molto più alto e grosso di lei e per un attimo le sembrò che fosse come una roccia. Uno scoglio alla quale si era potuta aggrappare per non cadere nell'abisso sottostante che l'aspettava. 
Chiuse gli occhi lucidi e strinse la presa. 
Non avrebbe sprecato questa occasione. 
Questa volta avrebbe condotto una vita normale, come tutti. 
Niente più poteri. 
Niente più torture. 
Niente più Hector. 
Basta. 
Era libera finalmente. 
- E' stato un piacere, dolcezza. -

~

Note:

Grazie per aver letto, ci vediamo al prossimo capitolo! ;) Come al solito i vostri commenti sono sempre ben accetti. <3

P.S. Ho iscritto questa mia storia al "Concorso Plum Words 2019" organizzato da SentencesPower, Primrose_Lovegood e masvherata

❀ 𝑺𝒂𝒗𝒆 𝑴𝒆 ❀《𝒊𝒏 𝒓𝒆𝒗𝒊𝒔𝒊𝒐𝒏𝒆》Where stories live. Discover now