21. Chi crede nelle favole

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L'urto gelido di una secchiata d'acqua sulla faccia mi strappa all'incoscienza.

La prima cosa che avverto è un odore pungente e fastidiosamente familiare. La seconda è la consistenza scomoda di una corda attorno ai miei polsi, così stretta da conficcarsi nella pelle e strapparmi un lamento quando tento di dibattermi. Sono legata a una sedia, le braccia immobilizzate dietro lo schienale.

Gli ultimi che metto a fuoco sono i tre uomini attorno a me. Nessuno di loro è Bevin, ma non so se sia il caso di rallegrarmene, perché con un brivido d'orrore riconosco quello che ancora tiene in mano il secchio gocciolante. È la faccia da ragazzino strafottente di Damien, o come diavolo si chiamava lo sgherro che cercava di riscuotere il tributo da Yanna e Charlez.

"Buongiorno, principessa" ridacchia un suo compagno, dalla pelle candida e il petto robusto coperto dall'uniforme delle guardie reali.

"Ce ne hai messo, a svegliarti" commenta l'ultimo dei presenti. Che è anche uno degli ultimi nella lista degli uomini che vorrei vedere adesso.

La luce tremula di decine di candele si riflette sui simulacri di vetro che occupano il Giardino di Cristallo come fantasmi prodotti da una mente impazzita. I bagliori danzano sulle cicatrici lucide lasciate dal gas panace sugli zigomi di Arno Farkas.

Il Re degli Accattoni sta di fronte a me, codino color mogano e occhio lattiginoso compresi.

E il mio cuore sprofonda in mezzo al petto.

"Te l'avevo detto di andarci piano, con quell'incantesimo del sonno" sbuffa Damien, rivolto alla guardia reale.

"È un incantesimo, fa quello che deve fare. Non ci sono vie di mezzo."

"Secondo me sei tu che non vali niente come stregone, Connor."

"Che ne vuole sapere della magia uno sporco rifugiato come te?"

Damien lancia via il secchio, che rotola in un angolo con un clangore stonato. Adombra gli occhi e gonfia il petto. "Prova a ripetere quello che hai detto, se hai il coraggio."

Connor, l'uomo della guardia, incrocia le braccia. "Sei uno sporco rifugiato. Puzzi come tutti i tuoi simili e scommetto che tua madre..."

"Ragazzi, ragazzi, diamoci una calmata." Farkas s'infila tra i due litiganti e li separa con un sorrisetto sulle labbra. "Non siamo qui per affrontare il delicato tema dell'integrazione, va bene?"

"Stava per insultare mia madre" protesta Damien, con fare lamentoso.

Il pugno allo stomaco lo raggiunge così in fretta che quasi non lo vedo nemmeno partire. Il ragazzo si piega su se stesso, gli occhi strabuzzati e la bocca serrata a soffocare un conato. I capelli scuri gli piovono sul viso, a nascondere la smorfia sofferente.

Il Re degli Accattoni fa scrocchiare le nocche e lascia perdere il suo sottoposto. "Non ho ancora deciso la vostra punizione per l'errore che avete commesso. Fossi in voi due eviterei di rendermi più furioso di quanto già non sia" commenta, con una calma glaciale nella voce.

Connor abbassa lo sguardo sul pavimento. Damien bofonchia delle scuse, per quanto glielo permetta il dolore.

"E ora veniamo a noi." Arno incombe su di me. Sento come un brivido la carezza del suo unico occhio. "Sapevo che Yanna e Charlez mi stavano rifilando una fregatura, ma tu hai davvero superato ogni aspettativa. Adesso ci sono un paio di domande cui gradirei che rispondessi."

"Prima tu" rispondo in fretta. Devo fare uno sforzo per impedire ai denti di battere per il freddo lasciatomi addosso dall'acqua. I miei vestiti sono impregnati, appiccicati alla pelle. "Che cos'è successo? Dov'è Bevin?"

DescentWhere stories live. Discover now