Capitolo VI

68 2 0
                                    


Erano passate due settimane dal ballo e Bingley non si era mai più fatto vedere. Jane non sapeva che pesci pigliare, finché una mattina sua madre, rientrando dalla sua passeggiata di salute quotidiana, tutta trafelata, la informò che Bingley, le due sorelle e Darcy erano partiti in fretta e furia la sera prima senza dire niente a nessuno.

«Me l'ha detto la servitù quando sono passata davanti alla villa. L'hanno lasciata vuota da un giorno all'altro. Bingley ha detto loro che lui e Darcy dovevano sbrigare degli affari imprevisti e Londra, ma chi ci crede! Chissà cosa sarà successo... Cavoli, che disdetta, nemmeno stavolta sono riuscita a sistemare una di voi, mie care ragazze!».

Jane era allibita e, con la scusa di un'emicrania improvvisa, si ritirò in camera sua per il resto della giornata. Verso sera, Elizabeth andò a vedere come stava.

«Come vuoi che stia, dimmerda! 'Sto Bingley delle mie sottane, viene qui, mi fa credere che gli interesso e poi sparisce da un giorno all'altro senza mandare manco un piccione viaggiatore. Io stavo così tranquilla prima che arrivasse, qua, con i miei ricami a punto e croce... E invece no, doveva arrivare 'sto lustrascarpe a scombinarmi tutto».

Elizabeth non aveva mai sentito la sorella esprimersi in quei toni e la cosa le piacque.

«Va be', dai, guarda i lati positivi: almeno si è portato via quell'odioso signor Darcy».

«Ma cosa vuoi che me ne sbatta a me del signor Darcy! Quella era cosa tua... Ti stava tanto sulle palle solo perché ti ha dato della cessa. Che poi, Eli, diciamocelo chiaro: non è che tu faccia molto per smentirlo. Va come vai in giro... Chi è che ti sponsorizza la gonna che hai su, la Caritas? Cos'è, han tolto tutti gli specchi nel raggio di mille miglia e non mi hanno avvisato? O forse si sono rotti, almeno si spiegherebbe tanta sfiga!».

Dopo quella sfuriata, Jane riprese fiato e, quando la sua respirazione tornò regolare, aggiunse: «Va be', almeno se sono condannata a rimanere zitella non sarò l'unica. Ci sarete sempre tu e Charlotte Lucas con me, che a voi due chi minnghie vi si piglia...».

«Jane, veramente... Charlotte...».

«Charlotte, cosa? Cos'è che c'ha questa qua adesso?».

«Guarda, non so come dirtelo...».

«Senti, Eli, smettila di farla tanto lunga o ti riempio di mazzate finché non sputi il rospo. Ti sembro una che in questo momento ha un sacco di pazienza da star qui a sentirti blaterale a vanvera su quella cretina della tua amica senza arrivare al punto? Dai, fai la brava».

E così Elizabeth sputò il rospo: «Charlotte si sposa con il signor Collins».

Jane spalancò talmente tanto gli occhi che per un attimo sua sorella pensò che le sarebbero caduti dalle orbite.

«Ma... In che senso "si sposa"? Come? Quando? Con quel pesante di Collins?».

«A quanto pare, dopo aver ballato insieme al ballo del signor Bingley, hanno iniziato a frequentarsi. Lui il giorno dopo è andato a casa sua e ha conosciuto i suoi. Hanno addirittura passeggiato da soli in un paio di occasioni e si sono sfiorati le mani. Ci puoi credere, Jane, le mani! Non pensavo che Charlotte fosse così disperata da permettere al primo che capita di sfiorarle la mano».

«Io l'ho sempre detto che quella faceva tanto la santarellina e poi... Sai com'è il detto: le figlie di Maria...».

«Be', Jane, la Charlie c'ha già ventisette anni, non direi che è proprio "la prima"».

Jane si voltò il viso verso la sorella con uno scatto da rapace.

«Elizabeth Bennet, non so se ti è chiaro, ma continuando a parlare stai mettendo seriamente in pericolo la tua sopravvivenza, quindi ti consiglio di raccogliere le tue sottane sudice e uscire dai miei appartamenti».

Elizabeth non se lo fece ripetere due volte e lasciò la sorella a piangere lacrime amare sull'invito del matrimonio di Charlotte Lucas e il signor Collins. Quella notte Janne, anche se non lo ammise mai ad alta voce, arrivò addirittura a rimpiangere di non esserselo pigliato lei, quel pesante del prete.

Orgoglio e precipizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora