"Test e cattive notizie."

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Erano passati due giorni da quell'incubo ed io cercavo di non pensarci troppo.
Per distrarmi avevo iniziato un piccolo allenamento mattutino, grazie all'aiuto di Jarvis, dove cercavo di creare lo scudo o la bolla intorno a Klaus.
Mi ero autoconvinta che non avevo bisogno di assistere a situazioni pericolose, dovevo solo concentrarmi e volerlo.
Era molto più semplice del previsto.
Io immaginavo la bolla protettiva e lei si creava.
Per la telecinesi era diverso. Ci voleva più concentrazione e più forza di volontà.
Riuscivo solo a sollevare di pochi metri gli oggetti piccoli, come spazzole o le palline da tennis rosicchiate da Klaus.

Svegliarmi all'alba per esercitare i miei poteri era abbastanza stancante, soprattutto per l'allenamento che mi aspettava a metà mattina con Bucky.
E proprio nel momento in cui la pallina da tennis era sollevata sopra la testa di Klaus, che la osservava pronto a brancarla, qualcuno bussò alla porta.
Con la mano ancora sollevata intenta a non far cadere l'oggetto, osservai la maniglia della porta intenta ad aprirla col pensiero. Non era facile avere il controllo su due oggetti nello stesso momento. Mi mordicchiai le labbra e con la mano libera effettuai un giro di polso, come se avessi davvero tra le mani l'oggetto in metallo e l'aprii.

Sorrisi e lasciai cadere la palla per terra, per non fare arrabbiare Bucky. Non era d'accordo sul mio allenamento solitario mattutino. Diceva che dovevo essere seguita e che era pericoloso stancarsi così tanto.
"Buongiorno Bucky" lo salutai, ancora seduta sul letto a gambe incrociate e pronta per andare in palestra. "Nora" mi salutò lui intento a controllare la mia stanza, completamente in ordine.
"Prima iniziamo prima finiamo" disse uscendo dalla mia stanza.
Scossi la testa per la sua freddezza disumana e lo raggiungi con il mio lupo, fino in palestra.

"Iniziamo con lo stretching poi passeremo al sacco" disse indicando i vari tipi di sacchi da box appesi al soffitto.
"Useremo i guanti?" chiesi legandomi i capelli in una coda alta e stretta, lui sospirò e mi rispose "Tu userai i guanti" per poi iniziare il riscaldamento.
Dopo aver riscaldato i muscoli per bene, ci avvicinammo a uno dei quattro sacchi. Ovviamente a me toccava iniziare da quello più piccolo e meno pesante, non sapendo minimamente come colpire.
Lui prese i guanti e me li porse, "Attenta a non stringere troppo. Potresti slogarti un polso." disse lui, mentre arrotolava un nastro bianco intorno alla sua mano destra, mentre la sinistra era coperta da un guanto.
Era molto bello.
I lunghi capelli castani cadevano alla perfezione sul suo volto spigolato ed i suoi occhi ghiacciati erano sempre colmi di tristezza.
Il suo volto era colmo di tristezza.
Le labbra piccole, contornate da un accenno di barba, sembravano disegnate da un pittore.
"Non fissarmi" disse, nonostante avesse la testa bassa concentrato a mettersi il nastro tra le dita.
Scossi la testa per rimuovere i pensieri su di lui e continuai a mettermi i guanti, ma una volta allacciato il primo non riuscivo a chiudere il secondo.
"Bucky, puoi aiutarmi?" chiesi con un po' di vergogna. Mi guardò ed io sentii ancora le vibrazione, della prima volta, invadermi la pelle facendomi venire i brividi.
Erano così vuoti i suoi occhi, ma parlavano. Urlavano.
Prese la mia mano con la sua fasciata perfettamente e mi infilò il guanto, con una delicatezza mai vista, e lo allacciò. Cercai il suo sguardo, mentre la sua mano si allontanava dalla mia, e mi trafisse con il suo.
Rimase a ispezionarmi il viso, lo vedevo, e per un attimo sembrò rilassarsi dato che la piccola rughetta fra le sopracciglia sparì.
"Mettiti in posizione, ragazzina" mi ordinò subito dopo, rompendo il contatto visivo.
Buttai la testa all'indietro prendendo un respiro per poi mettermi davanti al sacco bianco sporco, di terra e un po' di sangue, e aspettai i suoi ordini.
Guardai davanti a me lo strumento che avrei dovuto picchiare letteralmente e sentivo l'ansia crescere in me.
"Qualche problema?" domandò scrutandomi "Ho paura" risposi istintivamente, come se dovessi liberarmi di un peso enorme, "Di cosa hai paura, Nora?" chiese camminando silenziosamente intorno a me e al sacco, in modo lento, "Di me stessa" risposi abbassando la testa, trovando le mie converse nere molto più interessanti.
"È normale avere paura di se stessi" mi disse lui, mentre addrizzava il mio gomito e la mia postura. Il tocco del suo guanto in cuoio, coperto fino all'orlo da una felpa grigia, suscitava in me tanta curiosità.
Cosa nascondeva?
"Colpisci con tutta la forza che hai e libera le tue paure" mi sussurrò all'orecchio, sorprendendomi e facendomi trattenere il respiro per pochi secondi.
E così liberai le mie frustrazioni sul sacco e sembrava funzionare.

Magnetic.Where stories live. Discover now