Capitolo I

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Elizabeth Bennet viveva a Netherfield con le sue quattro sorelle e i suoi genitori. Fondamentalmente, non lavorava nessuno e si annoiavano. Passavano le loro giornate a cucire, spettegolare e guardare fuori dalla finestra. Per questo, l'arrivo in paese di un giovine attraente e soprattutto ricco fu subito fonte di inesauribile interesse, soprattutto per la matriarca Bennet, che non vedeva l'ora di riuscire ad accasare una delle cinque figlie e iniziare a togliersele dai maroni, una a una.

Ma, ahimè, per grande sfortuna della signora B., il signor Bingley si trascinava dietro quelle arpie delle sue due sorelle, il marito di una di quest'ultime, uomo dalla vitalità di un mobile, e il suo più caro amico Darcy, che non ci si capacitava di come potesse essere suo amico, vista la grandezza del palo che questo signore si portava dietro, piantato nel proprio deretano.

Un giorno a caso, l'allegra famiglia Bennet e la combriccola del singor Bingley si beccarono a un ballo di non si sa bene chi e subito scattarono scintille tra Jane, la figlia maggiore dei Bennet, e il signor Bingley, il che li portò a un rituale di corteggiamento elisabettiano che incluse il ballare insieme per almeno un paio d'ore sfiorandosi il meno possibile.

A una certa, però, Bingley, che era un galantuomo, si accorse che la sua aspirante cognata Elizabeth era seduta in un angolo come un'appestata a rompersi i cosiddetti perché nessuno si degnava di invitarla a ballare. Il giovane Mr B. decise allora di convincere l'amico Darcy a offrirsi per far fare du' salti a 'sta poraccia.

«Ma chi, io?» gli chiese Darcy, guardandosi in giro come se l'amico ce l'avesse con qualcun altro.

«Eccerto, Darcy, proprio tu. Dai, oh, dico a tutti che sei il mio migliore amico nonostante tu sia una palla al piede, fammelo un favore ogni tanto».

Darcy scosse la testa, contrariato.

«Senti, va bene tutto, ma l'hai vista quella? È lì seduta, tutta gobba, rachitica... No, raga, non mi piace per niente. Guarda, se fossi un po' più sbronzo la potrei anche considerare passabile, ha dei begli occhietti da cerbiatto, ma su tutto il resto non ci siamo».

Per sfiga sia di Darcy, ma soprattutto di Bingley, Elizabeth sentì tutto e, ovviamente, il suo primo istinto fu quello di avvicinarsi a Mr D. e spaccargli in testa il vassoio di tartine al cetriolo.

«Ahò, abbello, ma come te permetti? Popo tu parli, che pari 'na bbusta de piscio. Ma te sei visto? Anvedi, oh, 'sto coglione».

Erano anni che Elizabeth aspettava un'occasione per sfoggiare finalmente il suo alter ego coatto. In previsione di un momento del genere, si era allenata a base di repliche di Romanzo Criminale La Serie e di In the Panchine dei Truce Klan, sparato talmente a palla nel suo Ghettoblaster che poi al signor Bennet toccava litigare con i vicini che si lamentavano, nonostante ci fossero miglia e miglia di campagna inglese tra una tenuta e l'altra.

Poi, però, si ricordò di essere una donna elisabettiana educata alle buone maniere e se ne rimase zitta e buona al suo posto a trangugiarsi la propria bile, associando vari nomi di divinità antiche e moderne e vari specie animali.

Orgoglio e precipizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora