CHAPTER 2: How old are ya?

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Quella notte il cielo era talmente scuro da sembrare una semplice larga macchia d'inchiostro che aveva inghiottito tutte le stelle. L'unica sopravvissuta era la luna, la cui luce fioca filtrava anche tra le sbarre delle piccole finestre delle celle di un laboratorio, all'apparenza abbandonato, situato in un quartiere isolato di New York.
Ma sfortunatamente, per chi vi era segregato all'interno, quella struttura era tutt'altro che disabitata. A gestirla era un ragazzo di trentadue anni a capo di un gruppo di ricercatori e scienziati che, nonostante la sua giovane età, lo temevano ed erano soggiogati al suo potere. Il suo nome era Hector; in realtà si vociferava che fosse un soprannome ma nessuno potè mai avvicinarsi abbastanza per domandarglielo. 
L'edificio di cui si occupavano le persone riguardo al quale stiamo discorrendo, era una vecchia fabbrica, trasformata successivamente in un laboratorio illegale, il cui scopo era quello di mutare gli esseri umani in mutanti attraverso vari esperimenti e torure di ogni genere. Le grida dei poveretti che erano costretti a supplizi disumani, delle volte, erano chiaramente udibili persino da fuori. Nei corridoi sporchi e scarsamente illuminati, affiancati su entrambi i lati da file di celle simili a spoglie e tristi prigioni, tra le urla di dolore di uomini e donne, una ragazza minuta con una massa di bruni capelli ricci e piccoli occhi, così scuri da sembrare neri, si guardava intorno terrorizzata quasi come se stesse cercando una via di fuga. Non era lì da molto e sicuramente l'idea di poterci rimanere per più di qualche minuto ancora la stava facendo impazzire. Oltre le grosse sbarre che la rinchiudevano vide, nella cella davanti alla sua, una giovane che, seduta a terra a gambe incrociate, appoggiava le spalle contro il freddo muro dietro di sé. Lunghi capelli lisci di colore rosso tendente al bordeaux le incorniciavano il volto scompigliati e ricadevano delicatamente sulle sue spalle giungendo fino all'altezza dei fianchi. Anche lei indossava una sorta di divisa arancione, la stessa che aveva la ragazza riccia, ma sembrava più sgualcita e consumata dal tempo. Le maniche arrotolate fin sopra ai gomiti rivelavano grossi lividi violacei che costellavano la pelle diafana delle sue braccia. 
- Hey! Hey! Mi chiamo Cassie...sai se c'è un modo per uscire di qui? - 
La rossa non si mosse, per qualche secondo fu come se nessuna parola fosse stata pronunciata. 
- Voglio tornare a casa....ti prego, ho paura. I-Io...non avrei dovuto venire qui...se solo avessi ascoltato mio padre a quest'ora forse...-
Di nuovo la riccia non ottenne alcuna risposta e involontariamente alcune lacrime le rigarono il volto dettate dalla paura e dallo sconforto. 
- Quanti anni hai? - 
La ragazza si asciugò le lacrime come meglio potè sorpresa che la sua "vicina di cella" avesse deciso di parlarle. 
- Quindici. - mormorò. 
Ottenuta la sua risposta la donna non disse altro. Rumori di passi echeggiarono per il corridoio. La ragazza minuta cominciò a tremare come una foglia quando questi si fermarono proprio davanti alla sua cella. 
- Ciao Cassie. Sembra sia arrivato anche il tuo turno, sei contenta? - domandò Hector giocherellando con la chiave della prigione. Sul suo volto si dipinse un sorriso che avrebbe congelato le vene di chiunque avesse avuto la forza di sostenerlo. Accanto a lui, due guardie assistevano impassibili.
- Lasciala stare, Hector. - 
L'uomo si voltò a guardare la giovane dai capelli rossi che si era alzata e teneva le mani strette attorno a due delle sbarre che la separavano dalla libertà. 
- Interessante...da quando la nostra cara 418 ha sviluppato un senso di pietà nei confronti di qualcun altro che non sia se stessa? - chiese l'uomo avvicinandosi alla cella della ragazza con aria divertita.
- Non fa per te, bambola. Dovresti saperlo. - continuò lui appoggiando a sua volta le mani sulle sbarre e fissando i suoi occhi color ghiaccio su quelli cioccolato della donna. 
- Va all'inferno. - gli rispose lei. Con un pugno colpì il naso dell'uomo che indietreggiò portandosi le mani al viso e facendo cadere la chiave che, prontamente afferrata in un attimo di distrazione generale, venne fatta scivolare della rossa, sul pavimento, verso la cella della quindicenne. 
- Brutta, piccola...Jasper, Kevin! Prendete questa insolente e portatela nella stanza 505. La farò pentire per quello che ha fatto. - ordinò Hector strascicando le parole fuori dai denti e iniziando a incamminarsi verso il luogo stabilito mentre i due sottoposti aprivano la cella della ragazza e strattonandola la facevano uscire legandole poi collo e polsi affinchè non tentasse di ribellarsi o scappare. Non le fu permesso di muoversi ma se avesse potuto voltarsi il sorriso e l'espressione di riconoscenza che le aveva rivolto Cassie le avrebbe di sicuro fatto pensare che quel gesto di gentilezza era valso la pena, quell'anima salvata non l'avrebbe di certo più dimenticata. Ma non era questo quello che le interessava. Non era una supereroina, non lo era mai stata. 
La vita con lei non era stata di certo clemente e dopo aver passato anni rinchiusa in un laboratorio con Hector aveva imparato come dovevano sentirsi i topi quando finivano trappola. Quasi iniziava a dispiacersi per loro. Eppure per lei era stato diverso, non si trovava lì per caso, vi era entrata volontariamente, spronata dal nonno, per vendicare il padre e da quel momento non vi era più riuscita a uscire.
Era stata sottoposta a qualunque tipo di tortura ed esperimento possibile e immaginabile con l'unico intento, da quello che aveva capito, di vedersi sottrarre i poteri con la quale era nata: rigenerazione, telecinesi, teletrasporto e telepatia. Era probabile che sarebbero riusciti presto a realizzare il loro obiettivo: nelle condizioni in cui versava, sentiva che forse si sarebbe potuta persino avvicinare alla morte. Si era domandata spesso se si sarebbe presentata anche a lei l'occasione giusta per sfuggire all'inferno di Hector. Ma col tempo aveva quasi rinunciato alla prospettiva di un futuro al di fuori di quel dannato laboratorio. 
- Eccoci, 418. - annunciò Hector - Abbiamo preparato qualcosa di nuovo per te, ci divertiremo vedrai. - 
La rossa non rispose mentre le due guardie la trascinavano di peso all'interno della stanza. Lo scienziato, guardandosi attraverso uno specchio, controllò lo stato in cui si trovava il suo povero naso e infine si passò una mano fra i corti capelli neri, entrando nella 505 subito dopo i suoi scagnozzi. Il cigolio della porta che si richiudeva echeggiò nel corridoio vuoto, illuminato fiocamente da alcune lampade al neon sul soffitto che ogni tanto lampeggiavano minacciando di spegnersi del tutto da un momento all'altro.

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Note:

Chapter 2 released, guys. Un nuovo misterioso personaggio si è aggiunto alla storia. Chi sarà mai questa ragazza dai capelli rossi?
Ci vediamo al prossimo capitolo! :)

❀ 𝑺𝒂𝒗𝒆 𝑴𝒆 ❀《𝒊𝒏 𝒓𝒆𝒗𝒊𝒔𝒊𝒐𝒏𝒆》Место, где живут истории. Откройте их для себя