3. Crepe

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Nessuno capisce il dolore di un altro,

e nessuno la gioia di un altro.

(F. Schubert)

Madrid, Universidad Carlos III, giovedì 28 settembre 2017, ore 11 e 30

"Nick. Nick. Grimmy. Niiiick! Cazzo, ascoltami... NICK!"

Una massa di ricci scuri ruotò in direzione di Liam.

"Payne, cosa cazzo vuoi? Sto cercando di seguire Borrego, non si capisce un cazzo, parla troppo veloce! Non distrarmi."

Liam sbuffò, passandosi una mano sulla fronte.

"Puoi dare una gomitata a Louis? Dorme da quando ci siamo seduti, devo chiedergli un favore."

"Non puoi aspettare? Tanto ormai stiamo per finire. E' ridotto uno straccio, sembra un relitto..."

"Nick, non esagerare...."

"Non esagero, e poi si può sapere dove se ne va ogni sera? Non c'è verso di convincerlo a restare a cena con noi..."

"Vorrei tanto saperlo anche io...."

Liam tamburellò la penna sul blocco per gli appunti, fissando la nuca del cugino che teneva il volto affondato tra le braccia conserte, il respiro leggero e cadenzato a sollevargli e abbassargli le scapole. Liam pensò fosse una fortuna che la sala della conferenza fosse gremita e nessuno facesse caso alle ultime due file. Un richiamo formale era l'ultima cosa che serviva a Louis, anche se probabilmente non gliene sarebbe importato nulla. Non esisteva niente, in quel periodo, capace di lasciargli un segno, di provocare in lui una reazione, di stimolargli attenzione verso il mondo circostante.

Sospirò, mordendosi il labbro. Voleva fare di più per lui, coinvolgerlo, convincerlo a uscire e a parlare, di qualsiasi cosa ma che fosse una conversazione concreta, tangibile, non un angolino di asfissiante silenzio come quello in cui il ragazzo dagli occhi blu, sempre più stanchi e incavati, sembrava essersi rinchiuso. Spalle al muro contro un mondo dal quale si difendeva alla cieca, senza fare distinzioni tra gesti d'affetto e possibili rischi. Tutto fuori, anche quello che prima si era costruito dentro. Espelleva dolori e ricordi di felicità passata insieme, e Liam vedendolo pensava fosse morto dentro la sua stessa pelle, senza che nessuno se ne accorgesse. Finchè non sarebbe diventato così privo di forza d'inerzia da spegnersi davvero davanti ai loro occhi, per sempre. Eppure c'era stato un turbamento, lo aveva percepito nell'aria. Da qualche ora Louis non stava più subendo, non si stava più semplicemente trascinando sotto il peso della sua stessa coscienza e di un dolore troppo grande. Sembrava insofferente, si assopiva per non pensare, si estraniava correndo via non come se stesse scappando ma come se si affrettasse verso qualcosa. La sera prima lo aveva visto lasciare il bar dell'hotel con la fretta di chi è atteso. Ma chi poteva attendere una persona che sembrava forgiata per stare da sola? Troppo dura per modellarsi agli altri, troppo fragile per essere approcciata. Liam ne percepiva, quasi come un'aura attorno a lui, le continue negazioni. Si ribadiva ancora e ancora una sequela infinita di "no", ma a quali domande? A quale lotta interiore non stava riuscendo a porre un limite?

La voce autorevole del professore congedò i tirocinanti. Liam si alzò di scatto, abbandonò il suo banco e fece rapido il giro per affiancarsi a Louis, prima che tutte le persone dei banchi anteriori si dileguassero, lasciando intravedere al professore il modo passivo in cui uno di loro aveva seguito la sua soporifera lezione sui sistemi di bypass cardiaco.

"Louis? Louis? Ti prego, Louis, sveglia! Abbiamo finito, dobbiamo andare."

Liam agguantò il giovane dalla spalla il più gentilmente possibile, ma non potè evitare che Louis si svegliasse di soprassalto, facendo scattare il capo verso l'alto con un lungo respiro, a cercare ossigeno come dopo una lunga apnea.

Còmo si yo fuera el sol (LARRY AU)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora