42. Il dono di Farkas

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Fronteggio Damien attraverso le sbarre che ci separano.

Spingo la paura giù, in fondo allo stomaco. La riduco a un nocciolo nero e piccolissimo finché non l'avverto più, insieme ai pensieri minacciosi. Una calma glaciale scende su di me.

Lo sgherro di Farkas borbotta un'imprecazione tra i denti mentre i suoi compagni abbandonano il sotterraneo. Non aveva nessuna voglia di essere lasciato indietro.

La porta della prigione sbatte con forza.

E adesso siamo soli io e lui.

Damien si volta rabbioso verso di me. "Tu sei la puttana con cui è cominciato tutto." Piccole gocce di saliva schizzano dalla sua bocca quando parla. "Le cose andavano a meraviglia, finché tu non ti sei presentata alla corte del Re degli Accattoni."

"Farkas è solo uno sfruttatore dei suoi simili. Tu... Nessuno di voi dovrebbe sostenerlo."

"Farkas ci proteggeva. Ora ricomincerà a farlo, e tutti quelli che l'hanno ostacolato riceveranno la lezione che si meritano. Tu per prima."

"Non ti conviene" ringhio. "Per uccidermi devi tirarmi fuori di qui."

Il ragazzo fa tintinnare le chiavi nel palmo. "È quello che sto per fare" mugugna.

"Saresti stupido a permettermi di uscire. Ti ricordi com'è finita tutte le volte che ci siamo scontrati, vero?"

Ottengo solo di farlo arrabbiare.

Con un grugnito, Damien si china sulla serratura. È goffo nel tentativo di non allentare la presa né sulle chiavi, né sul bastone che stringe nell'altra mano. Così, quando si ode un clic e la porta scivola libera sui cardini, non ho problemi a spingerla in avanti con un calcio ben piazzato.

Le sbarre colpiscono lo sgherro di Farkas in pieno viso. Lui barcolla, confuso, mentre schizzo fuori dall'apertura e mi porto alle sue spalle. Gli assesto un colpo a palmi aperti nella schiena che travolge il suo equilibrio già precario. Cerca di agitare il bastone nell'aria per difendersi, ma sono più veloce a strapparglielo di mano e ad abbatterglielo sul retro delle ginocchia.

Damien cade in avanti all'interno della cella. Quando recupera la stabilità emette un sommesso ruggito e fa per avventarsi su di me, ma l'inferriata gli si richiude davanti con un clangore acuto. Ruoto la chiave ancora incastrata nella serratura e il chiavistello scatta a incastrarsi nel muro di pietra.

Arretro, il bastone ancora stretto nel pugno.

Sono passati pochi secondi e le nostre posizioni sono invertite.

Il ragazzo scuote la grata con tutte le proprie forze, ma non riesce nemmeno a farla traballare.

"Fammi uscire! Fammi uscire subito" ruggisce.

Un altro passo indietro. "Sicuro."

Ripenso all'amabile, inquietante sorriso che Arno Farkas mi ha rivolto dopo che la mia bugia ha svuotato il palazzo delle sue guardie. E capisco che questo, la mia improvvisa libertà, ne è una conseguenza. È il modo in cui, senza perdere la faccia davanti ai propri seguaci, il Re degli Accattoni mi ringrazia per avergli reso un involontario servizio. Avrebbe potuto abbandonarmi nella mia cella a marcire, oppure ordinare di occuparsi di me a qualcuno dei suoi sottoposti più preparati, magari a uno degli stregoni. Invece mi ha lasciata qui con Damien: un ragazzo giovane, inesperto e che ho già sopraffatto più volte.

Questa libertà è un regalo.

Alzo lo sguardo verso le scale e la porta del sotterraneo.

Un regalo di cui presto Farkas si pentirà.

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