Capitolo 3

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«Vieni spesso in questo locale?» mi chiese Aidan, mentre attendevamo al tavolo il nostro ordine. Eravamo circondati soprattutto da piccoli gruppi di amici di una certa età, c'era solo una coppia di giovani turisti che sembrava finita lì più per sbaglio che per caso. Eppure avevano l'aria di divertirsi e apprezzare le prelibatezze disposte di fronte a loro sul tavolo. Li guardai per un attimo con occhi nostalgici, poi riportai la mia attenzione su Aidan.

«Non quanto vorrei.» Abbozzai un sorriso. «Trovo che sia rilassante starsene qui seduti ad ammirare il mare.»

Scrutai in lontananza, tra le luci e i tetti delle case del paese e individuai quella distesa d'acqua infinita, rischiarata dalla luna piena. A occhi esterni la situazione in cui ci trovavamo era perfetta per un incontro amoroso.

«Sono d'accordo con te. Questo è di gran lunga il tavolo migliore del locale.»

Mi stupivo ancora della sua grande padronanza della lingua italiana ed ero curiosa di saperne di più sulla sua vita.

«Da quanto vivi qui in Italia?» gli chiesi, sporgendomi verso di lui, che era seduto di fronte a me al piccolo tavolino quadrato.

«Ormai sono quasi dieci anni, da quando sono andato a vivere con Greta, mia moglie. O dovrei dire, quasi ex moglie.»

«Per quanto tempo siete stati sposati?»

«Otto anni. Anche se gli ultimi due non sarebbero neanche da considerare. Adesso siamo separati, tra qualche mese saremo divorziati e sarà come se non fossimo mai stati marito e moglie.»

Non c'era amarezza nel suo tono, tutto ciò suonava come una semplice constatazione. Mi spiazzò perché, se fosse stato triste o dispiaciuto avrei potuto consolarlo, invece in quel caso non sapevo proprio cosa dire.

Mi lasciai sfuggire qualcosa che avrei preferito o dovuto tenere per me: «Allora entrambi non siamo fortunati con i matrimoni.»

Lui mi guardò incredulo. «Sei già stata sposata? Eppure mi sembri ancora così giovane. Quanti anni hai?» Spalancò gli occhi scuri e mi osservò attentamente, in cerca di qualsiasi tipo d'indizio.

«Ho venticinque anni» ribattei, ringraziando il cielo che Claudio stesse tornando proprio in quel momento con la bottiglia di vino che avevamo ordinato.

«Ecco a voi ragazzi!» esclamò, stappandola e versando due dosi più che generose nei calici. «È tutto vostro.» Si rivolse solo ad Aidan e, con fare cospiratorio, aggiunse: «Questo vino è del tutto biologico e locale, lo produco io stesso. Mi faccia sapere come lo trova. Salute! Ora vado in cucina a vedere a che punto è mia moglie con le vostre pietanze.» Detto questo si allontanò e io mi affrettai a sollevare il mio calice, invitando Aidan a fare un brindisi. Non volevo assolutamente che si tornasse sull'argomento matrimonio.

Aidan sollevò il suo bicchiere e mi rivolse un sorriso. «Allora, a cosa brindiamo?»

Mi strinsi nelle spalle. «A una nuova vita?» Ridacchiai, per la mia scarsa originalità, come al solito.

Aidan mi diede corda: «A un nuovo inizio, a una nuova amicizia e a una nuova avventura!»

«Già che ci siamo, perché non brindiamo a tutti i cliché del mondo?» scherzai, facendo tintinnare il mio bicchiere contro il suo.

Lui mi rivolse un'occhiata allusiva e ribatté: «Ci sto! Perché se dovessimo valutare tutti i cliché del mondo, ce ne sono almeno una dozzina secondo i quali noi dovremmo finire a letto insieme.»

C'era una luce scherzosa nei suoi occhi, eppure qualcosa mi faceva pensare che fosse serio, che volesse davvero portarmi a letto. Del resto non aveva esitato a farmelo capire in diversi modi quel pomeriggio stesso.

Once Upon a SummerWhere stories live. Discover now