Capitolo 13

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Quello scorcio mi affascinò fin da subito: c'era un piccolo roseto e, con il buio della notte, i fiori sembravano neri. Quando mi sporsi per sfiorare quei petali profumati, la luce della luna mi permise di vedere che in realtà le rose erano di un rosso talmente intenso da sembrare nere.

Mi avvicinai e il mio piede urtò contro qualcosa di metallico. Mi chinai e tirai fuori l'oggetto che avevo colpito. Si trattava di una scatola di latta rettangolare. Sulla superficie un tempo dovevano esserci raffigurati dei fiori, ma le intemperie e gli anni li avevano cancellati per gran parte. Mi chiesi da quanto fosse lì e cosa contenesse.

Il coperchio era un po' deformato, magari qualcuno o qualcosa l'aveva schiacciato, quindi dovetti faticare non poco per aprirlo. Quando vidi cosa conteneva la scatola di latta, ci rimasi di sasso: un fascio di lettere, tenuto insieme da un nastro verde chiaro ornato da un rametto con dei fiori essiccati che un tempo dovevano essere bianchi. Al momento non mi veniva in mente il nome esatto della pianta da cui provenivano, ma l'avevo di sicuro già vista prima.

Qualcosa mi diceva che quelle erano le lettere di cui aveva parlato Ornella.

Se la reazione della donna non era stata dettata solo dall'età avanzata e dalla malattia, c'erano buone possibilità che gli scritti contenessero qualcosa di compromettente. Infatti, dalla sua espressione e dalle parole di Ornella, lei sembrava la prima a essere intenzionata a tenerle nascoste a tutti, come se fossero testimoni di qualche crimine inconfessabile.

Dentro di me sapevo che avrei dovuto condividere la mia scoperta con Aidan, ma il ritrovamento di quei messaggi sul suo cellulare mi aveva resa di nuovo diffidente nei suoi confronti, quindi decisi, per ora, di tenere le lettere per me e di leggerle per conto mio. Le sfilai dalla scatola, me le misi sotto la t-shirt e mi avviai di nuovo verso la casa, sperando di non incontrare il padrone di casa lungo il mio cammino.

Chissà, magari era preso a rispondere alla persona che gli aveva scritto riguardo alla notte trascorsa insieme.

In effetti scorsi la sua sagoma fuori da casa e, man mano che mi avvicinavo, vidi che teneva il cellulare in una mano e lo fissava con un'aria corrucciata. Sentii il mio cuore sprofondare: possibile che ogni volta che decidevo di fidarmi rimanessi delusa?

Aidan era fermo proprio davanti all'entrata principale della casa, l'unica a non essere chiusa a chiave in quel momento, perciò dovetti affrontarlo per forza, mi sarebbe stato impossibile evitarlo.

«È successo qualcosa?» gli domandai e lui sollevò lo sguardo su di me, serio.

«Avevi visto i messaggi?» chiese a sua volta, avvicinandosi e mostrandomi lo schermo del cellulare.

«Non li ho letti e questo lo sai, ma li hai ricevuti mentre tenevo in mano il telefono e quindi ho visto ciò che è comparso sullo schermo.»

Mise lo smartphone in tasca e mi prese entrambe le mani. «Lia, ti devo delle spiegazioni.»

«Me le devi perché ho scoperto i messaggi o perché me le avresti date comunque?»

Lui rimase un attimo interdetto e mi chiesi se avesse effettivamente capito la mia frase.

«Vuoi che te lo ripeta più lentamente?» pronunciai la domanda scandendo bene sillaba per sillaba.

«Non parlarmi come se non capissi la tua lingua» ribatté Aidan, offeso. Adesso faceva lui l'offeso, quando ero io quella a cui aveva nascosto di avere avuto una notte focosa con qualcuna. E dire che conosceva le mie paure e insicurezze. «E tu non parlarmi come se avessi dimenticato quanto è importante per me la sincerità in merito a certe questioni» sbottai, puntandomi le mani sui fianchi. La stoffa della t-shirt si tese e il fascio di lettere, che avevo incastrato nell'elastico dei pantaloncini, mi pizzicò la pelle della pancia con i suoi angoli di carta.

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